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Iniziò tutto nel dicembre del 1938, era un venerdì sera, ero appena uscita dalla banca dove lavorava da diversi anni. La mia famiglia era una delle più benestanti nel quartiere, non mi mancava esattamente niente per raggiungere la felicità. Anche se spesso mi trovavo a pensare se morirò senza qualcuno al mio fianco oppure un giorno incontrerò la persona della mia vita.Accesi la mia sigaretta e continuai a camminare sul marciapiede, mentre pensavo a cosa mangiare per cena. Appena svoltai l'angolo sentì dei passi svelti, era una ragazza di rincasava dopo una lunga giornata. Appena varcai la soglia di casa, il viso di quella ragazza si fece notizi nella mia mente; i suoi occhi grandi e il suo viso pallido... Cosa mi stava succedendo? Non mi ero mai innamorato, tantomeno non avevo mai avuto una relazione seria. Quella ragazza aveva scatenato qualcosa in me che non riusciva ancora capire. Il giorno seguente mi stavo riparando per andare ad una festa mondo appena arrivai decisi di fare un giro per vedere chi c'era. Trovai i miei colleghi di lavoro, andai alla ricerca di qualcuno con cui stare la sera. In mezzo alla folla trovai lei. Stava da sola, nessuno era con lei. Volevo parlarle, ma non sapevo come fare poi mi avvicinai e le parole uscirono fuori come niente. Parlammo tutta la sera di letteratura e filosofia, poi la riaccompagnai io a casa. Non la vidi più per una settimana. Volevo parlarle di nuovo, quindi mi recai sotto casa sua. La vidi dalla finestra, lei vide me. Sembrava come se non mi conoscesse, non mi salutò e proseguì fare quello che stava facendo. Bussai alla finestra. Mi fece di cenno di andarmene. Ma non me ne andai e rimasi lì. Qualche minuto dopo scese e mi fece segno di allontanarmi da casa sua. La seguii e mi raccontò della storia passata con il suo vecchio compagno. Lui la picchiava e la costringeva a stare in casa. Si mise a piangere. Era stanca. Lo leggevo nei suoi occhi e nel suo sguardo. La presi per mano e la portai con me. Passai tutto il pomeriggio con lei cercando di non farla pensare in quel momento non sapevo cosa fare, . Passai tutto il pomeriggio con lei cercando di non farla pensare al periodo passato. La sera la accompagnai sotto casa, come di mio solito. Non me ne andai subito ma rimasi lì qualche minuto. Ad un certo punto sentii delle urla provenienti dal suo appartamento. Non conoscevo quella voce, però quelle parole mi ferirono "è ebreo!?" Era la voce di un uomo, non avevo capito subito cosa stava succedendo. La voce continuò "È ebreo! Non puoi stare con lui!" . Ero turbato da quella situazione, non sapevo che c'era così tanto odio nei confronti di un ebreo. Mi allontanai da quel quartiere e tornai a casa mia pensieroso. Il giorno seguente Ellèn mi racconto di suo padre, un militare nazista convinto, mi parlò delle leggi razziali e dell'odio che provavano verso gli ebrei. Ero perplesso e non riuscivo a capire il perché, ero anche stanco, ma non ci volevo pensare. Tutto d'un tratto poi le sue labbra si trovarono a contatto con le mie. In quel momento la mia tristezza scomparve e lasciò spazio alla felicità. Stavo pensando a quello che sarebbe potuto succedere in futuro, ma neanche mi interessava, in quel momento volevo solo essere felice. Qualche giorno dopo le feci la mia proposta, ci mettemmo insieme e le promisi di trattarla bene ogni singolo giorno come una donna deve essere trattata. La presentai i miei amici, anche loro erano perplessi. Mi ricordarono ogni singolo giorno che lei era tedesca e suo padre era un militare nazista, mentre io ero un ebreo. Un giorno cominciai a pensare che forse la cosa era pericolosa sia per me che per lei, poi pensai a quando in quel momento ero felice e quindi non mi interessava. Passarono i mesi tutto procedeva per il meglio. Ellèn si trasferì a casa mia. Eravamo molto felici. Soprattutto io, non ero mai stato così felice.Poi arrivo il mio periodo nero, le cose non si misero bene. Persi lavoro e anche la casa. Ci trasferimmo da lei, non era una grande casa però a noi andava bene comunque. Qualche giorno dopo prelevarono anche i miei soldi e i miei beni. Non potevo neanche replicare.. Ellèn non aveva lavoro e suo padre di certo non avrebbe accettato di aiutarci. Andava tutto male, ma Ellèn era lì con me quindi una piccola scintilla di speranza era ancora viva. Era un caldo luglio del 1942, quando la polizia varco la soglia nella casa in cui stavo, e mi trascinò via. Lei era uscita per delle compere infatti mi hanno colto di sorpresa. Non le ho lasciato neanche un biglietto, non mi hanno dato il tempo. In quel momento era tutto confuso, mentre mi tracinavano via pensavo ad Ellèn. Non riuscivo a togliermela dalla testa. Mi mancava. Avevo bisogno di lei. Ora ero solo. Svenni. Quando mi risvegliai ero dentro un binario ferroviario. C'erano dei bambini e delle donne. Gli anziani stavano pregando. Trovai i miei amici, erano preoccupati e nessuno sapeva cosa fare. Sì ci fecero scendere da quel vagone e ci trovammo davanti ad un grosso gambo con il filo spinato dei soldati stavano avanzando verso di noi. Cominciarono a dividere le persone lì presenti. Le donne da una parte, i bambini da un'altra e gli uomini da un'altra ancora. Gli anziani vennero presi subito e portati via. Non li vedemmo mai più. Arrivarono da tutti, non ebbero pietà di nessuno. Nella folla cercai miei familiari, ma non li trovai. Ero solo di nuovo. Arrivarono da noi, ci fecero entrare in un capanno, e ci fecero da spogliare, lasciammo lì tutti i nostri indumenti e ci vestimmo solo di camici con le righe, non avevamo ancora capito cosa ci stava accadendo, quando qualcuno si ribellava e veniva portato via subito. La cosa mi terrorizzava, dovevo stare calmo non dovevo dire niente e forse sarei stato libero. Se rimanevo calmo poi devo anche tornare da Ellen prima del previsto... Mi ripetevo sempre che dovevo rimanere calmo. Passò un giorno, poi ne passarono due, poi tre, poi quattro... Persi il conto dei giorni che passavo in quella dannata gabbia, lavoravo tutto il giorno e non ricevo niente in cambio, il cibo era poco e ce la dividevamo in modo da farlo bastare per tutti. Stava arrivando l'inverno e quei camici non avrebbero coperto più di tanto. Arrivavano spesso nuove persone, come minimo 10 nuove al giorno. Ma altrettante ne scomparivano, non si sapeva dove andavano, forse lo liberavano o peggio... lo uccidevano . Ellèn era solo un ricordo ormai tutto quello che ho è questo vecchio diario. Spero che un giorno qualcuno lo trovi in riveli al mondo cosa ero costretto a passare. Sono stanco.

Amor Vincit OmniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora