L'incubo

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«Dove sei?» sussurrò Lily, camminando a passi lenti in quel viale che aveva percorso fin troppe volte.
La strada le sembrava diversa, e aveva uno strano pietrisco rosso, intenso come il sangue.
Tutto intorno colavano lacrime d'argento, strisciando sui muri e lasciando una scia luminosa che brillava al suo passaggio.
Guardava a destra e a sinistra per capire che strano posto fosse quello, perché di certo era la prima volta che lo vedeva.
Guardò a terra e si accorse di star pestando fango. Improvvisamente quelle strane pietruzze si erano dissolte nel nulla, lasciando spazio ad una fastidiosa fanghiglia.
«Dove sei?» ripeté con voce un po' tremante, quasi balbettando. Non era più in sé.
Quelle pietre rosse che avevano aperto il sogno, ora stavano cadendo magicamente dal cielo, o da quello strano soffitto che si materializzò d'un tratto. Fece scudo con le mani per proteggersi, e si mise a correre.
Una pietra le cadde sul polso e la ferì leggermente. Si lasciò sfuggire un lamento ma non aveva tempo per fermarsi e leccarsi le ferite.
«Non riesco a trovarti.» Stavolta la sua voce era un po' più alta, decisa a farsi sentire da quel ragazzo misterioso che da diversi anni stava accompagnando ormai la sua vita.
I suoi occhi erano rossi, i nervi stavano quasi per saltare e le pupille si dilatavano e si restringevano a vista d'occhio.
Le mani cominciarono a tremarle e allora le sollevò all'altezza del viso, fissandole spaventata.
Non sapeva cosa stesse succedendo. Era tutto diverso. Era tutto più... Spaventoso.
Si ritrovò di colpo in una stanza nera, circondata da mura che la facevano sembrare un labirinto senza uscita.
Era in trappola.
Si lasciò cadere a terra e le ginocchia sbatterono sul terreno fangoso, facendo schizzare qua e là un po' di quella sostanza gelatinosa. I suoi jeans si macchiarono tutti, e la sua maglietta bianca si tinse di marrone.
Stava diventando un incubo.
Dov'era Killian? Che fine aveva fatto? Uno strano pensiero le si insinuò nella mente, e un grosso macigno le si bloccò in gola, facendola deglutire per la paura. L'ansia stava cominciando a salire, e le sue forze la stavano abbandonando. Divenne tutto più offuscato, e non riusciva a mettere a fuoco nulla.
«Voglio svegliarmi» continuava a ripetere, strizzando gli occhi. Forse, se avesse continuato a pronunciare quelle parole, stringendo i pugni e concentrandosi, quel maledetto incubo sarebbe finito.
Quel sogno non le piaceva, non le piaceva proprio. Desiderava solo scappare, in quel momento, ma non c'era modo di fuggire.
Cominciò a darsi dei pizzicotti sul braccio, magari si sarebbe svegliata.
Niente.
Iniziò allora a prendersi a schiaffi il viso. Era in preda alla disperazione. Gridò. E si mise a singhiozzare.
Mentre pregava di riaprire gli occhi e ritrovarsi nel suo letto, improvvisamente vide due puntini luminosi in mezzo a tutto quel buio. Il nulla la circondava, la paralizzava, le faceva accapponare la pelle. Vide uno sguardo affilato penetrargli gli occhi. La scrutava, la osservava, cercava di imprimersi nella testa ogni suo singolo particolare.
Lily trasse un sospiro di sollievo. Aveva temuto di non vederlo più. Mai le era passato per la testa quello strano pensiero. Mai avrebbe potuto credere che quella bizzarra routine notturna potesse cessare da un momento all'altro. Non ci aveva mai voluto pensare.
«Oggi è diverso» gridò impaurita, mentre correva ad abbracciarlo. «Ho temuto che non ti avrei più rivisto.» Gli andò incontro e lo strinse a sé, mentre Killian l'avvolgeva in uno di quegli abbracci che solo lui sapeva dare.
Si accorse che piangeva ancora, e una lacrima calda gli cadde sul braccio, bagnandogli la pelle. Alzò lo sguardo e subito incontrò gli occhi di lei, umidi e colmi di lacrime d'argento.
«Sono qui» le disse, con il suo solito tono tranquillo, che quasi faceva tranquillizzare anche lei, a sentirlo. «Sono qui» ripeté, stavolta stringendola più forte. «Non me ne andrò mai. Sarò sempre qui. Rifugiati nelle mie braccia, trova riparo in me ogni volta che ne senti il bisogno.»

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