L'amore ha il tuo nome. Capitolo 68

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Eric.

Nevica. L'alba del nuovo anno inizia con la neve che gela ogni cosa ma il gelo che ho nel cuore sovrasta quello della natura. Ho ceduto, come un perfetto imbecille, privo anche delle facoltà mentali, alla sua provocazione e da essa ne è scaturita l'ira. <<Ehi! Sei qui>> mi dice Matteo entrando nel mio studio privato. <<Vieni qui, fatti dare gli auguri fratello>> mi abbraccia, dandomi anche delle pacche sulla schiena, <<felice compleanno>>. Io non festeggiavo mai il compleanno, questa è un'abitudine degli umani, di mia moglie che da umana pretende di festeggiare ogni ricorrenza: il maledetto Natale, lo stupido Capodanno, i dannati compleanni, l'inutile San Valentino e i fottuti anniversari di matrimonio. Se rammento il mio scorso compleanno mi si gela il sangue e se penso che la storia, potrebbe ripetersi il gelo mi attraversa le ossa. Matteo accortosi della mia freddezza, mi fissa per qualche secondo, poi mi dice <<hai un'aria talmente afflitta che penso avrei dovuto darti le condoglianze invece degli auguri>> <<forse sarebbero opportune>> gli dico voltandomi verso la finestra. <<Addirittura>> esclama con una nota sarcastica, poi mettendosi al fianco e fissando i fiocchi di neve che cadono <<fossi in te le darei quello che cerca così la smettete di farvi del male perché a quanto pare restando in questa condizione non riuscite a fare altro. E poi se accetti un consiglio, la prossima volta che ti impazzisce l'embolo da Vampiro, sfoga su qualcosa di costruttivo come faccio io>> <<e sarebbe?>> gli domando incuriosito dalla sua tesi. <<Esci, vai a caccia di violentatori e assassini, il mondo è pieno di pezzi di merda, invece di comportarti alla loro maniera come hai fatto tu con Felicia>>.

Emily.

Non ho ottenuto quello che volevo, avevo pianificato che scatenando la sua gelosia, che poi si sarebbe tramutata in ira, lui mi avrebbe uccisa, invece ho ottenuto solo una notte di sesso con un Vampiro violento. Non c'è nulla da fare, ne ho avuto prova questa notte, Eric non mi darà mai l'immortalità per proteggere i nostri figli dalla sete di sangue della madre. Lui non capisce che io sono certa di essere capace di non far mai del male a nessuno. Amo troppo i nostri figli per poter solo pensare di dissanguarli e la sua sfiducia mi procura sentimenti talmente contrastanti da arrivare a mettere in discussione le mie stesse certezze. Mentre sono in balia delle mie emozioni sento le sue urla, mi precipito per la scala e corro verso il salone da dove proviene forte e chiara la sua voce <<siete entrambi in punizione, niente giocattoli>>. Spalanco la porta e trovo Fabia seduta sul divano con gli occhioni lucidi di pianto e Matteo rigido al suo fianco, il resto della famiglia volgono lo sguardo su di me e mi fissano in attesa della mia reazione, ma solo gli occhi di due persone, Eric e Felicia traspirano panico, specialmente quelli del mio squilibrato marito. Quei due si aspettano che io per vendetta sveli a Carl il loro segreto. Ho giurato a me stessa di non fare mai più una bassezza simile ma al solo fatto che loro lo pensino gioisco dentro. <<Cosa succede? Perché stai urlando come un indiavolato>> gli chiedo incrociando le braccia sul petto, questa posa lo manda ancora di più in panico. La mia gioia si tramuta nel ballo della samba! Poiché nessuno si decide a darmi spiegazioni, mi avvicino al divano, mi piego sulle ginocchia e chiedo a Matteo, seduto vicino a Fabia <<allora?>> <<Niente! Fabia si è ribellata a suo padre e ha detto una parolaccia>> mi dice sotto voce. <<Me lo spieghi tu cosa hai detto piccolina>> la esorto <<io voglio giocare con le bambole, papà invece buole portarmi in pissina>>. Ah! La sua fissazione che figli pratichino sport da piccoli. Non dico che sia sbagliato, anzi, ma il fatto che la faccia percepire come pretesa urta i nervi anche a me. <<Ed io ho detto, non boglio andare! Boglio giocare casso>> continua Fabia e Matteo aggiunge fingendosi mortificato <<lui sostiene che lei abbia sentito me dire questa parolaccia e l'ha ripetuta, per questo sono pure io in punizione>>. Per poco non scoppio a ridergli in faccia, ma mi trattengo perché Fabia deve capire di aver sbagliato ad usare quel linguaggio con suo padre e che le parolacce in assoluto non si dicono. Eric si aspetta da me che dica qualcosa o che confermi la sua punizione, ma Fabia mi tende le braccia e singhiozzando <<mammina! Papà sgridato tanto>>. La abbraccio confortandola. Ah! La mia dolce bambina ha osato il suo primo atto di ribellione e il padre l'ha spaventata alzando la voce. So che dovrei appoggiarlo e per questo dico <<Fabia le parolacce non si dicono>> e dovrei pretendere anche che lei chiedesse scusa a suo padre ma non ci riesco perché Eric con i suoi modi si merita, come li chiama Fabia, tutti i cassi del mondo. Guardandola in viso le dico <<la punizione te la sei meritata>> ma il suo sguardo deluso e avvilito mi tocca il cuore: per la miseria è solo una bimba di tre anni! Le afferro la manina, la porto fori dal solone, le infilo il cappotto, sciarpa, cappello e guanti e dopo essermi coperta pure io usciamo in giardino anche se nevica. Lontano dallo sguardo infuriato del padre la farà stare meglio. Fabia è una bimba che è stata vittima già di troppe brutture dovute ai Vampiri e per questo voglio che lei viva un'infanzia spensierata, felice, ricca di amore e giochi. Passeggiamo sul prato innevato davanti alla casa e Fabia è subito attratta dal candore e dalla sofficità della neve e improvvisamente lascia la mia mano e inizia a correre sulla neve e poi ci si tuffa sopra lanciando un gridolino di felicità. Si rotola sul manto bianco, poi raccoglie un mucchietto di neve tra le mani e me lo lancia ridendo. Coinvolta dalla sua gioia la rincorro e quando la afferro ci rotoliamo imbiancandoci, poi decidiamo di costruire un pupazzo di neve. Appena finita la nostra creazione dal risultato un po' malconcio, lei mi guarda e sorridendo mi dice <<mamma, ti boglio bene tanto. Così, bedi>> e allarga le braccia come per dare una misura infinita al suo sentimento. Commossa la stringo al mio petto dicendole <<anch'io te ne voglio tantissimo>> e mentre le sbaciucchio il visino facendola ridere sentiamo una voce tombale che dice <<Fabia è in punizione. Per lei niente giochi, per caso l'hai dimenticato?>>. La bambina abbassa lo sguardo ritornando triste ed io sfacciata gli dico, rivolta al mio scorbutico marito <<ti correggo, tu hai detto niente giocattoli ed io qui non ne vedo. Se non l'hai notato questa è neve un elemento naturale e con essa abbiamo creato un'opera d'arte>> lui stringe gli occhi arrabbiandosi per il mio tono tra il provocatorio e l'ironico poi voltandoci le spalle <<portala subito in casa. Ti conviene obbedirmi!>>. La parola obbedienza mi manda su tutte le furie e sono tentata di urlargli esclamazioni peggiori dei cassi, ma la presenza di Fabia mi fa tenere a freno la lingua, ma ho bisogno di sfogarmi in qualche modo. Sono tentata di togliermi una scarpa e mirare dritto alla sua testa, ma sarebbe comunque un cattivo esempio per mia figlia e così mi viene l'idea di farlo passare per un gioco. Raccolgo un abbondante mucchio di neve, velocemente la trasformo in una palla, alzo il braccio, prendo la mira e mentre sto per lanciarlo mi sbilancio e scivolo cadendo all'indietro. Una scarica di corrente mi corre l'ungo la colonna vertebrale e un calore m'invade la testa, mentre fisso gli occhi sbarrati di terrore del mio pazzo.

Eric.

Il dolore è viscerale, mi piega in due, mi spezza il respiro. Alex èaccorso insieme a Carl che mi dice, con tono incredulo <<ha il collospezzato, è morta sul colpo>>. Non c'era bisogno della sua conferma, iolo avverto nel mio corpo nel mio sangue in tutto il mio essere.            

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