Capitolo 1

16.9K 366 17
                                    

"Non t'amo se non perché t'amo
e dall'amarti a non amarti giungo
e dall'attenderti quando non t'attendo passa dal freddo al fuoco il mio cuore.
Ti amo solo perché io te amo, senza fine io t'odio, e odiandoti ti prego,
e la misura del mio amor viandante è non vederti e amarti come un cieco."
-Pablo Neruda

Erano passati solo tre giorni dall'ultima volta in cui avevo visto Christian Miller nella sua aula.
Mi ero barricata nella mia stanza e l'unica cosa su cui mi focalizzavo era lo studio. Avevo deciso di rimandare di una settimana l'esame di filosofia visto che non ero pronta ad un confronto così presto; ma per le altre materie non avevo scuse.
Obbligavo la mia mente a concentrarsi sugli argomenti che avrei portato a psicologia di base, a sociologia e al resto delle materie.
Non mi potevo permettere neanche un istante di restare senza un'occupazione perché sarebbe stata la fine, sarei caduta in un assurdo e disperato stato di depressione, si sarebbe ghiacciato tutto attorno a me e dentro di me.
Sapevo di non poter sottrarmi ai miei difetti e alle mie debolezze ma tentavo almeno di non accrescerle con stupidi compromessi.
Rileggevo da più di dieci minuti la stessa frase sul metodo catartico ideato da Breuer e non riuscivo ne ad andare avanti ne a chiudere il libro.
Da un momento all'altro sarebbe dovuta rientrare Katherine dopo il suo primo esame in diritto privato e fremevo dalla voglia di sapere come fosse andato.
Quando sentii la serratura mi precipitai ad aprire la porta ed assalire la mia amica.
-Come è andata?- le chiesi senza darle neanche il tempo di metabolizzare lo spavento che le avevo fatto prendere.
-I-il massimo.- disse a bassa voce.
-Cosa?! E lo dici con quel tono? Devi urlarlo!- alzai di qualche ottava il mio tono per farle capire quanto fossi felice per lei.
Kath dipinse un meraviglioso sorriso sul suo viso e mi abbracciò con forza saltellando.
Non avevo mai creduto che vi fosse una gioia più genuina di quella che si provava per le vittorie di qualcun altro, soprattutto se quel qualcuno era la mia amata Ivanova.
Accorgendoci che stavamo dando spettacolo nel corridoio del dormitorio rientrammo in stanza velocemente.
-Faccio un tè?- mi chiese Kath mentre tornavo alla scrivania su cui erano aperti una serie di volumi vecchi.
-Magari.- risposi facendomi sfuggire uno sbadiglio; probabilmente sarebbe stato più adatta un po' di caffeina ma non volevo correre il rischio di passare un'altra notte insonne.
Nelle mie notti in bianco ritornavo con la mente nel passato, rivedevo tutti i dolori che mi ero procurata negli ultimi due mesi; in quelle notti vivevo nel vissuto, provavo le sensazioni già provate e tutto questo mi divorava interiormente.
-Sophia! Mi stai ascoltando? -  Kath stava agitando una mano davanti al mio viso per attirare la mia attenzione, la quale come sempre si perdeva in pensieri poco piacevoli.
-Si, scusa. Dimmi- mi affrettai a risponderle.
-Non esci neanche per mangiare, perché sta sera non vieni con me all'incontro di Brett?- mi domandò poggiando la mia tazza bianca sull'unico spazio libero del tavolino.
-Ci hai preso gusto ad andare agli incontri.- commentai io per sviare il discorso e non dover così rifiutare direttamente l'invito.
-Continuo a pensare che stia facendo la cosa sbagliata.- chiarì lei.
Sperando che non rinnovasse l'invito per quella sera continuai a studiare con più attenzione e senza farmi più distrarre.
Quando si fece sera tardi io avevo già la pancia piena a causa delle schifezze che avevo ingurgitato durante il pomeriggio di studio.
Kath si era chiusa in bagno per prepararsi prima di uscire ed io ringraziavo tutti i dei pagani per non aver ricevuto ulteriori esortazione ad accompagnarla.
Non appena la mia compagna di stanza uscì dal bagno con una coda di cavallo, una larga felpa grigia e dei jeans neri non potei non constatare quanto lei fosse molto femminile anche con quei vestiti.
Presi tra le mani il pigiama per andarmi a fare un bagno caldo prima di andare a dormire ma Katherine mi si parò davanti impedendomi di proseguire.
-Non lascerò che tu ti deprima per una persona come Christian Miller. - si imputò lei con un tono che non ammetteva obiezioni.
-Immagino di non avere scelta.- sbuffai. Avevo cantato vittoria troppo presto.
-Già.-
-Allora andiamo?-
-Non ti cambi? - mi chiese lei guardandomi dalla testa ai piedi.
Non avevo alcuna intenzione di abbellirmi per andare in un lurido capannone, era più che adatto il mio abbigliamento cioè una semplice tuta blu.
Senza neanche dare una sistemata a quella matassa di capelli che avevo in testa uscii dalla stanza seguita dalla bionda.
L'aria pungente di novembre mi soffiava sul viso mentre percorrevo a passo veloce la strada dal dormitorio al parcheggio.
Dopo uno slalom tra le varie macchine intravidi la Ford bordeaux di Kath ed aumentai il passo.
Mi bloccai prima del previsto. La macchina costosa e lucida che i miei occhi avevano localizzato mi aveva provocato una sensazione di vuoto nello stomaco, o probabilmente il ricordo del proprietario di quell'auto mi faceva questo effetto.
La ferita era ancora fresca, ancora sentivo gli spasmi e le fitte nel vedere qualsiasi cosa potesse riportare la mia testa a vecchi ricordi.
-Pensi di tenere quel muso durante tutta la sera? - mi chiese Kath una volta dentro alla sua autovettura.
-Metti della musica. - borbottai io sperando che un po' di ritmo potesse aiutarmi a rinsavire.
Quando partì l'assolo di chitarra dei Guns n' Roses mi rilassai e mi abbandonai sul sedile senza lasciarmi più tormentare da pensieri sgraditi.
Dopo pochi minuti la macchina si stava già fermando sotto ad un albero a pochi metri di distanza dal capannone, a me ormai noto.
Il tanfo si poteva sentire anche prima di varcare la soglia di quell'abitacolo e la cosa mi infastidiva già.
All'entrata notai ciò che non avevo notato la volta scorsa cioè che vi era un bancone dove si poteva prendere qualcosa da bere prima dell'inizio dello "spettacolo".
L'idea di prendermi una birra mi allettava particolarmente così mi andai a sedere su un vecchio sgabello e ordinai una Budweiser mentre Kath mi osservava a pochi passi di distanza.
Mi sentivo sorvegliata come una bimba all'asilo nido e la cosa mi irritava non poco; provai a far finta di nulla e a godermi la mia bibita.
L'incontro iniziò dopo una decina di minuti, tutti si accalcarono attorno a quella specie di ring che torreggiava al centro delle quattro mura mentre io rimasi sul mio sgabello ad osservare lo show, così da non venire a contatto con tizi sudati e sicuramente ubriachi.
-Sul ring, questa sera..- dalle casse fuori uscì la voce roca del ragazzo che sembrava occuparsi dell'allestimento -Brett Hill!
Urla e fischi invasero l'ambiente circostante ed io intravidi la testa bionda e ingellata del ragazzo della mia amica.
-contro Joe Walcott! - e un'altra ondata di schiamazzi mi stordii.
Il ragazzo in questione era sicuramente più basso di Brett in quando a quella distanza mi era impossibile vederlo, ma non mi dispiacque; non fremevo dalla voglia di assistere allo scontro.
Durante tutti i round la mia testa era china sul bancone, seguivo con l'indice le incanalature nel legno senza alzare lo sguardo se non per vedere ogni tanto a che punto era la lotta.
Quando l'incontro si concluse, tutti si sparpagliarono nel vecchio abitacolo mentre vidi Katherine correre dietro al suo principe azzurro per andare a medicargli le ferite.
Un messaggio sul cellulare da parte della mia amica mi invitava ad iniziare ad andare verso la macchina, lei sarebbe arrivata di lì a poco.
Mi alzai riluttante dal mio posto incamminandomi verso l'uscita quando una mano forte si allacciò attorno al mio braccio tirandomi con forza.
-Sophia.- mi richiamò la voce calda di un uomo dietro alle mie spalle.
Lentamente mi voltai per vedere chi fosse l'uomo che si era permesso di toccarmi con così tanta confidenza.
-Zac.- fui sollevata nel vedere i dolci tratti del viso del gigante biondo.
Come sempre il ragazzo dalle spalle larghe era vestito con abiti casual ed il ciuffo biondo era in perfetto ordine .
-Cosa ci fai tu in un posto come questo?- mi chiese staccandosi dal mio braccio in imbarazzo per il contatto.
-Sono stata trascinata. Combatteva un "amico".- spiegai spingendo le mani nelle tasche della felpa.
-Il biondino o lo gnomo forzuto? -
-Il biondino.- sghignazzai io.
-E' bravo.-
-Probabilmente lo è.-
Da tempo non avevo una semplice conversazione con una persona che non fosse l'iperprotettiva Kath o un certo uomo molto complesso a livello psichico.
Con Zac Bennett alla mia destra uscii dal capanno e finalmente respirai aria fresca e pulita.
-Gli esami come procedono? - mi chiese mentre mi poggiavo alla portiera della macchina di Kath.
-Dopodomani dovrò fare il primo esame e la cosa mi sta rendendo leggermente ansiosa.-
-Su cosa è l'esame, se posso chiedere?-
-Psicologia di base, i fondamentali..-
-Se hai dubbi chiedi pure. Io l'ho già fatto quell'esame l'anno scorso.- affermò lui lasciandomi a bocca aperta.
Sapevo che Zac era sicuramente più grande di me, ma non sapevo che facoltà frequentasse e che corsi stesse seguendo; ero stata tanto impegnata a concentrarmi su una sola persona da impedire a me stessa di conoscere meglio altra gente, dovevo ammettere che era solo colpa mia se le mie relazioni interpersonali nell'ultimo periodo erano state molto scarne.
-Scusa, ma che facoltà segui tu? - chiesi imbarazzata.
-Scienze dell'educazione, Pedagogia. - affermò portandosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans e dondolandosi sui talloni.
-Vuoi fare l'insegnante? - non riuscivo a capire perchè la cosa mi sorprendesse.
-L'unico modo che ho per aiutare i bambini è questo.- scrollò le spalle come se fosse una cosa scontata.
Un ragazzo come Zac Bennett che nella sua vita non ha avuto mai l'idea di famiglia desiderava ora poter aiutare i bambini, una specie di riscatto per quella sua dolorosa infanzia nell'orfanotrofio.
Sentivo un misto di meraviglia e ammirazione per questa scoperta, rimpiansi di non aver avuto abbastanza tempo per relazionarmi con un ragazzo così in gamba.
-Forse domani potremmo vederci in biblioteca dopo pranzo. Così puoi testare un po' la mia preparazione. - colsi la palla al balzo, con quell'uscita avrei potuto essere più preparata per l'esame e avrei trascorso più tempo con una persona così genuina e buona.
Katherine comparve al mio fianco con le chiavi della macchina in mano e salutò Zac con un bacio sulla guancia.
-Allora noi andiamo. Vuoi un passaggio? - chiesi io aprendo la portiera.
-Grazie ma torno con la mia Suzuki Inazuma.- mi indicò la fiammeggiante moto rossa che era collocata qualche macchina più in là della nostra.
Salutai il ragazzo e mi accomodai sul sedile di pelle richiudendo la portiera. Infondo la serata non era stata tanto pessima come me l'ero immaginata, anzi, avrei potuto ammettere che aveva preso una bella piega grazie a Bennett.
Riflettei su quanto era stato sorprendente vedere che dietro ad un giovane ragazzo con il fisico da giocatore di football si celasse un uomo tanto saggio quanto buono, nonostante un passato così triste.
Era strano come le persone migliori restassero nell'ombra a compiere gesti pieni di bontà mentre le persone cattive si trovavano sempre sotto i riflettori dando sfoggio di un animo vuoto.
-Zac è molto carino e gentile. - la voce di Kath mi fece distogliere l'attenzione dai miei pensieri filosofici sulla bontà umana.
-Già.- concordai annuendo. Non potevo negare che era una persona che aveva meritato tutto l'aiuto che gli era stato dato per arrivare fino alla U.M.
-Sono questi i ragazzi a cui bisognerebbe legarsi...- Katherine mi guardò con la coda dell'occhio mentre pronunciava quelle parole facendo trasparire cosa la sua mente stava architettando.
-Sicuramente troverà una brava ragazza come lui.- precisai con tono serio.
-Già. Tu invece sei la strega cattiva di Biancaneve. - commentò con un tono sarcastico la ragazza al volante facendomi scoppiare a ridere.
Nonostante mi ritenessi una persona di sani principi e di un certo spessore non ero all'altezza di persone tanto pure e buone quanto Zac Bennett; oltretutto sembrava che io soffrissi della sindrome della crocerossina e che, dunque, mi sentissi attratta da persone psicologicamente problematiche.
La sindrome di Wandy o, meglio conosciuta come quella della crocerossina, mi aveva già colpito durante il periodo in cui ero in psicoanalisi dal dottor Richards, ogni volta che percepivo che Jack si sentiva poco bene a causa delle liti con la compagna, sentivo il bisogno di concedergli una spalla su cui piangere come se si invertissero i ruoli di psicoterapeuta-paziente.Ed ora la mia attenzione si era spostata su un uomo altrettanto problematico.

The professor 2 - Rising from the ashesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora