«Papà!» un grido straziante squarcia il silenzio della notte. Lo sento provenire dalla stanza accanto alla mia, un urlo così disperato che mi fa sobbalzare.
Mi alzo di scatto, il cuore che batte forte nel petto, e corro verso la mia bambina.
Accendo la luce con mani tremanti, quasi sperando di non trovare nulla che giustifichi quella paura. Ma appena vedo Stacy, il respiro mi si ferma. Lei è rannicchiata sotto la coperta, i lembi della stoffa stretti attorno al volto come se volesse nascondersi dal mondo. Tremano le sue spalle, singhiozzi soffocati che le scuotono il corpo.
«Che succede, piccola?» mi siedo velocemente accanto a lei, il cuore ancora in gola, e con delicatezza scopro il suo viso. Le lacrime la rigano le guance rosse come se avesse pianto per ore. La guardo negli occhi, pieni di terrore, e sento un nodo stretto nello stomaco.
«Un mostro, papà... un mostro... voleva mangiarmi...» in un attimo, la sua paura si riversa su di me. Mi si getta addosso, le sue piccole braccia mi avvolgono con una forza che non mi aspettavo, ma che mi fa sentire tutta la sua angoscia. Il suo respiro è caldo e affannoso contro il mio petto.
«Tranquilla... - le accarezzo la schiena, sussurrandole, come se le parole potessero allontanare l'incubo - finché ci sarò io, nessun mostro potrà farti del male» le do qualche bacio sulla testa, le sue ciocche bagnate di lacrime che mi scivolano tra le dita.
«Me lo prometti, papà?» mi guarda negli occhi, ora più serena, ma ancora incerta.
In quel momento vedo qualcosa cambiare nei suoi occhi: il terrore lascia spazio alla speranza, fragile ma presente.
«Te lo prometto. È una promessa amore mio» la stringo forte contro di me, sentendo il suo corpo che si rilassa lentamente. È così piccola, così fragile in questi momenti, e io mi sento così impotente davanti alla sua paura.
Era da un po' che non capitava. Gli incubi sembravano essere diventati un ricordo lontano. Mi viene in mente quel periodo in cui l'ho fatta dormire nel mio letto per rassicurarla, per farla sentire al sicuro. E poi, con il tempo, è stata lei stessa a chiedermi di tornare a dormire da sola. Come mai oggi questo incubo l'ha colpita? E se fosse colpa mia? In questi giorni l'ho trascurata, e ora mi sento in colpa. Forse sto sbagliando, forse avrei dovuto fare di più.
«Papà, andiamo di là... mi è venuta fame...» la sua voce spezza i miei pensieri. Alzo lo sguardo e vedo un piccolo sorriso comparire sul suo volto. È come una carezza al mio cuore, e mi sento subito sollevato.
«Certo, piccola...» annuisco e la seguo in cucina.
L'incubo di mia figlia ci ha fatto alzare molto presto. Non ci resta che fare tutto con molta, moltissima calma.
Io ho lezione alle dieci, e una volta lasciata Stacy a scuola, potrei approfittare per andare alla caffetteria dell'università e riprendere un po' di studio. Con l'esame che si avvicina, non posso permettermi di rimandare.
Stacy si è già vestita, pronta per la giornata sportiva che le maestre hanno organizzato. Me ne avevano parlato, ma ieri, preso dalle mie cose, non ci avevo pensato. Lei sembra così entusiasta, e in fondo sono felice per lei.
Io, però, non sono mai stato bravo nello sport. Non è mai stato il mio campo, non sono mai stato portato per attività fisiche che richiedono coordinazione. Mi viene in mente quando ballavo con Debby. Un disastro totale. Sembravo un tronco, goffo e impacciato. Non mi sono mai piaciuto in quelle situazioni, ma non posso negare che mi divertivo con Debby, anche se la sua risata scherzosa su di me mi faceva sentire un po' ridicolo.
Ripenso a quel pomeriggio passato con lei. A quella spensieratezza che ora sembra lontanissima. Per la prima volta, non mi sento in colpa per Ambra. Non sento quella morsa al cuore che mi perseguita quando il suo nome mi sfiora la mente. Il suo ricordo non ha più il potere di tormentarmi.
Finalmente siamo pronti. Stacy mi corre davanti con passo allegro, e insieme usciamo di casa. La strada verso la scuola è breve, ma non manca mai di darmi quella sensazione di tranquillità che solo vedere la mia bambina felice mi regala. Durante il viaggio, mi racconta della sua giornata di ieri con Jacopo, della loro avventura insieme, e di quanto le piacerebbe ripeterla.
È bello vederla così, serena, mentre un tempo ero sempre così ansioso di lasciarla da sola, persino con mia madre. Ma ora qualcosa è cambiato in me. La presenza di Debby, pur tra le sue complicazioni, sembra aver allentato la mia rigidità. Mi sento un po' più libero, e questo mi rende felice.
Arriviamo a scuola. È ancora presto, ma le maestre accolgono Stacy senza problemi. La saluto con un bacio sulla fronte, e lei mi sorride.
«Ci vediamo dopo, papà!» guardo il suo volto sorridente mentre mi allontano, e mi sento un po' più leggero. Torno alla macchina e mi dirigo verso l'università. Oggi è una giornata incerta, né troppo nuvolosa né completamente soleggiata, ma la temperatura è perfetta. Una di quelle giornate in cui il mondo sembra rallentare.
Parcheggio l'auto e, con la tracolla sulla spalla, vado verso il bar. La calma che trovo lì, con pochissima gente, mi permette di concentrarmi finalmente su quello che devo fare. Preparo la mia mente per lo studio. L'esame è dietro l'angolo, e non posso permettermi di distrarmi.
Mi siedo, apro i libri e, per un po', mi perdo in quello che resta della giornata.
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Fatherhood
FanfictionNon è facile raccontare la storia di un ragazzo padre, non è facile esserlo... Zayn cercherà di conciliare il suo ruolo di padre con il suo essere un giovane ragazzo. Ma chi gli sta intorno saprà vederlo in entrambi i ruoli? Riuscirà a vedere oltre...