Quinto capitolo: Non lasciare la mia mano.

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Le persone, di fronte alla felicità, diventano codarde. Per conquistare la felicità, più che resistere alle avversità della vita, bisogna avere coraggio.

Sakura alla fine era crollata a causa della stanchezza e del malessere fisico.
Subito dopo aver calpestato il pavimento in legno del genkan, finalmente di ritorno al tempio e al sicuro, un repentino capogiro l'aveva fatta svenire fra le braccia di Madara, che senza alcun tentennamento l'aveva sostenuta, attento a non procurarle altre lesioni superficiali, da aggiungersi alle ecchimosi riportate in precedenza.
Il Tanuki adocchiò di sfuggita l'espressione angosciata e trafelata di Neji; sicuramente, dalla scomparsa della nuova padrona, aveva trascorso tutte le ore successive a cercare di sentire la sua presenza e ritrovarla, spingendosi persino nei luoghi più oscuri del mondo degli ayakashi. Instancabile e ligio al dovere.
Nell'istante in cui aveva percepito il rientro a casa di Sakura, accompagnata da altri due spiriti ben conosciuti ed impensierito soprattutto da quello astioso di Kurama, s'era fiondato da loro, raggiungendoli in pochi minuti, desideroso di sgridare aspramente la giovane, colpevole d'essersi allontanata senza badare alle conseguenze.
Malgrado ciò non riuscì neppure a dire mezza parola quando lei, distrutta di fatica, gli rivolse un sorriso sincero, muovendo le labbra impallidite per fargli le sue scuse, ed alla fine perdere completamente le forze.
D'istinto era scattato in avanti, costretto a ritirarsi l'attimo dopo, nel momento in cui Madara lo aveva trapassato con un'occhiata raggelante. Al solito.
"Seguimi. -Lo invitò lo Yosuzume, non rimanendone per nulla impressionato- Dobbiamo lasciarla riposare e medicare le ferite. Le ho permesso di usufruire della tua stanza, non credo ti dispiaccia, poi... -Fece una breve pausa, scrutando Kurama da capo a piedi- Decideremo cosa farne della volpe".
"Kurama rimane con Sakura!" Esclamò testardamente il bambino, arricciando il naso in disgusto all'odore del Tanuki e dello spettro così vicini e prorompenti. Non gli piacevano quegli yokai, erano troppo nobili ed abituati alla vita tranquilla del jinja per occuparsi di Sakura. Pigri e viziati.
Madara smise di dar loro attenzione. Dovevano badare a quella sciocca ragazzina, prima che potesse rimetterci la vita bruciata dalla febbre. Avevano delle priorità, peccato nessuno sembrasse rendersene conto, impegnati in futili discussioni.
Al che, ignorandoli, sbatté gli shoji che davano sulla stanza da bagno, rimanendo però interdetto alla vista di sanitari e mobili di moderna generazione; ringhiò internamente alle pessime idee di Neji per quanto riguardava l'arredamento e dopodiché poggiò delicato l'umana a terra, con la schiena rivolta ad una parete. Fece scorrere l'acqua nella vasca, mitigandola, infine, tentando di guardare da un'altra parte, spogliò Sakura dei suoi abiti sudati e macchiati di sangue, ricoprendola velocemente con un asciugamano.
La immerse, sorreggendole il collo con un braccio. Riuscì a sciogliere i lunghi capelli pastello, lasciandoli galleggiare sulla superficie limpida, che si sporcò subito dopo di rosso e terriccio, mentre le sfregava la pelle delicata con una spugna.
Trattenne un sospiro seccato e si occupò anche del braccio ferito, disinfettandolo.
Voltò il viso in direzione di quello di Sakura quando la udì mugolare infastidita, probabilmente a causa del bruciore provocato dall'alcool etilico; la strinse meglio, in modo da non farla scivolare verso il basso, ormai le ciocche nere s'erano inzuppate, così come quello che rimaneva del kimono mangiato dal fuoco di Kurama.
Distorse la bocca al rendersi conto del modo in cui l'asciugamano fasciava le esili forme della ragazza, quasi fosse divenuto una seconda pelle; gli zigomi s'imporporarono e, di nuovo, scostò lo sguardo.
Inutile, più provava a non pensarci, più si sentiva a disagio.
Dopo qualche minuto la sollevò attentamente, era così stanca che non aveva mai dato l'idea di volersi svegliare durante il bagno caldo. La strinse contro il torace e, alzando gli occhi al cielo, gettò lo straccio umido sul pavimento, provando poi a coprirla con un accappatoio.
Legò la cinta in vita, adagiandola su una sedia e in seguito, imprecando a bassa voce, decise di andar lui stesso a cambiarsi prima di trasportarla in camera, dato che non poteva avvicinarla ancora, bagnato fracido com'era, o sarebbe stato inutile esser riuscito nell'impresa di infilarle qualcosa di asciutto.
Una volta dinnanzi all'uscio schiuso abbassò il capo, notando la piccola volpe a braccia conserte, in attesa, "Cosa stai facendo a Sakura, hentai?".
Madara arcuò un sopracciglio, replicando "Se hai intenzione di trasformarti nel cane da compagnia di quella mocciosa comincia con l'andare a cuccia. In giardino".
Lo superò senza aggiungere altro, entrando nella propria stanza intanto che si sfilava il kimono pesante ed irritante. Tanto quanto sentire i passi veloci della Kitsune seguirlo.
Kurama assunse un faccino disgustato al ritrovarsi davanti alle sue nudità e sbuffò sonoramente quando lo stupido procione continuò ad ignorarlo, aprendo l'armadio incassato alla parete per ricercare un cambio d'abiti.
"Chi lo avrebbe mai detto che lo spaventoso guardiano del jinja di Konoha fosse così premuroso con le donne indifese? Non eri scappato con la coda fra le gambe?" Lo punzecchiò, perfido sino al midollo.
Il Tanuki strinse l'obi magenta alla vita, sistemò le maniche larghe del kimono color carta da zucchero e poi, piegandosi verso i cassetti più in basso, affermò acre "Non sono affari tuoi".
Il bambino inclinò il collo, osservandolo curioso estrarre uno yukata rosa antico, palesemente femminile, e domandò "Dove lo hai preso? Sicuro andrà bene?".
"È la sua misura" Lo liquidò, per nulla intenzionato a prolungare quelle chiacchiere.
Era vero.
Tutto paurosamente vero.
Era fuggito come un codardo e non poteva di certo negarlo.
Ma quando i suoi occhi, appannati per secoli dall'apatia di un'esistenza vuota, s'erano posati sul magro visino a forma di cuore di Sakura aveva percepito un cappio attorno alla gola e una fitta insostenibile al certo esatto del petto. Invaso da felicità e rimpianto.
Sconcertato.
Madara sapeva di non essere ancora pronto ad affrontare tutto ciò che, ingenuamente, pensava d'aver dimenticato, com'era conscio che non sarebbe dovuto tornare al tempio una volta riuscito a distaccarsene... Smettere di essere un maledetto masochista. Eppure tenerla fra le braccia, proteggerla, avvertire il respiro delicato mentre si affidava a lui e lo stringeva forte, gli aveva donato una pace creduta persa, tanto tempo prima. Riacceso una miccia che riteneva ormai soffocata dall'autoconservazione.
Ironicamente ne aveva avuto la conferma, malgrado gli anni e i mutamenti, che non sarebbe mai esistita nessun'altra. Almeno per lui.
Disprezzando se stesso, scacciò un'altra volta quelle emozioni deleterie; la trasportò nella sua stanza, sdraiandola sul comodo futon e coprendola con le lenzuola sino alle spalle. Chinato su di lei, studiava le palpebre chiuse, vedendo il bulbo oculare muoversi veloce dietro queste, sintomo che stava sognando; la bocca era leggermente aperta e mugolava parola prive di senso, che Madara provò a comprendere, abbassandosi ancora, finché i capelli nerissimi non ammantarono la sua figura.
"Yurushite kudasai... Yurushi...".
"Non dovresti essere tu a dover chiedere il perdono. -Sussurrò, preso alla sprovvista dalla sofferenza di quelle frasi- Calmati, sono qui" Aggiunse, quando la vide agitarsi inconsolabile nel sonno. Irretita da un incubo fin troppo reale.
"Tsunaida te wo hanasanaide".
La preghiera inconscia di Sakura arrivò direttamente allo stomaco contratto ed il cuore già lacerato del demone; carezzò la fronte spaziosa con la punta delle dita tremanti, scendendo sino alla guancia bollente arrossata e s'avvicinò, nel momento in cui una goccia gelida scivolò da una ciocca scura, finendo sulle labbra color pesca.
"Resterò con te, anche se non ricordi. Lo prometto" Mormorò ad occhi chiusi, premendo un bacio sulla tempia madida di sudore ed avvertendo, di nuovo, la gola bruciare d'una tortura che sentiva di non meritare, ma che avrebbe accettato per il suo bene.
Per ciò che rimaneva di lei...
Tornò a distanziarsi, incrociando le gambe sulle stuoie rettangolari del tatami, quando udì chiari i passi di Neji e, poco dopo, il fruscio dei fusuma che si aprivano, mostrando lo spettro portare un vassoio di vivande e infine sedersi composto dall'altra parte, rispetto quella di Madara.
"È una zuppa di verdure, immagino possa aiutarla a rimettersi in forze...".
"Non avresti dovuto occupartene? Sbaglio o non ci hai messo molto a rinnovare il contratto?" Lo bloccò aspro, cercando un capro espiatorio su cui sfogare la sua frustrazione.
"L'ho fatto, sì. Ho badato a Sakura-sama".
"Permettendole di vagare da sola nello Ayakashi? Lasciandole rischiare la vita per seguire una stupida volpe? Ferendola e procurandole un'infezione?" Domandò con voce piatta e cupa, estremamente sarcastico, eppure così infuriato da avvertire chiaramente il sangue ribollirgli nelle vene.
Neji non fece una piega, preparato a ricevere le sue accuse dall'istante esatto in cui lo aveva visto varcare la soglia del tempio insieme alla ragazza; nelle iridi cremisi era limpida la paura e la rabbia, che prima o poi avrebbe palesato.
"Mi scuserò quando si riprenderà, com'è giusto. -Affermò quieto, poi accennò un mezzo sorriso divertito- Credo che Hashirama-sama abbia preso la decisione migliore, con un po' d'impegno Sakura-sama diventerà un ottimo Ujigami, anche se dovrebbe imparare a non cacciarsi nei guai. Immagino sia impossibile, però, chiedere proprio a lei di non farlo".
"È un'umana ed è un'estranea".
Lo Yosuzume rialzò gli occhi perlati a lui, domandando retorico "Chi meglio di un essere umano potrebbe comprendere i sentimenti di questi? -Si prese qualche attimo di riflessione, indeciso. Scrutò ancora una volta la giovane e disse, convito di quelle parole- Non è così estranea, la sua anima, il suo modo di amare, di sorridere, mi mettono nostalgia".
Madara si rimise in piedi, avvicinandosi all'uscita "Non è di mio interesse rivangare il passato. Mi auguro sia in grado di adempiere ai suoi compiti, ma io non servirò una Divinità pigra e stupida".
"Vuoi andartene di nuovo?".
"No, rimarrò. Senza stipulare alcun contratto" Decretò rude, chiudendosi il fusuma alle spalle. Non avrebbe costretto Sakura a sentire il suo stesso dolore.

Percorrendo il sentiero tracciato dall'incontro fra terra e cielo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora