Capitolo 1

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Se ci venisse chiesto di prendere in mano una matita e di disegnare  il corso della vita  su un foglio totalmente bianco, che cosa faremmo? La maggior parte delle persone probabilmente rappresenterebbe un sentiero oppure una via con tante tappe o un binario su cui la nostra esistenza scorre via come un treno o forse, più semplicemente, un filo. Ora, finchè tutto va bene ognuno di noi continua il proprio percorso raggiungendone ogni tappa, il treno della vita continua a correrere via veloce e il filo si allunga e si aggroviglia. Ma quando sopraggiunge la morte cosa succede? Nessuna "Nera Signora" viene a falciare l'anima dal corpo e a portarsela via. No, la morte è più modesta, più umile, più naturale e si avvicina nel preciso momento in cui è stabilito che il nostro percorso si interrompa, che la prossima tappa sia l'ultima, che nel binario vi sia una rotaia difettosa e che il treno deragli nel buio. Insomma, l'uomo ha sempre immaginato la vita come un qualcosa di lungo, che si dipana  verso una precisa meta secondo un oscuro destino e che alla fine si interrompe all'improvviso. L'animo umano reca da sempre celato in se stesso  il più grande segreto dell'esistenza, ma se ne è  dimenticato, o ha preferito dimenticarsene, accantonandolo nell'angolo delle cose da rimuovere insieme a tanti saperi, credenze e miti che oggi sono etichettati come "belle favole antiche". Gli uomini antichi, invece, conoscevano la verità. In alcune religioni pagane politeiste sono presenti costantemente tre figure predisposte alla cura del filo della vita dei mortali; i Greci le chiamavano Parche, i Vichinghi Norne. Si tratta di tre donne: la prima inizia a filare il filo, la seconda lo allunga e la terza lo recide. Ma tutto ciò non avviene secondo il caso. Infatti un destino ineluttabile a cui nessuno può sottrarsi regola il lavoro delle tre filatrici, è un'entità esterna superiore al mondo che stabilisce cosa ci succederà e il momento preciso in cui moriremo. Per quanto riguarda ciò che avviene all'anima dopo la morte... beh nessuno è mai tornato a raccontarlo.

"Gemma! Gemma! Muoviti! E' tardi, alzati o perderai il treno!". Gemma infastidita dagli urli di sua madre e dai colpi sulla porta aprì gli occhi nella semioscurità della sua stanza e si voltò verso la sveglia sul comodino a fianco al letto. Effettivamente era molto tardi, mancavano dieci minuti alle nove  e doveva prendere il treno meno di un'ora  dopo per arrivare in tempo all'università per la lezione delle undici. Per un attimo mandò al diavolo tutto: la madre bisbetica, lo studio, gli esami, il treno sferragliante e affollatissimo e si ridistese ancora insonnolita. La testa le doleva molto dopo un'ennesima notte di incubi e nemmeno l'aspirina della sera prima aveva avuto effetto. Ma non poteva rimanere lì a poltrire ancora per molto. Aveva un treno da prendere. Si alzò di corsa, troppo in fretta in effetti...sentì i capogiri e dovette risedersi sul bordo del letto aspettando che il mondo attorno a lei si fermasse. O che il mondo dentro lei si fermasse, visto che aveva un tale turbinio di pensieri e preoccupazioni da farle pulsare le tempie. Poi solita routine, colazione di fretta con caffè amaro e un paio di biscotti, doccia, una sistemata ai capelli ed era pronta. Non si truccò, non aveva  abbastanza tempo. Infilò astuccio, due quaderni e un malloppo di fotocopie in borsa e uscì di casa. La stazione distava un quarto d'ora a piedi di buon passo; era una giornata fredda e particolarmente umida, un sole pallido faceva capolino tra le nubi e a terra vi erano ancora le pozzanghere della pioggia della notte precedente. Gemma si strinse dentro il proprio piumino e affrettò il passo. Attraversò la strada, proseguì lungo il viale alberato che conduceva fino ai giardini pubblici cittadini e all'incrocio svoltò a destra. Passò di fronte al negozio di piante e fiori di sua zia, che stava allestendo la vetrina nuova ed era così indaffarata da non aver nemmeno apparentemente notato il saluto della nipote. Strana donna, pensò Gemma. La conosceva da quando era nata ma in un qualche modo sua zia Astrid era sempre stata una personalità molto sfuggente, introversa e difficile da avvicinare. Lionne, la madre di Gemma, non nutriva molto ripetto per la sorella acquisita. Astrid infatti era la figlia della seconda moglie del nonno di Gemma, il padre di Lionne, che si era risposato con una donna scandinava dopo essere rimasto vedovo. Lionne non era mai andata veramente d'accordo con Astrid, avevano caratteri totalmente opposti, Lionne invidiava Astrid per l'ordine, la precisione e l'accuratezza con cui svolgeva ogni cosa e che attiravano su di lei i complimenti di tutti quelli che la conoscevano. Ma era anche molto intimorita dalla sorellastra, in particolar modo dal suo sguardo freddo e affilato; con i suoi occhi azzurri quasi trasparenti Astrid riusciva a penetrare le persone molto al di là della carne, come se con mille spilli di ghiaccio riuscisse a raggiungerne l'anima. Gemma, al contrario della madre, aveva sempre provato interesse per la zia ma Lionne non le permetteva di frequentarla molto per via delle "strane credenze" di Astrid. Quest'ultima infatti trascorreva ore e ore tra le sue piante, sostenendo che è nella natura che si nasconde la vera energia vitale del cosmo e da essa dipendono anche gli esseri umani, i quali vivono in un mondo governato da forze misteriose ben superiori  a loro e la loro esistenza è così fragile che reciderla è un attimo, proprio come si recide un filo.  Questa parola "filo" era diventata quasi un'ossessione per Gemma, che ultimamente vedeva fili ovunque. Stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di stare impazzedo o di avere accumulato troppo stress nelle ultime settimane. Ovunque si voltasse, vedeva fuoriuscire grovigli di fili colorati che si allungavano e annodavano sempre più. Mentre camminava per strada, o si ritrovava in treno, o era a lezione, appena si guardava attorno vedeva migliaglia di sottili sfumature di ogni cromia che rilucevano attorno a lei e, a guardarci meglio, erano attaccate ognuna al petto del proprio proprietario, dal quale poi si dipanavano. Questo pensiero ossessivo la tormentava anche di notte, causandole a volte insonnia, a volte strani incubi.

Appena sorpassato il negozio della zia Astrid, Gemma si fermò a raccogliere il mazzo di chiavi di casa che le era caduto dalla tasca dei jeans dove lo aveva incastrato di fretta prima di uscire. Stava per attraversare la strada e proseguire sulla via parallela costeggiata dai binari del tram fino alla stazione, quando sentì una voce dietro di lei chiamarala. Era Astrid, che in realtà si era accorta che la nipote era passata qualche attimo prima ed era uscita in strada per richiamarla "Ehi Gemma aspetta! E' da un po' che non ti vedo. Vieni, sali in macchina, chiudo il negozio per qualche minuto e ti accompagno io in stazione".


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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 27, 2018 ⏰

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