Osservo il telefono sul letto, quasi come se potessi piegarlo alla mia volontà. Sono lì, bloccato in una spirale di attesa e domande. È passato troppo tempo dall'ultima volta che ho visto o sentito Debby. Cosa diavolo è successo? Mi tormento ripercorrendo ogni istante di ieri sera. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ho detto qualcosa di fuori posto?
Con le dita scorro nella chat, fino a ritrovarmi a fissare quella piccola immagine del profilo: il suo sorriso luminoso, il viso che sprizza energia. Il suo ultimo accesso non c'è. Non so se sia sveglia, se stia facendo colazione o se sia immersa nel sonno. Voglio solo sentirla. Voglio spiegazioni.
Poi succede. Il pallino accanto al suo nome si illumina. È online.
Non ci penso due volte. Scrivo:Buongiorno piccola D.
Tutto bene?
- Z xxPremo invio, il cuore che batte forte. Ma è questione di un istante: è offline prima ancora che possa leggere. Rimango lì, come un idiota. Il telefono scivola dalle mie mani sul letto disfatto. Mi alzo di scatto e inizio a camminare per la stanza, con gli occhi che sfiorano il cielo grigio oltre la finestra.
Non puoi trattarmi così, Debby. Dico a bassa voce, quasi fosse lì, in ascolto. Sento la rabbia salire, ribollire. Non siamo bambini, non voglio questi giochetti. Prima mi tormentavo, ora sento solo un'ondata di irritazione invadermi. Mi stringo le mani ai lati della testa, cercando di razionalizzare, ma il trillo del telefono mi interrompe. Speranza. Ansia. Un istante eterno.
Afferro il telefono, ma il messaggio non è suo.Sto passando da te, aiutami a studiare per favore!
- HNon è Debby, è Harry.
Il mio amico di sempre, puntuale come un orologio per ricordarmi le cose che contano. Respiro a fondo e gli rispondo che lo aspetto. Nell'attesa decido di chiamare mia mamma.
Aspetto uno, due squilli e poi la risposta arriva.
«Buongiorno mamma, come va? Stacy tutto bene?» chiedo e la mia voce è ancora impastata col sonno.
«Buongiorno amore, tutto bene, ho appena lasciato la piccola a scuola, più tardi poi vieni da noi? Stavo pensando di fare un salto al centro commerciale» mi sfrego la nuca, già immaginandomi le code nei negozi.
«Va bene ma mi porto anche Harry più tardi, adesso sta venendo qui a studiare e poi magari passiamo tutto il pomeriggio insieme»non mi va di girare per negozi facendo da cagnolino.
Adoro comprare vestiti ma solo quando ne ho voglia.
«Non è un problema lo sai» la sento ridere.
Chiudo la chiamata e getto un'altra occhiata al telefono. Nessuna notifica. Debby è ancora un fantasma.
Cerco di scuotermi, decido di entrare in doccia. L'acqua calda mi scivola addosso, sciogliendo un po' della tensione. Ripenso alla serata di ieri. Tutto sembrava perfetto: la rosa, la cena, il ballo. Abbiamo cantato insieme in macchina, passeggiato sulla spiaggia. Dove ho sbagliato?
Mi vesto in modo semplice ma curato: jeans neri, maglietta grigia e una camicia a quadri. Harry arriva poco dopo. Gli apro la porta e lo trascino subito al tavolo.
«Niente distrazioni. Si studia e basta. Hai capito?» lo minaccio puntandogli il dito e strizzando gli occhi. Sono serio ma non voglio essere proprio cattivo.
«Ok, ok, capo.» ribatte, alzando le mani in segno di resa.
Passano ore e non so neanche come abbiamo fatto, ma sono riuscito a ripetere tutto il programma e farlo fare anche al mio amico ignorante. È la prima volta che mi sento tranquillo per un esame e credo anche Harry lo sia, non l'ho mai visto così soddisfatto dopo una sessione di studio.
«Ho dato il massimo ora mi permetti di lamentarmi?» mi dice lui mentre richiudendo i suoi appunti.
«Te lo concedo» me la rido io mettendo dentro al lavandino le nostre tazze di te ormai finite.
«In realtà vorrei uscire da casa, passeggiamo» è già con la giacca addosso, impaziente. Non insisto, afferro chiavi e telefono, e lo seguo fuori.
Camminiamo senza una meta precisa, in silenzio. L'aria fresca mi calma, il sole riscalda il viso.
Nel silenzio penso alla nostra amicizia, C'è qualcosa di unico nel legame che ho con Harry.
Non lo chiamerei solo amicizia; è qualcosa di più radicato, più profondo. Non c'è niente di lui che non conosca, e viceversa. Siamo più che amici. Siamo fratelli, scelti e non imposti.
Harry è sempre stato quello più impulsivo, quello che non ha mai avuto paura di buttarsi. Io, al contrario, ero quello che pianificava, che studiava ogni dettaglio. La nostra differenza non ci ha mai separati, anzi, ci ha resi complementari. Quando lui si buttava in qualche idea folle, io ero quello che lo seguiva per limitare i danni anche se ai fini pratici combinavamo sempre qualcosa.
Quando io restavo bloccato nei miei pensieri, lui era quello che mi spingeva a uscire dalla mia comfort zone.
Ho sempre pensato di non poter affrontare nulla nella vita senza di lui.
Ora che abbiamo vent'anni, le cose non sono cambiate. Quando abbiamo bisogno di parlare, ci troviamo sempre al solito posto: una panchina arrugginita e il vento che ci accompagna.
È lì che ci raccontiamo tutto. I dubbi, le paure, i sogni che a volte ci sembrano troppo grandi per essere realizzati.
Harry è stato il primo a sapere del mio primo bacio con Ambra, e io ero lì quando lui ha avuto il suo cuore spezzato per la prima volta. Mi ricordo quella notte come se fosse ieri. Era inverno, e nevicava leggermente. Lui era venuto a bussare alla mia finestra, come faceva sempre. "Non ce la faccio, devo parlarne con qualcuno," mi aveva detto, gli occhi rossi e il viso segnato dalle lacrime. Abbiamo passato ore a parlare, seduti sul pavimento della mia stanza, con una coperta sulle spalle e due tazze di cioccolata calda ormai fredde. Quella sera mi ha detto: "Se non ci fossi tu, sarei perso, lo sai?" E io ho capito quanto contassi per lui, quanto contiamo l'uno per l'altro.
Lui, invece, è il mio rifugio quando le cose si fanno difficili. È il primo a sapere quando qualcosa mi tormenta. "Sputalo fuori, lo sai che non riesco a leggere la tua mente," dice sempre, con una pazienza che non ha mai per nessun altro. Con Harry posso essere vulnerabile, senza paura di essere giudicato. Una volta mi ha detto: "Fratello, la vita è già abbastanza dura. Noi dobbiamo essere il porto sicuro l'uno per l'altro." Quelle parole sono rimaste con me.
Quando siamo insieme, tutto sembra più semplice. È il primo che chiamerei se vincessi alla lotteria, ma anche quello che cercherei se fossi nei guai. È il mio confidente, il mio complice, il mio partner in crime. La gente dice che la famiglia è quella con cui nasci, ma per me la famiglia è anche quella che scegli. E io ho scelto Harry. E so che, in fondo, anche lui ha scelto me.
Harry si è fermato davanti alla panchina per sedersi sullo schienale di essa, prende il suo pacchetto di sigarette ne tira fuori una e poi me lo porge.
«Lo sai che ho smesso di fumare anni fa» gli rispondo stizzito mentre mi siedo accanto a lui con il sole che ci riscalda il viso.
«Si lo so, ma fammi compagnia» lui insiste, e io cedo. Faccio un tiro e sento il sapore familiare del tabacco. Mi era mancato, anche se non lo voglio ammettere.
«Allora? - mi guarda, serio - Com'è andata con Debby?» fa un tiro, non ha il suo solito sguardo malizioso. Mi aspettavo volesse sapere qualcosa di sconcio e invece sembra impassibile.
«Non lo so. È stata una bella serata, almeno credo. Ho fatto tutto come andava fatto, no? La rosa, la cena romantica. E adesso... silenzio totale» guardo il cielo, mentre continuo a fumare.
«Le ragazze sono strane, amico. Non capisco mai cosa vogliono. Se sei romantico, si lamentano. Se non lo sei, si lamentano. Come fai, sbagli» ride amaramente gettando lontano la sigaretta appena finita.
«Ma lei non si è nemmeno lamentata. È questo il problema. Non dice nulla – sospiro e rimaniamo in silenzio – Tu invece? Pensavo fosse tutta idillio e amore la tua nuova storia» gli chiedo e adesso sono io ad avere uno sguardo malizioso nei suoi confronti.
«Non è idillio, attualmente è una frequentazione. Ci piace stare insieme, condividere. Che tu ci creda o no non ci siamo neanche baciati ancora. – mi sorride quasi imbarazzato – sembra strano pure per me lo so» abbassa lo sguardo cercando addirittura di coprirsi con i suoi riccioli.
«Zayn, giuro con lei è diverso. Sono diverso» adesso mi sta guardando dritto negli occhi, sembra voglia la mia approvazione. Ma non sono nessuno per mettermi in mezzo alle sue relazioni.
«Se lo dici tu!» me la rido per dargli poi delle pacche sulla schiena.
Il suono di una campanella ci interrompe. Ci giriamo verso l'uscita della scuola, dove una folla di ragazzi esce rumorosamente. Tra loro vedo mia sorella. Arriva verso di noi con un gruppo di amiche, ridacchiando. «Che ci fate qui, insieme?»chiede mia sorella quando si trovano esattamente davanti a noi
«Amiamo osservarti mentre ti atteggi con le tue amiche» rispondo con tono sarcastico. Lei mi fa il dito medio, ma ride.
«Mi disturba la tua presenza» mi risponde ridendo e facendo ridere le sue amiche che però a differenza sua ci guarda con gli occhi a cuoricino-
«Invece di fare la grossa davanti le tue amiche – le indico mettendole in imbarazzo – andiamo a prendere Stacy e andiamo a casa» le pizzico il naso facendola sembrare più piccola della sua età e mettendo in chiaro che io sono il fratello maggiore.
«Devo passare da un posto prima di tornare a casa» il suo sguardo corre veloce da me al mio amico qui accanto e poi ritorna su di me.
«Harry assicurati che torni casa presto, abbiamo cose da fare nel pomeriggio e non ho intenzione di aspettarla» parlo con il mio amico ma in realtà sto parlando con lei.
Saluto rapidamente tutti per allontanarmi in direzione casa mia, voglio prendere la macchina.
Mentre mi allontano, sento la voce di una ragazza dire:
«Ma Stacy è la sua ragazza? No, perché ci proverei volentieri con tuo fratello» è inquietante come ragazzine di sedici anni siano così prese dai ragazzi più grandi. Ormoni a mille li chiamano.
Non sento nessuna risposta, ormai sono troppo lontano.
Recupero la mia macchina e mi incammino arrivando in poco tempo arrivo dalla mia piccolina che mi aspetta. La vedo sorridente con delle trecce che le circondano il viso. È adorabile, mi scioglie il cuore stare al suo fianco.
Il centro commerciale è pieno di luci e suoni, un mix di voci e passi che si sovrappongono, creando un'atmosfera caotica ma stranamente familiare. Cammino accanto a mia madre, che tiene per mano Stacy, la mia piccola, mentre mia sorella Waliy e Harry ci seguono con un passo più rilassato. La missione di oggi è chiara: trovare i vestiti per il matrimonio di quel cugino lontano che vedo una volta ogni dieci anni, e che francamente potrebbe sposarsi anche sulla luna per quanto mi riguarda.
«Zayn, stai già sbuffando» mi rimprovera mia madre, lanciandomi uno sguardo severo.
«Mamma, ti ho già detto che non voglio andarci» rispondo con tono calmo ma deciso.
Lei sospira profondamente, scuotendo la testa mentre guida Stacy verso una vetrina di abiti per bambini. La bambina tira la sua mano, indicando un vestito rosa con un tulle che sembra rubato direttamente dal guardaroba di una principessa Disney.
«Quello, nonna! Voglio quello!»
Le lascio il momento con mia figlia e mi avvicino a Waliy e Harry. Entrambi stanno osservando distrattamente le vetrine, ma noto subito come Harry non stacchi gli occhi da mia sorella.
«Harry, vuoi una foto?» gli chiedo, lanciandogli un'occhiata maliziosa.
«Cosa? No, guarda, stavo... controllando i prezzi. Caro tutto qui, eh?» balbetta, ma il rossore che gli colora le guance mi dice tutt'altro.
Mia madre si gira verso di noi, indicando un negozio di abiti eleganti.
«Andiamo a vedere per Waliy. Harry, vieni anche tu, così mi dici cosa ne pensi.» La mamma sa sempre come portare Harry dalla sua parte.
Il negozio profuma di tessuti nuovi, e i colori dei vestiti appesi si mescolano in un arcobaleno di eleganza. Mia sorella, con la sua tipica sicurezza, inizia a sfogliare gli abiti, mentre io mi appoggio al muro con le braccia incrociate.
«Zayn, davvero non vuoi venire al matrimonio?» chiede mia madre, la voce pacata ma con quella punta di disappunto che mi fa sentire un bambino rimproverato. Sospiro.
«Non è per me, mamma. Sai come sono quei parenti. Sempre pronti a giudicare, sempre pronti a fare domande inutili. Non voglio mettermi in quella situazione. Stacy ci andrà, e questo basta.» vedo la sua espressione cambiare, la tristezza che si insinua nei suoi occhi. Mi sento un po' in colpa, ma sono deciso.
«Non è per mancanza di rispetto, lo sai. È solo che... non mi sentirei a mio agio. Per favore, capiscimi.» dopo un lungo silenzio, annuisce.
«Va bene, Zayn. Ma promettimi che almeno penserai di esserci per le feste venirci magari in compagnia» sorride lei ma non mi da il tempo di rispondere.
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Fatherhood
Fiksi PenggemarNon è facile raccontare la storia di un ragazzo padre, non è facile esserlo... Zayn cercherà di conciliare il suo ruolo di padre con il suo essere un giovane ragazzo. Ma chi gli sta intorno saprà vederlo in entrambi i ruoli? Riuscirà a vedere oltre...