Il Sottoscritto - Storia di una fuga e di un gatto nero

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24 ottobre 1919

L'appartamento era piccolo e curato. Caldo.

A François piaceva il suono della matita che scorre sul legno levigato, leggera, separata dal piano soltanto da un sottile foglio bianco.

Il cielo grigio aveva cominciato a piangere lentamente, come spesso accadeva nell'ottobre di Parigi; al delicato scorrere della matita si era aggiunto un ostinato picchiettare sui vetri della finestra.

Il tepore della stanza aveva leggermente appannato i vetri, che ora lasciavano solo intravedere le figure dei passanti, quasi sempre animati da una frenesia, così stridente con il malinconico autunno che era ormai calato sulla città da un paio di giorni.

Il foglio che separava matita e tavolo non si era sporcato che di poche parole, macchie di confusione o poco più.

Le nocche sbiancate non bastavano a calmarlo. La pioggia sembrava averlo rapito.

Non furono sufficienti che alcuni secondi; l'impermeabile era caduto sulle sue spalle, il cappello calato sugli occhi.

La pioggia si era fatta più fitta, quasi battente. Il passo era lento e regolare, le spalle ormai fradicie. François aveva alzato il bavero dell'impermeabile, come a proteggersi dagli sguardi dei passanti, più che dalla pioggia. A proteggersi dai suoi vent'anni, più che dalla pioggia.

Dicevano che allo Chat Noir lavorasse la più bella delle cameriere di Parigi. Non era una mannequin, ma i suoi modi garbati e gli occhi timidi e corvini avevano stregato tanti, forse troppi, clienti.

François era entrato da poco, aveva appeso l'impermeabile vicino alla stufa e si era seduto ad un tavolino vicino alla finestra.

Il giovedì dello Chat Noir a Parigi significava Swing. Dialoghi di tromba e clarinetto.

Era ancora assorto nei suoi pensieri quando Aline arrivò al tavolo.

«FanFan, sei tutto bagnato! Cominci a preoccuparmi... Solito?»

«Sì Aline, grazie...»

Gli occhi corvini di Aline sorrisero e si allontanò, leggera come era arrivata.

Il Curvoisier rivelava le sfumature più belle del suo colore alla luce della candela del tavolino.

Tornato a casa, François aveva chiuso la valigia, sistemato i biglietti e si era rimesso allo scrittoio. La pioggia aveva smesso di cadere, lasciando il posto ad una sottile nebbia che ovattava la luce dei lampioni.

24 ottobre 1939

«Allora Monsieur Girond, affare fatto?»

«Sì, è perfetto, quello che cercavo»

«Allora eccole le chiavi...»

Pioveva, quella sera. Un uomo era tornato a casa, aveva disfatto la valigia e si era seduto ad una scrivania. Dava sulla finestra che sbirciava sul marciapiede.

Dopo alcuni minuti si decise ad uscire, senza ombrello, come era uso per i marinai.

La vecchia insegna non c'era più. Entrò in quello che ora si chiamava Erato. Appese il cappotto vicino alla stufa e si sedette ad un tavolino, vicino alla finestra. Posò il cappello davanti alla finestra; così curiosamente simile ad un gatto nero che scrutava dalla finestra.

Ordinò un Curvoisier.

«Tieni François, è pronto il cognac del Signore»

«Grazie Mamma»

Un leggero swing gracchiava dalla radio. Uscendo porse un foglietto alla signora al bancone, che gli sorrise con timidi occhi corvini.

...

«24 Ottobre 1919

Di battaglie perse...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 28, 2010 ⏰

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