Capitolo 1

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Una ragazzina, non più bambina, non ancora donna, una foresta, due uomini pericolosi.

- lasciatemi andare – urlò – Mio nonno è Ivar Longtooth, e non avrà pietà di voi.

Gli uomini ad una smorfia di paura, fecerò seguire un sorriso beffardo.

- Come no – berciò uno di loro, stringendo più forte le corde che legavano la giovane. – Pensa mio zio invece è il possente thor in persona...

I due banditi si lasciarono andare ad una risata sguaiata. Anni prima i loro genitori, nelle notti fredde avevano raccontato loro degli eroi che sfidarono l'ultimo inverno, tra questi Ivar Longtooth, il grande cacciatore. Ma crescendo questi uomini avevano imparato che le fiabe erano solo menzogne che i grandi, dicevano ai bambini per fargli dimenticare la fame o il freddo.

Nello stesso momento nella stessa grande foresta, in un tempio dedicato al più giovane degli Aesir, stava Ivar, non era il grande eroe di cui le leggende avevano parlato: il passare del tempo aveva scavato il suo volto, molti dei suoi denti erano caduti, molti inverni erano passati su di lui e avevano lasciato il segno reumatismi, dolori e acciacchi facevano parte della sua vita, Ged il grande il suo falco era morto da qualche tempo, gli aveva fatto un funerale da vichingo per il viaggio che avevano fatto assieme e per le innumerevoli volte che aveva salvato lui e i suoi amici. Era appena tornato dalla sua giornata nel bosco, e non a mani vuote, due conigli, aglio spontaneo, mandragora officinale, qualche fiore di borragine, sarebbero andati ad arricchire lo stufato che avrebbe messo sul fuoco, quando, il suo udito captò a circa duecento metri da dove stava lui il nitrito di un cavallo, e le bestemmie del relativo cavaliere.

Allungò il suo sguardo, e riconobbe, lo stemma di Kopen Hamn, accompagnato da quella croce cristiana che lo jarl aveva fatto mettere nelle insegne della città, un tempo sarebbe stato contrario si sarebbe opposto, ma alla sua età delle questioni degli uomini, si erano allontanate da lui come del resto lui si era allontanato dagli uomini. Rimaneva a guardia della città, in uno dei pochi templi pagani rimasti, controllava che i cacciatori non si dessero a massacri ingiustificati, quando erano troppo giovani li guidava nella foresta per la prima volta, qualche volta un po' di bambini o quando era fortunato i suoi nipoti venivano a fargli visita e allora gli raccontava le storie degli antichi eroi o gli insegnava qualche trucco per cavarsela nella foresta, le solite cose insomma.

Il cavaliere trotterellava per arrivare davanti a lui, quando entrò all'interno del recinto del tempio, il cavaliere tronfio lasciò le redini e urlò. - In nome di Dio e dello Jarl – alla luce di questa esclamazione Ivar sputò per terra, e guardò negli occhi il cavallo, che pericolosamente si stava incamminando verso l'orto, questi indietreggiò lasciando declamare il cavaliere in un movimento all'indietro che fece sorridere Ivar.

Lo jarl, Hein di Kopen Hamm per grazia di dio nominato da Absalon l'arcivescovo, ordina che voi prendiate parte ad una caccia.

- e quale preda vorrebbe sua maestà per cena? Cinghiale? o forse cervo? - rispose Ivar divertito.

- è la figlia di Hein ad essersi persa nel bosco due giorni fa, o guardiaboschi. È sparita giocando nei pressi del fiume. -

Il volto di ivar si accigliò, contemplando la stupidità del cavaliere disse queste semplici parole - avrò bisogno del tuo cavallo – il cavaliere gli avrebbe risposto che non poteva darglielo, se avesse avuto il tempo. Con un semplice sguardo di Ivar il cavallo s'imbizzarrì e disarcionò il suo cavaliere. Con una agilità sovrannaturale, specialmente per un vecchio della sua età Ivar saltò in sella e si mise al galoppo verso il fiume.

- Franchi, - mormorò, - la classica gente che dice le cose importanti per ultime, e se ne sta sempre a blaterare sul loro dio. Poi pensò che in parte quella situazione era dovuta a lui: "di al tuo arcivescovo che a Kopen Hamn tutti gli dei hanno eguale diritto di essere adorati, gli aesir e i vanir, il vostro dio in croce, il cielo sempiterno degli ungheresi e persino quell'allah adorato dai mori che voi combattete."

Non erano passati neanche trent'anni e le chiese avevano soppiantato i templi, suo figlio si era battezzato e non gli parlava più, i mjolnir al petto erano spesso accompagnati dalla croce, e quegli ori che lui aveva razziato in scozia e inghilterra erano arrivati anche da loro, non erano venduti per derrate alimentari e beni di sopravvivenza, ma stavano chiusi nelle case dei preti. D'altro canto quello che prima era un insediamento di pescatori e cacciatori grazie a lui era diventato una città e sarebbe prosperata, nei secoli a venire.

Arrivo sul fiume e notò un pettirosso che stava cinguettando nei pressi del fiume, fischiettando attirò la sua attenzione.

- sono rari gli umani che parlano la nostra lingua – cinguettò il pettirosso – o stirpe di Sigfrido.

- il sangue di drago si trova ancora tra gli umani, o piccolino – Rispose Ivar – ma molto spesso la prole si dimentica dei doni degli antenati.

- Invero sei molto saggio, o vecchio. Ma dimmi cosa ti porta qui? - lo circuì il pettirosso.

- Cerco una ragazza, i suoi capelli sono crespi come potrebbero essere i miei, ma d'oro e i suoi occhi sono del colore dello smeraldo come i miei, ma a differenza dei miei non hanno visto così tanto dolore -

- Invero sembrerebbe una ragazza molto bella, non come i vecchi che girano in questo luogo di solito - lo canzonò il pettirosso – ebbene l'ho vista e so dov'è in questo momento. Ma dimmi come mai dovrei dirtelo?-

- Quella ragazza – rispose Ivar tossendo – è della mia stessa stirpe e se vivrò ancora abbastanza le insegnerò i miei segreti, serve in queste terre qualcuno che li conosca, e liberi voi uccelli dalle vostre vite monotone. -

- In effetti – disse l'uccello – ci sono pochi grandi avventurieri nell'ultimo periodo. La tua ragazza è in un piccolo spiazzo nascosto a due tre ore a cavallo da qui - disse il pettirosso – i cacciatori in ricognizione evitano quel luogo perché dicono sia maledetto, un tempo ci abitava Kjeld il menagramo. -

Ivar ringrazio l'abitante dell'aria e riprese a galoppare, un nuvolo di ricordi gli passò di mente quando l'uccello fece il nome di Kjeld il menagramo, erano i ricordi della sua giovinezza.

Erano due giorni che aspettavano in quello spiazzo il messaggio lo jarl lo aveva ricevuto il messaggio con la richiesta di riscatto ma Gnob ancora non si era presentato con l'oro, probabilmente pensò Wulfgar, la sua schiena era stata trapassata da parte a parte dalla spada dello jarl. La situazione si stava facendo snervante.

Ad un certo punto Rolf non ce la fece più – a quanto pare lo jarl non rivuole sua figlia – Beh significa che i mercanti di schiavi di trondheim avranno una schiava in più quest'anno e a quanto pare la piccola sarà fatta diventare donna dal sotto scritto.

Wulfgar aveva visto questa scena più di una volta. Ed ogni volta aveva avuto la sua dose di divertimento.

Brighild aveva le mani legate ad un albero ed era imbavagliata, per più di una volta aveva cercato di liberarsi ed aveva fallito. Gli uomini che l'avevano rapita stavano tornando sentiva i loro passi. Una volta giunti da loro le si avvicinarono e la guardarono in modo diverso da come l'avevano guardata finora. - Sei stata sfortunata, piccolina – disse uno di loro – Molto sfortunata. - e le lecco il la guancia. Brighild iniziò a dimenarsi furiosamente ma lui aveva già blocccato le sue gambe schiacciandola con il suo peso e si stava calando le brache. Se brighild non fosse stata troppo impegnata ad urlare avrebbe sentito il rumore di una corda che si tendeva all'improvviso, non lo sentì. Ma vide i suoi effetti. Una freccia si era piantata nell'occhio dell'uomo, aveva svuotato la sua orbita ed aveva attraversato, sia il suo cranio sia la sua cervelliera.

Wulfgar alla vista della morte del suo compagno sguainò l'ascia e urlò: - esci, fuori bastardo!! -

- Sono davanti a te – rispose Ivar – non mi hai visto perché eri troppo impegnato a vedere altre cose.

Wulfgar si accorse che Ivar aveva una freccia puntata proprio su di lui e che la sua vita sarebbe probabilmente finita quel giorno. E si sorprese quando ivar gli parlò così:

- Puoi andartene – disse ivar – ma sappi che se tornerai qui, io lo saprò, se farai ancora del male a qualcuno io verrò a cercarti, e non ci saranno mura dietro cui potrai difenderti, buchi in cui potrai nasconderti, o travestimenti che potrai adottare. Dillo a tutti che la città di Kopen hamn è protetta da me -

Wulfgar sentiva che non erano semplici parole dette all'aria, per spaventare i bambini, le parole del vecchio erano vere, erano pietre che gli stavano cadendo addosso, un brivido gli corse lungo la schiena nel comprendere che forse quello che aveva detto la ragazza sulle sue discendenze avrebbe potuto essere vero. E iniziò a correre e non smise più.  

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⏰ Last updated: Jan 22, 2018 ⏰

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il vecchio IvarWhere stories live. Discover now