Arancione

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25 settembre





C'è un tempo per far tutto.

C'è un tempo per nascere, per venir al mondo, conoscere la luce.

C'è un tempo per giocare, socializzare, andare a scuola.

C'è un tempo per goderti la vita, i tuoi vent'anni, la spensieratezza.

C'è un tempo o un non tempo, quando tutte queste cose ci vengono strappate via. Magari capita che un giorno ti alzi e sei diverso, sei diverso dai tuoi compagni di classe, dai tuoi fratelli, dai i tuoi conoscenti.

E non capisci, ti senti come se tu fossi in un altro posto. Non hai nessuno con cui parlare, e allora sbagli e ti trovi da solo davanti a una grande porta. Quella porta poi la apri e c'è un sogno. Magari trovi chi ti capisce, che è come te, che ti accetta. E tu sei giovane, troppo giovane per capire che in realtà non gliene frega un cazzo di te. Però ti infatui, pensi che sia amore. Ci caschi, fai tutto quello che ti chiede, perché lui è più grande, lui sa.

A casa tutto va male, litighi, scappi, spendi tutti i tuoi soldi, e pensi che tu lo faccia per qualcuno che ne valga la pena.

Ma poi lui ti lascia. Anzi, ti mette nei casini e tu non puoi liberarti. E tu sei solo, completamente solo. Alzi i muri, fai male alle persone che hai accanto, ti fai del male. Non ci credi più nell'amore, nei sentimenti, nel genere umano.

C'è un tempo dove tutto questo lo accetti e ci vai avanti. Ti rovini la vita piuttosto che migliorartela perché tanto nulla ha un senso.

Ma poi arriva qualcuno che ti scombussola tutti i piani, qualcuno buono, dall'animo puro che è davvero disposto ad aiutarti e non gli importa se per farlo si macchierà con un po' del tuo nero. Qualcuno che va controcorrente e di te inspiegabilmente si fida.

C'è un tempo per fidarsi, e io forse lo sto capendo adesso, osservando i raggi del sole e le mille sfaccettature di colore. Rosso, giallo, Arancione.

L'ho visto nel sorriso sincero di Claudio quando trovò il bigliettino sul letto. Ho finto di dormire ancora e lui silenziosamente, ha salito due gradini della scaletta e mi ha sussurrato all'orecchio «Penso che Mario sia appena diventato il mio nome preferito». E io non ho detto nulla per non rovinare l'ennesimo incantesimo che si era creato su di noi. Ho lasciato che la sua mano lenta tracciasse il contorno nella mia guancia, per poi poter tornare a respirare quando è ritornato al suo posto.

Oggi mi sono svegliato con l'ansia. Non ho dormito bene, la paura di essermi aperto e concesso troppo con una persona che onestamente non mi conosce, e ciò mi mette ansia.

Alle sette e mezza in punto passano per la colazione. Una nuova giornata inizia e io non vedo l'ora di uscire da questa cella che oggi è improvvisamente troppo piccola, troppo poco spaziosa e con troppa poca aria.

Scendo dal letto. Non lo guardo. Sento che mormora un "Buon giorno" mentre mi chiudo la porta del bagno alle spalle. Non rispondo, come sempre. Metto le mani sul lavandino e mi guardo allo specchio. Ho gli occhi gonfi perché non ho dormito per niente. Troppi pensieri, troppe parole che ho buttato giù su un foglio. Troppo concentrato forse, a sentire i respiri di qualcuno altro sdraiato sotto di me. E mi sono trattenuto, tanto. Avrei voluto sporgermi un po' dal letto e guardarlo, oppure stendermi accanto a lui. Tanto in piena notte nessuno se ne sarebbe accorto. Ma non l'ho fatto, sarebbe stato anche per me troppo. Ho un peso al centro del petto, una sensazione che già ho provato in passato. Alzo lo sguardo, mi guardo e capisco. Ed è come un flash. La mia mente corre i miei occhi rivedono tutto.

E ho di nuovo vent'anni.


«Mario! Ciao.» Pietro mi chiama. Si chiama così l'uomo per il quale ho perso la testa. Ha trent'anni, è un uomo d'affari, affascinante con tanti soldi e una bella macchina.

Hai Imprigionato la Mia Anima •Clario•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora