Kitsune e Tanuki s'imbrogliano a vicenda.

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"Se mi amate, cari, venite a vedermi. Mi troverete laggiù nel grande bosco di Shinoda, della provincia di Izumi, dove le foglie di kudzu frusciano sempre d'umor pensoso".

I flash ad intermittenza, provenienti dalla televisione accesa, illuminavano in maniera soffusa l'ambiente familiare, riempiendo la confortevole quiete con il brusio di qualche presentatore di tedianti programmi serali. Il salone da pranzo, arredato all'occidentale con una miriade di suppellettili, appariva spazioso e ben pulito; profumava di gelsomino, per via delle candele aromatiche di cui era patita la donna dai capelli rossi, e del detersivo agli agrumi passato quella mattina sul pavimento in marmo.
S'era fatta sera tarda, la cena già consumata e le stoviglie lavate, messe ad asciugare.
Kushina, seduta ancora al tavolo, era impegnata a leggere una rivista per combattere la stanchezza, mentre Naruto se ne stava disteso sul divano in pelle poco distante, continuando periodicamente a fare zapping con il telecomando.
"Non esci questa sera?".
Il ragazzo accennò uno sbadiglio, insonnolito "Non mi va. Aspetto che rientri chichi, voglio chiedergli se quest'ultima settimana di vacanze primaverili c'è la possibilità di qualche lavoretto part-time al Comune".
"Cosa devi comprarti?" S'informò furba, adocchiandolo. Conosceva bene il suo pollo.
Difatti lui scattò sull'attenti, rosso come un pomodoro sino alla punta delle orecchie "Nulla, nulla... -Provò sbadatamente a mentire, biascicando- Ehm, dei libri per una ricerca scolastica e per il club! Sì, per il club di giornalismo!".
"Non sei proprio in grado di dire bugie. Non vorrai mica comprarti della droga? O dell'alcool? Hai per caso cominciato a fumare?!" Lo accusò, alzando un dito intimidatorio verso il suo faccione inebetito.
"Hahaue! Come ti è venuto in mente, dattebayo?! -Sbraitò, gonfiando le guance come un rospo all'offesa appena ricevuta, dopodiché tornò a crollare sopra il sofà- Te lo dico, ma non arrabbiarti! Questa estate volevo partire per una breve vacanza con i miei amici, quindi ho pensato di iniziare a risparmiare qualcosa...".
Kushina poggiò il mento sul palmo della mano, sorridendo divertita "Perché dovrei arrabbiarmi? La trovo una bella idea. Anche io e Minato partimmo per un viaggio romantico dopo il liceo, quello in cui ti abbiamo concepito".
"Hahaue! -Gridò di nuovo, imbarazzato, sovrastando le ultime parole e, probabilmente, rompendole i timpani; incrociò le braccia al petto, affossando il collo nelle spalle- Ecco... Io e Gaara volevamo convincere gli altri ad andare nel Paese della Cascata. A Taki, dove... -Tentennò, incerto- ...Dove si dice dimori un branco di Kappa giganti, e a causa loro molti turisti siano annegati nel...".
"Quando la smetterai di credere ai fantasmi?".
Distorse la bocca, infastidito. Come immaginava sarebbe accaduto, lo aveva interrotto senza neppure farlo finire di spiegare.
"Non sono fantasmi, sono creature umanoidi che abitano le sorgenti d'acqua di ogni città, e sono anche molto pericolosi. Sulla riva del lago di Taki hanno messo diversi cartelli con scritto: 'Attenzione ai Kappa'. E sul giornale locale di tre settimane fa è stato pubblicato un lungo articolo, con la testimonianza di una ragazza scampata dall'attacco di uno strano mostro!".
Lei scoppiò a ridere di cuore "Se studiassi con la stessa passione matematica, nell'ultimo compito in classe avresti di certo preso un voto superiore a trenta, asino. -Lo vide imbronciarsi ancora di più, allora gli si avvicinò, carezzandogli dolcemente la chioma bionda- Va bene, vai pure a caccia di tartarughe giganti con il tuo amico, però avrai il permesso solo se, prima dell'estate, riuscirai a guadagnarti la sufficienza in tutte le materie. Matematica compresa!".
"Dici davvero? Evviva! Grande, sei la migliore!" La abbracciò, immediatamente tornato euforico. Pregustandosi già lo scoop del secolo e, magari, anche una bella borsa di studio, quando sarebbe riuscito a fotografare da vicino uno di quegli yokai.
Naruto era da sempre un ragazzino testardo, malgrado avesse trascorso tutta l'infanzia e l'adolescenza con la testa fra le nuvole, almeno nella maggior parte delle occasioni.
Era rimasto affascinato dal paranormale a causa dei racconti fantastici con cui lo aveva intrattenuto lo zio acquisito: Sakumo Hatake, un famoso teologo shintoista, purtroppo deceduto tempo prima durante uno dei suoi viaggi intorno al Paese, alla riscoperta della natura e di oscure leggende. Rimpianto ancora dalla comunità, apprezzato per le sue ricerche, di cui molte copie erano gelosamente custodite dal giovane Uzumaki.
Dopo la tragica morte di Sakumo, nonostante la palese disapprovazione dell'unico figlio dell'uomo, che incolpava proprio quegli studi maniacali e la passione per l'occulto della perdita, Naruto non aveva mai vacillato, né smesso di seguire la strada di suo zio.
All'età di dodici anni, al primo anno di medie inferiori, s'era subito iscritto al club di giornalismo, iniziando ad occuparsi degli articoli più disparati su mostri, fantasmi, possessioni e creature demoniache. Il suo lavoro più letto ed apprezzato, però, era stato il pessimo scherzo fatto al professore di Educazione fisica, Maito Gai, e suo figlio, accusandoli di essere cloni ed alieni, poiché troppo simili nel carattere e nell'aspetto per davvero far credere di essere due persone distinte.
La folle inchiesta di Naruto aveva divertito così tanto il preside Jiraya, che ancora dopo anni, dato che medie inferiori e superiori facevano parte dello stesso complesso scolastico, prendeva in giro il povero Gai-sensei sulla sua presunta natura Marziana.
Il ragazzo, invece, non era per nulla entusiasta di quel vecchio articolo e, divenuto finalmente presidente del club, dato che il sommo Hidan, mentore e compagno di indagini, nonché fondatore dello Jashinismo, s'era ormai diplomato, aveva quindi deciso, prima di finire anche lui i suoi studi, di lavare quell'onta. Dimostrare a tutti la veridicità degli studi di Sakumo sull'esistenza degli ayakashi.
Peccato che nemmeno i suoi genitori ci credessero...
"A quanto vedo, io fatico e voi vi divertite" S'annunciò Minato, fingendosi goffamente seccato quando, rientrato in casa dopo una lunga giornata di lavoro, trovò il figlio e la moglie abbracciati, intenti a saltellare, almeno Naruto, per il salotto.
"Sono i doveri di un capofamiglia, chichiue".
Kushina gli diede uno schiaffetto scherzoso sulla fronte, poi si liberò della presa soffocante in cui l'aveva rinchiusa e raggiunse il marito; lo aiutò a sistemare la valigetta pesante e sfiorò la sua guancia con un fugace bacio "Ben tornato, caro. Come mai così tardi?".
"Arigatou, Kushina. -La ringraziò, intento a cercare di slacciarsi la fastidiosa cravatta blu- Kakashi mi ha trattenuto più del previsto, sai quanto può essere meticoloso".
"Come sta Kakashi-sensei? È tanto che non si fa vivo!" Intervenne Naruto, incrociando le gambe sulla superficie morbida e riprendendo poi il proprio zapping compulsivo.
Nonostante fosse cresciuto a stretto contatto con il ragazzo più grande e, da anni ormai, Kakashi avesse assunto il ruolo di braccio destro di Minato, prendendo fin troppo seriamente il lavoro di segretario personale del sindaco di Konoha, non passavano spesso il loro tempo insieme. Molto distanti rispetto a quand'erano bambini.
La ragione era lapalissiana, e ridicola: Hatake rifiutava le passioni ed i sogni di Naruto, rivedendo nel minore lo stesso spirito d'avventura e scoperta del compianto genitore; in più aveva una mentalità eccessivamente razionale, e aboliva qualsiasi concetto non potesse essere spiegato scientificamente.
Talmente divergenti da arrivare spesso ad uno scontro quando si confrontavano.
"Credo bene, anche se oggi era molto irritato con Sarutobi-san".
"Il vecchio Hiruzen? Perché? Non ha già abbastanza grattacapi da quando Mirai-chan è stata ricoverata d'urgenza?".
"Povera bambina... -Sospirò mesto Namikaze; si accomodò al tavolo, accennando un gesto di diniego con il capo quando Kushina gli allungò la cena, non aveva molta fame. In seguito rispose alle sue domande- Non credo volesse creare altri problemi a Sarutobi-san, ma penso abbia preso troppo seriamente il suo racconto di questo pomeriggio".
La donna sedette vicina a lui, impensierita "È successo qualcosa di grave?".
"Mi azzarderei a rispondere di no. -Dichiarò, sorseggiando dell'acqua e provando a non soffermarsi troppo sulla tensione delle spalle, causata dalla giornata impegnativa appena trascorsa- L'ex sindaco ci ha semplicemente riferito di aver incontrato una ragazzina al santuario abbandonato in cima al monte Hokage, e come questa gli si sia presentata come nuova proprietaria. Ho spiegato a Kakashi che, certamente, si tratta di una senzatetto, ma vorrebbe controllare... Quando in verità dovrebbe occuparsene la polizia".
A Naruto vibrarono le orecchie, interessato si voltò di nuovo, poggiando il mento sulla spalliera "Una ragazza, da sola, in un tempio abbandonato, che appare soltanto ad un povero vecchio? Ci scommetto che era uno yurei! Vengo anche io con voi, dattebayo!".
"Il mio lavoro non è un gioco, Naruto" Minato smorzò il suo entusiasmo con freddezza, privandolo di qualsiasi possibilità di replica.
Il diretto interpellato tornò in piedi, stizzito, affondò le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e lanciò un'occhiata al padre.
Era sempre la stessa storia, non lo avrebbe mai preso sul serio.
"Ha ragione, non sono fatti miei. Vado a dormire" Mormorò lugubre, ignorandoli.
Voleva molto bene a suo padre, e sapeva che Minato ne voleva a lui. Erano da sempre una famiglia unita, si sostenevano l'un l'altro nelle difficoltà, però... Non erano in grado di capirlo. Credevano entrambi scherzasse, fosse solo un gioco, l'hobby momentaneo di un adolescente.
Per Naruto non era così. Aveva sviluppato la ferma certezza esistesse qualcosa di più, oltre la loro piatta realtà, un modo differente di andare avanti rispetto alla vita misera a cui erano condannati gli umani.
Luce e oscurità. Verità e menzogne. Un mondo in bilico, nascosto dall'inarrestabile progresso, che lui avrebbe riportato a galla.
Imprecò a bassa voce quando inciampò sullo spesso volume rilegato, abbandonato sul pavimento, maledicendo poi il disordine.
Che importava dell'opinione dei suoi genitori? Dei suoi amici? Di Kakashi? Sarebbe comunque andato al tempio, non appena ne avrebbe avuto la possibilità, sfruttando quell'allettante occasione. Sentiva che era la cosa giusta!
Raccolse il libro, lo strinse per un attimo, sorpreso della coincidenza che lo aveva portato ad aprirsi proprio su quella pagina, e sorrise delle parole lette, di quell'ammonizione, dei sussurri che l'Oceano narrò ad un Tengu troppo curioso.
Tutte le cose passano:
questa è la legge
della nascita e della morte.
E quando la nascita e la morte
saranno ugualmente passate,
quella pace sarà la beatitudine.
-KanJaku monogatari-shu.

Percorrendo il sentiero tracciato dall'incontro fra terra e cielo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora