•Sotto la pioggia•

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Consiglio: leggere questa One Shot sulle note di "Imagination" di Shawn Mendes, peace and love.

Corro via da quella casa, sento un buco all'altezza del petto e un grande squarcio nei miei polmoni. Con il fiato corto e le guancie bagnate dalla tristezza, dalla delusione, da un amore non corrisposto. In fondo me lo aspettavo, come poteva mai amare colui che per diciotto lunghissimi anni si era limitato ad essere il suo migliore amico? Colui a cui chiedere un consiglio, con cui scambiare due risate, con cui avere un po' di conforto.

I migliori amici non erano fatti per stare insieme.

Dovevo nascondere i miei sentimenti, dovevo essere più discreto, dovevo stare più attento a quello che stava succedendo. Vederlo davanti a me, con gli occhi che bruciavano di rabbia e il labbro che tremolava. Lui che mi buttava via dalla sua stanza, lui che mi diceva di uscire dalla sua vita per sempre.

Che idiota che sono stato.

Mi rifugio in un piccolo vicolo, scoppiando a piangere di nuovo, soffocando ogni singhiozzo con la mano. La gola brucia, il cuore martella sotto le mie costole, i miei occhi sono troppo pieni di lacrime per poter scorgere qualcosa. Scappo via da quel vicolo e arrivo davanti al cancello di casa mia. Apro la porta, infilando le chiavi nella toppa della serratura con un tremolio. Se mia madre fosse in casa, mi avrebbe già fatto molte più domande di quelle a cui poter rispondere in tutta una vita. Salgo le scale, con passi pesanti e deboli, attaccandomi al corrimano per non perdere l'equilibrio. Vedo sfuocato per le lacrime, ma per miracolo arrivo davanti alla mia camera. Entro, calciando via alcuni libri che stavano per terra. Mi stendo sul letto, con la testa sul morbido cuscino, adesso bagnato di lacrime. Caccio un grido di disperazione, cerco di normalizzare il fiato e di calmare le lacrime.

"Perchè? Tu...tu fra tutti...- singhiozzo, mettendomi i palmi delle mani sugli occhi, scaricando la mia tristezza con il pianto- Tu...tu che eri l'unica cosa che mi faceva stare bene..."

Mi siedo sul letto, porto le ginocchia al petto e rannicchio la testa tra di esse. Il colletto della mia maglietta è zuppo di lacrime, le mie mani sono bagnate e sporche di terriccio.

"Andrea...ti prego...amami almeno tu..." singhiozzo di nuovo, disperato e con il cuore a pezzi.

Quando ha pronunciato quelle parole era come se stesse pungendo il mio cuore con mille aghi, ognuno aveva un nome diverso.

Rabbia, delusione, paura, disgusto.

"Sono ancora io, Andrea...sono io...il tuo...il tuo m-migliore amico..." sussurro, dandomi forza ripetendo il suo nome e tutte le promesse che ci eravamo fatti.

"'Tu sarai sempre il mio migliore amico', dicevi. Chissà perchè adesso non ti credo più.- prendo tra le mani una foto di quando eravamo bambini, quando i nostri unici problemi erano solo le piccole gelosie da amici.- 'Giovanni, nessuna ragazza mi separerà da te', eri troppo piccolo per capire quanto sarebbe stato difficile rinunciare ad una ragazza per me."

Diciassette anni prima, casa di Andrea.

Camminavo sul parquet di casa del mio vicino, avevo il mio zainetto dei pokemon sulle spalle e un dolce sorriso sulle labbra. Tengo la mano alla mia mamma, aspettando che mi presenti il bambino che abitava in quella casa. I grandi parlano sopra di me, la mia mammina parlava con una donna quasi della sua età, parlavano di cose che a stento capivo. Ci fa sedere su un sofà, davanti vedo un tavolino su cui sono serviti alcuni dolcetti alla crema e al cioccolato. La mia mamma inizia a parlare con l'altra donna, io allungo la mano verso i dolcetti e sento un piccolo schiaffetto da parte di madre.

"Giovanni, chiedi il permesso a Laura prima di prendere i dolcetti." la guardo con il broncio e sento una risatina sulle labbra della donna di fronte a noi.

Sotto la pioggia-CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora