La morte di Dio

43 9 0
                                    

Può l'onnipotente Dio creare un masso talmente pesante da non poter esser alzato nemmeno da lui?

Se stai ascoltando quest'audiocassetta significa che io ho cessato di esistere, non faccio più parte del tuo pianeta ma probabilmente siamo ancora nello stesso universo.
Vorrei poterti dare una risposta più precisa ed esaustiva, ma non posso.
Permettimi di presentarmi, sono il dottor Elohim, sicuramente avrai sentito parlare di me nei vari notiziari o su qualche giornale.
Sono stato sulla bocca di tutti e sotto i riflettori dell'intero pianeta per qualche tempo, poi sono voluto e dovuto uscir di scena.
Durante questi dieci anni poche persone hanno avuto l'onore d'incontrarmi, questo ha fatto accrescere maggiormente la mia popolarità, niente affascina di più l'uomo del mistero.
Ho ricevuto molteplici telefonate, e-mail e lettere da milioni di persone, non importa se mendicanti o capi di stato, l'inchiostro che imbrattava quei fogli proveniva da qualsiasi gruppo sanguigno.
L'ignoto ci attrae ed io ne sono consapevole, fin da bambino ho sempre amato pormi delle domande esistenziali alle quali non potevo dare una risposta, il soggetto preponderante era sempre lui, Dio.
Mi chiedevo se potesse esistere e soprattutto perché ci avesse creato.
Si diverte nel vederci soffrire?
Oppure semplicemente si annoiava?
Arrivato a questo punto credo di aver una risposta.
Ma preferirei andar con ordine, vorrei raccontarti l'inedita storia che precede quegli esperimenti che mi hanno reso famoso.
Ed insonne.
Ho sempre amato la scienza, come detto in precedenza sono stato molto curioso fin dalla tenera età, per questo ho iniziato ad avvicinarmi a quei libri che diffondevano sapere.
In quelle pagine trovai risposte alle molteplici domande che quotidianamente mi ponevo, ad esempio il motivo della dipartita del mio fido amico a quattro zampe, costretto a vivere solo quindici anni, il collo lungo delle giraffe e la fisionomia di una tartaruga sotto il suo spesso guscio protettivo.
Portavo sempre con me quei libri ed ogni qualvolta la mia psiche ponesse delle ardue domande mi bastava sfogliare quelle profumate pagine per ottenere una più che soddisfacente risposta.
Eppure, fin da quando ne ho ricordo, un oggetto mi ha sempre turbato, un simbolo che non riuscivo a comprendere appieno, la croce fissata sui muri.
Non importava se fossi a scuola, in un negozio o all'ospedale, quell'uomo crocifisso mi osservava con i suoi occhi ricchi di commiserazione.
Riuscivo a percepire l'alone d'importanza che le persone accanto a me gli donavano, è strano da spiegare ma sicuramente hai provato anche tu quella sensazione una volta nella vita.
Se io adesso poggiassi una penna sul tavolo, tu la vedresti come un semplice pezzo di plastica ma se poi ti mettessi al corrente del suo proprietario?
Ovvero il presidente degli Stati Uniti, per te sarebbe ancora della semplice plastica?
Forse, ma sentiresti una forza aleggiare attorno quella penna, come un campo gravitazionale che ti attrae ed allo stesso modo ti respinge da quell'oggetto che ora ha acquisito un nuovo valore.
All'inizio non l'osservavo molto, ero così abituato alla sua presenza che lo davo per scontato, per questo feci caso solo alla sua assenza, a casa mia infatti non c'era traccia di quella strana croce, al contrario di mia nonna che ne possedeva una in ogni stanza.
Da bravo piccolo scienziato chiesi informazioni ad entrambe per avere due punti di vista, mia madre tagliò subito il discorso dicendo che la religione fosse un'idiozia inventata per governare una massa di pecore, mentre nonna ripeteva che bisogna sempre aver fede.
Due facce della stessa medaglia, classico.
Per questo volli approfondire, domandai a nonna perché, se Dio esistesse, il mondo fosse colmo di atrocità, lei rispose che Dio punisce chi se lo merita.
Così argomentai ricordandole che, ad esempio, nelle guerre muoiono fin troppi innocenti, a quel punto mi diede la risposta più importante della mia vita, quella che mi ha fatto arrivare fin qui, Dio ha un piano per tutto.
Quelle semplici sei parole non mi sono più uscite dalla testa, come un chiodo conficcato nella materia grigia.
Ha realmente un piano?
Se tutto ciò fa parte di un suo piano significa che è un malvagio, su questo concordiamo tutti o magari siamo un frammento di un disegno più grande che non riusciamo a comprendere.
Come avrai notato sono una persona alla quale non va a genio non capir qualcosa, la curiosità mi gonfia gli organi interni e non mi permette di viver adeguatamente, per questo ho donato la mia vita alla scienza, una delle poche cose che abbia realmente amato nella vita.
E come ogni amore che si rispetti mi ha ferito più volte.
La verità fa male ed è difficile da accettare, soprattutto quando va contro i tuoi ideali e ti mostra per ciò che sei realmente, la bianca maschera di porcellana che hai modellato nel corso della tua esistenza s'infrange rovinosamente al suolo.
Gli studi sono sempre stati una fonte di distrazione, ho conseguito rapidamente col massimo dei voti il diploma e la laurea, divorando letteralmente qualsiasi corso scolastico e non, forse il sapere per me è una droga, se non apprendo qualcosa di nuovo ogni giorno mi sento male, come una vera e propria dipendenza.
Uscito dall'università iniziarono a fioccare molteplici richieste di lavoro, i miei sforzi erano stati notati fortunatamente, so che non ti interessa, per questo riassumerò in poche parole, sono stato assunto per sei anni in un laboratorio di genetica ed altri cinque in uno di fisica applicata fino ad arrivare al pezzo forte: la G.O.D. ovvero Genetics Of Denmark, mi contattò privatamente per stringere un rapporto lavorativo, fu senza dubbio uno dei giorni più felici della mia vita, il laboratorio più attrezzato e ricco di risorse dell'intero pianeta aveva bisogno di me.
Ricordo ancora il primo giorno, era tutto così enorme, bianco e splendente, il personale addestrato e cordiale, il mio paradiso ideale.
Ma ho subito compreso un concetto molto importante: la linea che separa il paradiso dall'inferno è molto sottile.
Mi assegnarono in un reparto speciale ed altamente segreto, dovetti inviare tutti i miei dati, perfino quelli bancari, fare analisi del sangue e psicologici, scanner della retina e prelievo delle impronte digitali, senza contare i mille fogli che dovetti firmare sulla privacy degli esperimenti, credevo di esser stato assunto nei servizi segreti.
Qui feci la conoscenza del mio nuovo partner, Richard Memnoch, forse avrai sentito parlare anche di lui, un uomo non troppo alto ed esile con degli strani baffetti, sembrava simpatico ed allo stesso tempo molto introverso.
Facemmo amicizia ben presto, dopotutto avevamo gli stessi interessi e passavamo almeno dodici ore al giorno l'uno di fianco all'altro durante i nostri eterni esperimenti che, tra l'altro, non compresi fino a fondo.
Eravamo occupati nello studio del Bosone di Higgs cercando di crearne uno attraverso macchine altamente tecnologiche e costose, ci vollero due anni prima di ottenere alcuni risultati, durante questo periodo ho cercato d'informarmi su quali altri esperimenti stessero lavorando i miei colleghi, infatti la G.O.D. è un grattacielo che pare accarezzare le nuvole, ma ogni laboratorio è top secret, questo mi arrecava stress, non posso avere lacune o dubbi, devo conoscere.
Tornando ai nostri esperimenti sul Bosone, che sbadato, non ti ho spiegato di cosa si tratta, ormai credo sempre di rivolgermi ad uno scienziato, Il Bosone di Higgs è una particella elementare, ossia non è composta da altre particelle più piccole, ti starai chiedendo perché sia importante, dico bene?
Al momento del Big Bang minuscole particelle super-energetiche si stringevano in ogni goccia dello spazio-tempo, man mano che le gocce si espandevano e si raffreddavano le particelle perdevano energia, la massa dunque non esisteva ancora. 
Quando la temperatura si abbassò, l'intero universo si ritrovò improvvisamente permeato da un campo, una presenza che si materializzò di colpo proprio come l'acqua che, raffreddandosi, diventa improvvisamente ghiaccio. 
Questo cambiamento è denominato campo di Higgs ed ebbe un effetto incredibile sulle particelle elementari che, fino a quel momento, si muovevano alla velocità della luce.
Una parte dell'energia delle particelle veniva riconvertita in qualcos'altro, Einstein ha dimostrato che è possibile convertire l'energia e la massa l'una nell'altra.
Detto in poche parole?
Il campo di Higgs conferisce massa alle particelle, rende solido e visibile qualcosa che prima non lo era, per questo viene spesso denominata come Particella di Dio.
Io e Richard restammo increduli per giorni, avevamo creato dei Bosoni formando quindi un campo di Higgs in uno spazio pari a quello di una scatola per le scarpe.
La notizia giunse ai piani alti della G.O.D. e dopo qualche mese fece il giro del mondo rendendoci delle superstar della scienza, facemmo varie interviste ed incontri importanti, o almeno io, Richard venne purtroppo messo da parte dai Media, nella storia gli aiutanti vengono sempre accantonati, questo lo fece innervosire non poco ma dopotutto l'esperimento era riuscito per almeno il 75% grazie a me.
Come saprai, lo stesso anno vinsi il premio Nobel per la fisica, sarei dovuto esser felice, ma non vedevo l'ora di tornare a lavoro, per questo mi precipitai al laboratorio appena concluse le varie premiazioni, la G.O.D. mi trattò come suo pupillo aumentando persino il mio già profiquo stipendio, non che mi servisse poi a molto, passavo più tempo lì che a casa, dopotutto non avevo nulla al di fuori della mia passione.
Richard tenne il broncio a lungo, gli scienziati non sono poi così diversi dai bambini, per circa un anno cercammo di riprodurre una nuova scatola di Higgs senza successo, non capivo, i passi che eseguivo erano gli stessi, ma quel miracolo non si ripresentava.
Un giorno, analizzando con un precisissimo microscopio le particelle create l'anno precedente, feci una scoperta sensazionale che arrestò il mio cuore per fin troppi istanti, rischiai seriamente un infarto, tutte quelle miliardi di particelle che continuavano a scindersi ininterrottamente stavano dando vita a qualcosa di più grande, un universo.
No, non hai immaginato quello che ti ho appena detto, un microcosmo stava nascendo sotto i miei occhi ad una velocità immisurabile, per i primi mesi decisi di non rivelarlo a nessuno, nemmeno a Richard, sapevo che se la G.O.D. fosse venuta a conoscenza di tutto ciò mi avrebbe eliminato dal progetto, dopotutto era qualcosa più grande di me, di loro e di chiunque altro, ma io volevo studiarlo per comprenderne le dinamiche.
Passavo dodici ore al giorno lavorando col mio partner e, appena se ne tornava a casa, restavo ammaliato fissando la mia piccola ma immensa creazione per tutta la notte, con le lacrime agli occhi osservavo il nulla divenir tutto, inconcepibile per qualunque altro essere umano.
Masse deformi si scontravano ed univano creando oggetti sempre più grandi, il tempo del microuniverso è differente dal nostro, tutto infatti va più veloce, un giorno sulla terra equivale a circa mille o più anni all'interno della scatola, questo era un bene, potevo osservare ogni sera degli enormi cambiamenti, la curiosità non mi permetteva di chiuder occhio, questa non era altro che la mia più grande droga, un intero universo da scoprire ed analizzare.
Richard aveva notato un certo cambiamento in me, il mio volto era distrutto, la mente dispersa e la dose di caffeina quadruplicata, ma cosa avresti fatto tu al mio posto?
Avevo dato inizio ad un nuovo Big Bang.
Dopo tre mesi cominciarono a delinearsi dei pianeti, ancora sotto forma ammassi infuocati certo, ma la speranza o la paura di creare della vita si faceva sempre più preponderante, come mi sarei comportato in quella situazione?
E' moralmente giusto creare della vita?
D'altronde gli umani lo fanno continuamente tramite i propri figli, ma io stavo per dar vita a forse decine di miliardi di esseri, il tutto in un laboratorio, sarebbero stati solo degli esperimenti.
Potevo distruggerlo finché ne ero in tempo, ma non ho avuto il coraggio, era la mia creazione, non ho mai avuto figli e questo esperimento era ciò che più gli si avvicinasse.
Non passò molto prima che Richard capì, una sera infatti tornò di soppiatto in laboratorio spiandomi abbastanza da capire cosa c'era sotto, volle osservare dal microscopio restando così sconcertato, in quel momento mi sentii denudato e violato, nessuno aveva visto la mia creazione eccetto me.
Voleva gridarlo ai quattro venti e rivelare il nostro creato all'intero pianeta, diceva che saremmo diventati degli Dei miliardari, notai una strana scintilla nei suoi occhi, si sentiva potente, poteva distruggere un intero universo con una semplice pedata.
In quel momento ebbi molta paura, il mondo non era pronto a quella rivelazione o forse non lo ero io, ma poco importava, iniziammo a litigare pesantemente finché non decise di correre ai piani alti.
Non vado fiero di quell'azione ma ho agito d'istinto, lo colpii dietro la nuca con il pesante microscopio, Richard svenne immediatamente ed io fui nuovamente solo con la mia paranoia.
Decisi di scappare con il mio universo in scatola, sapevo che non avrei mai più messo piede nella G.O.D. per questo volli colmare alcune delle varie lacune che mi affliggevano, prima della mia grandiosa scoperta ero intenzionato a sbriciare negli altri laboratori, ci misi due settimane per replicare un chip passepartout funzionante, un gioco da universitari, ma non ebbi mai il coraggio di utilizzarlo, fino a quel momento almeno, infatti l'adrenalina stava offuscando la mia ragione ed avrei potuto compiere qualunque gesta.
Nel pieno della notte mi diressi dunque per i vari piani, nessun inserviente osò fermarmi, dopotutto ero un premio Nobel, il chip mi permise d'addentrarmi nei più remoti laboratori, all'inizio restai estasiato, progetti per teletrasporti, macchine autoguidanti e protesi futuristiche.
Ma poi giunsi in un posto infernale, ciò che vidi lì mi scosse nel profondo, la mia voce trema ancora se ripenso a quegli attimi, la G.O.D. cercava di ricreare della vita senza l'ausilio degli umani, esperimenti di laboratorio al 100% nati solo per soffrire, alcuni erano feti ma altri sembravano esser adulti, deformi abbozzi di un'umanità ormai svanita, imbavagliati ed incatenati come bestie, i loro lineamenti erano terrorizzanti ma i loro occhi, non dimenticherò mai i loro occhi intrinsechi di paura e dolore, lucidi come quelli di un bambino.
Scappai da quel piano e dall'intera struttura, non mi sentivo più così tanto crudele, quale scienziato poteva architettare tutto ciò?
Ma chi voglio prendere in giro, la scienza ha sempre avuto una pessima nomina, di esperimenti crudeli ne è piena la storia.
Fuggii lontano da quel posto e da quel paese, capirai che non posso rivelarti dove di preciso, ti basti sapere che era abbastanza lontano da qualsiasi centro sociale, riuscii a far perdere le mie tracce piuttosto rapidamente grazie anche alla cospicua mole di denaro che avevo a disposizione.
Mi trasferii in una baracca che adibii a confortevole villetta, posizionai il mio universo su di un tavolo come fosse uno splendido acquario riuscendo a trovare uno strano senso di turbata quiete.
La G.O.D. mi accusò pubblicamente di esser fuggito con file estremamente segreti, ovviamente non poteva rivelare la verità, che figura ci avrebbe fatto ammettendo di aver perso un microcosmo?
Divenni dunque un ricercato a tutti gli effetti, ma questo non mi preoccupava, nella piccola cittadina che avevo più vicino a nessuno importava degli scienziati fuggiaschi, questo è normale dopotutto, tu sai dirmi il vincitore del premio Nobel per la fisica di quest'anno?
Non credo.
Per due anni mi dedicai ad osservare il mio personale universo crescere di giorno in giorno, modificai di gran lunga il mio microscopio riuscendo così a scrutare meglio i vari pianeti che ormai smettevano di esser instabili.
Nel frattempo mi dedicai anche ad un progetto che mi affascinava alquanto, il teletrasporto, infatti durante il mio vagare per i gironi di quel tremendo grattacielo non potei far a meno di arraffare quei progetti che tanto m'incuriosivano, il meccanismo era piuttosto elementare, come il funzionamento, cercai di migliorarlo, sapevo che potevo farlo, con modestia devo rivelarti che il mio QI è di 199, ma questo forse lo avrai letto su varie riviste, secondo recenti studi Leonardo Da Vinci si fermava sui 205, non mi ha battuto di così tanto, dico bene?
Eppure il teletrasporto è sempre stato qualcosa d'inverosimile, da film fantascientifico, questo perché tutte le particelle di un oggetto o persona devono scomporsi per poi essere ricomposte allo stesso modo in un altro posto, qualcosa d'inimmaginabile, ma non per me, dopotutto ho creato la Particella di Dio.
La mia giornata era estenuante ma riusciva a saziare il mio cervello che diveniva ghiotto sempre più, di giorno mi dedicavo ai progetti del teletrasporto mentre di notte mi rilassavo studiando i miliardi di pianeti presenti sul mio tavolino, credevo di essere l'unico uomo ad osservare le stelle abbassando il capo.
Una sera notai un dettaglio molto particolare, i soli, le stelle ed i pianeti non erano messi in ordine casuale, affatto.
Non sono mai stato un esperto di astronomia, purtroppo non ho mai avuto abbastanza tempo per specializzarmi in ogni materia, ma un'idea mi balenava in testa continuamente, cosa c'è nel mio microuniverso nelle coordinate del vero universo?
Impiegai molti mesi, forse due o tre, aggiungendo dunque anche l'astronomia alla mia giornata ricreativa ed ogni sera speravo di trovare le giuste coordinate, è stato come cercare una graffetta nel Sahara, i punti di riferimento infatti non c'erano e sono dovuto partire da una coordinata casuale del microcosmo.
Eppure, finalmente, una calda sera di giugno gridai un esaustivo Eureka, prima che dei brividi mi gelassero completamente il sangue, nel mio miniuniverso, nelle nostre coordinate, nella stessa posizione riconobbi la via lattea, il sole, Marte, Venere e sì, anche la Terra.
Poteva essere solo una coincidenza?
Quante probabilità potevano esserci?
Forse una su dieci trilioni.
Ma era lì, sotto i miei occhi increduli, la maestosa terra blu e verde che roteava candidamente, il mio microscopio riusciva a farmi scorgere solo una piccola pallina ma quella sfera mi fece esplodere il cervello.
E' la mia Terra?
C'è della vita?
Se sì quale?
Cosa sta accadendo?
Sembra strano ma tutte queste domande non facevano altro che stimolarmi la materia grigia, per questo riuscii nel più grande intento e, permettimi, invenzione della storia dell'umanità: riuscii a teletrasportare una mela dal salone alla cucina.
Il funzionamento è simile a quello che si vede nei film, dopotutto non è stata la prima volta che degli scienziati avessero preso esempio da Hollywood, devono esserci due ricevitori, uno che scompone e l'altro che ricompone le particelle, sembra semplice ma ti assicuro che non lo è.
Ci metterei due settimane a spiegarti solamente i calcoli dietro il funzionamento del ricevitore, ma questo non c'interessa, il fulcro era: come potevo unire il teletrasporto alle domande che mi struggevano la psiche?
Se hai un buon QI dovresti esserci già arrivato da un pezzo, usare il teletrasporto per esplorare il mio mini mondo, forse una mossa rischiosa e folle, ma se ho un dubbio devo venirne a capo.
Ad ogni costo.
Ti spiego brevemente la mia idea: trasformare l'esterno della scatola universale in un ricevitore, creare uno scompositore adatto alla mia stazza ed un ennesimo scompositore ancor più grande per poter scomporre lo scompositore che scomporrà me.
Con i calcoli è tutto più chiaro, ti assicuro.
Partii da quella che credevo fosse la parte più semplice, ovvero modificare la scatola universale, ci volle mezzo anno di estenuante lavoro ma ci riuscii, almeno così ipotizzavo, non potevo saperlo prima di averlo testato.
Continuai quindi con lo scompositore in scala 1:1, lo feci poco più grande di un armadio replicando lo stesso meccanismo utilizzato con quello in miniatura, un gran lavorone considerato che dovevo farmi spedire dei costosi pezzi oltreoceano mascherando la mia identità, ogni volta era quindi un grande rischio.
Durante i miei lavori una farfalla cominciò a svolazzarmi attorno, ti chiederai cosa c'entri, giusto?
Una farfalla di poco conto non poteva interrompere i miei lavori, la feci uscire dalla finestra rimettendomi immediatamente all'opera, poco dopo un'ennesima farfalla, colorata e sensuale, venne a farmi visita, non riuscivo a capire da dove potessero entrare, ero infatti chiuso dentro la villetta, in breve tempo altre due farfalle colorarono il mio soggiorno.
Questo era un ennesimo dilemma che mi squarciò la mente per due giorni, finché, alla ventesima farfalla capii tutto, o meglio, capii da dove provenissero, dal ricevitore attaccato al microcosmo.
Queste splendide farfalle fuoriuscivano faticosamente dagli ingranaggi elettronici per poi librarsi delicatamente in aria, aprii dunque le scatole ed i carter d'alimentazione ma all'interno non vi era nulla se non cavi elettrici, nessun bruco, nessuna crisalide e soprattutto nessuna farfalla.
Eppure, una volta riattaccato l'alimentatore altre farfalle sbucarono improvvisamente, tutto ciò era impossibile e bizzarro allo stesso tempo, non c'è dubbio.
Preferii lasciare le finestre aperte accantonando quel dilemma per il momento e dedicarmi ai due scompositori quasi ultimati.
Non ci volle poco ma infine riuscii nel mio intento, le due attrezzature erano pronte all'utilizzo, cablai uno dei due armadi come ricevitore e presi molto coraggio entrando nel macchinario per testare il suo funzionamento.
Potevano andar storti un'infinità di fattori ma fortunatamente non fu così, passai dalla cucina al salone in un decimo di secondo, la sensazione che si prova è stranissima, come smettere di esistere per qualche istante, manca il respiro, poi il buio ed infine ci si sente come prima, forse meglio, come esser rinati a tutti gli effetti, mi accorsi infatti che il graffio posto sul mio dito era completamente guarito, ho modo di credere che sia un fattore di particelle che tornano allo stato originale.
Giunse poi la parte complicata, ovvero spedire un trasmettitore nella mini Terra in modo tale da poter esser trasportato lì, così dovetti elaborare un congegno di dimensioni microscopiche e millimetriche, non son mai stato portato nella microingegneria, però non ebbi altra scelta.
Ci volle molto tempo e, quando ero a pochi passi dalla realizzazione accadde l'inaspettabile, andai al pub nella cittadina più vicina al mio rifugio, lo facevo di tanto in tanto, a volte è stimolante per la mente scambiar due convenevoli e non crederai a ciò che sto per rivelarti, Richard era lì  presente.
Ti starai chiedendo quante possibilità ci fossero, vero?
Ti risparmio i calcoli, una su settecentocinquanta milioni, esattamente come il funzionamento del mio teletrasporto.
Entrambi ci guardammo come se avessimo visto un fantasma, mi diressi immediatamente verso l'uscita e, stupidamente, verso il mio alloggio.
Mossa poco intelligente da parte mia, infatti il mio ex collega mi seguì facilmente fin lì e litigammo con grande ferocia, mi rinfacciò tutto, il successo rubato e di esser stato licenziato dalla G.O.D. a causa mia, mi dispiacque molto ma non ero pronto a rivelar al mondo quella mia fiabesca creazione, come non lo ero in quel preciso momento.
Afferrò la mia fragile creatura con estrema violenza, ci fu quindi una selvaggia colluttazione che terminò con la caduta del microcosmo a terra, dal ricevitore posto su di esso fuoriuscirono almeno un milione di farfalle colorate che ci destabilizzarono, Richard scivolò all'indietro sbattendo la nuca sullo spigolo del tavolo mentre io cercai di arrancare tra i mille battiti d'ali verso la finestra.
Con grande sforzo riuscii a spalancarla liberando quell'ammasso colorato che si diresse verso il cielo scuro, il mio salone perse dunque tutto il colore, tranne uno, il rosso.
Richard era esanime a terra, dalla sua testa continuava a fuoriuscire un gran quantitativo di sangue che non accennava a scemare, probabilmente si trattava di un forte trauma cranico con emorragia interna ed esterna, non giudicarmi ma ho soccorso prima la mia piccola creatura, l'universo c'era ancora ma non potevo sapere delle sue reali condizioni prima di aver controllato dal microscopio.
Per quanto riguarda il mio ex collega la situazione non fu altrettanto rosea, smise di respirare dopo poco ed io non potei farci nulla, per la prima volta nella vita mi sentii realmente impotente.
E' un peso che mi tormenta da anni ormai, gli ho donato una degna sepoltura in giardino ed ogni giorno osservavo dalla finestra, con grande rammarico, quel bozzo sul terreno al quale la mia intelligenza non poteva rimediare, la morte è superiore a tutto.
Tornando alla mia scatola, i pianeti erano in subbuglio, alcuni distrutti ed altri colmi nuovamente di magma incandescente, quell'incidente mi aveva riportato indietro di anni e l'unica cosa che potei fare fu attendere.
Durante quel lungo periodo aggiustai il ricevitore che, stranamente, sembrava aver esaurito la sua scorta di farfalle, perfezionai anche i vari scompositori che divennero più affidabili e che almeno una volta al giorno testavo su di me, sapevo quanto fosse pericoloso ma la sensazione era fin troppo inebriante.
Una mattina, senza alcun preavviso, una splendida farfalla blu e viola svolazzò dinnanzi i miei grigi appunti catturando la mia attenzione, non sapevo perché ma ero sicuro che fosse un buon segno.
La mini terra infatti si era ristabilita completamente, il magma e le nubi avevano lasciato spazio alla flora ed ai maestosi oceani turchesi.
Finalmente giunse il grande giorno, attraverso varie equazioni riuscii a calcolare la giusta traiettoria per lanciare il mio microscopico trasmettitore sulla terra, lo scrutai attentamente mentre cadeva come un corpo celeste, una docile stella cometa proveniente da un altro universo.
Successivamente testai il funzionamento dello scompositore su di una mela che, in un batter d'occhio, scomparve sotto il mio sguardo senza lasciar alcuna traccia, speravo con tutto me stesso fosse finita in un posto confortevole, infatti la mini terra, esattamente come la nostra, è formata da due terzi d'acqua, se mi fossi rigenerato nel bel mezzo dell'oceano sarebbe stata la fine per me, i macchinari non avrebbero funzionato e sarei rimasto imprigionato lì, in balia delle onde e quindi della morte certa, eppure mi fidavo ciecamente delle mie capacità, o meglio, dei miei calcoli.
Infilai lo scompositore della mia stazza all'interno di quello ancora più grande, poi salii io, tutto era assimilabile ad una Matrioska di armadi scientifici, dove il sottoscritto era il pezzo più piccolo, tremavo come un bambino durante il suo primo giorno di scuola, le mie budella si stringevano mentre col dito incerto premevo il tasto del mio orologio.
Un solo click mi divideva dal buio, quel secondo fu il più lungo ed intenso della mia esistenza, la pressione esercitata sul mio cervello fu immisurabile, infine vidi la luce, fin troppa luce, provai l'emicrania più dolorosa di sempre mentre la vista tornava lentamente a far il suo dovere, mi trovavo nel deserto, come avevo calcolato, nessuna forma di vita nei miei pressi, solo dune, sabbia, caldo, il mio scompositore e la verde mela.
Con fatica trascinai la mia invenzione che, vorrei ricordarti, era grande come un armadio, per molti chilometri finché in lontananza intravidi una sorta di grotta, adagiai dunque il mio macchinario all'interno ricoprendolo con un grande lenzuolo che mi ero saggiamente portato dietro.
Appuntai sul mio orologio tecnologico e ad energia solare le coordinate dirigendomi poi in cerca di qualcosa che non conoscevo, forse dell'adrenalina che si prova assimilando nuove nozioni.
Camminai per vari chilometri e poi accadde ciò che speravo o forse temevo, in lontananza notai delle forme di vita, erano umani proprio come noi, ricoperti da stracci e che parlavano una strana lingua molto simile all'aramaico, non comprendevo appieno ciò che stessero dicendo ma fortunatamente non mi videro, i miei abiti non erano convenzionali al luogo così mi denudai stracciando i vestiti facendoli somigliare il più possibile a ciò che avevo visto.
In lontananza intravidi un piccolo villaggio dalle mura bianche avente un gran pozzo al centro della piazza, molte erano le persone che si trovavano lì, come molti erano gli sguardi che si posarono sulla mia pelle limpida, senza barba e sul mio zaino sportivo.
La sensazione che provai fu strana, non saprei descriverla con altre parole, semplicemente strana.
Tutti quegli occhi che avevo puntato addosso erano stati generati da me, non potevano immaginarlo nemmeno nei loro sogni più remoti, ma quell'incredula persona che vagava a passo lento non era altri che il loro creatore.
Un uomo molto vecchio mi fermò esclamando qualcosa, credo stesse cercando di vendermi la sua merce, avrei dovuto studiar di più l'aramaico al liceo, in qualche modo riuscii a rifiutare ed allontanarmi da quella piccola cittadina.
Mi ritrovai dunque nuovamente solo, il mio cervello non aveva ancora realizzato la situazione ma avevo creato delle forme di vita a mia immagine e somiglianza, tutti loro avevano delle vite, dei pensieri, dei sogni, delle paure, un amore, la famiglia e dei figli, il tutto grazie a me, grazie ad un esperimento.
Le mie emozioni erano contrastanti, non sapevo se esser felice o meno, perché non trovavo tutto ciò immorale?
Forse perché non lo era, avevo dato vita a qualcosa di così magnifico e soave, la calda brezza accarezzava i miei capelli ed il sole baciava le mie palpebre chiuse, finché un urlo non distrusse quei dolci pensieri.
Una donna mezza nuda dai capelli rossi cercava di difendersi da una coppia di uomini, fu facile per me intuire che fosse in atto uno stupro, così mi avvicinai immediatamente forse colto da un improvviso attacco di coraggio.
I due non fecero caso a me, invece la giovane ragazza non faceva altro che guardarmi coi suoi occhi colmi di dolore, non sono mai stato un tipo rissoso così cercai di aprire un dialogo con quei bruti che, con molta arroganza, mi minacciarono.
Con il mio aramaico da scuola superiore riuscii però a catturare la loro attenzione, gli dissi di essere una persona importante e potente, loro risero di buon gusto scaraventando la povera ragazza su di una roccia, successivamente s'avvicinarono minacciosamente verso di me impugnando delle sciabole, ero completamente immobilizzato dal terrore, mai avrei immaginato di potermi ritrovare in una situazione del genere, fortunatamente la tecnologia venne in mio soccorso, la sveglia del mio orologio suonò improvvisamente facendo rimbombare la "Sonata al chiaro di luna" di Beethoven pietrificando dunque i due malviventi.
Così agii d'istinto, accesi la torcia flash puntandogliela contro e gli intimai di andarsene immediatamente, i due si dileguarono frettolosamente come delle lepri in stagione di caccia, al mondo esistono solo due tipi di persone, quelle attratte dall'ignoto e quelle che ne sono terrorizzate.
Fortunatamente loro appartenevano alla seconda fazione, al contrario della ragazza dai capelli rossi che, con sguardo attonito, mi scrutava senza batter ciglio mentre dalla sua fronte colava un gran quantitativo di sangue.
Mi avvicinai afferrandole il volto per osservar meglio la ferita, la sua pelle era pallida e liscia, non pareva vivere in un deserto, dalla mia borsa estrassi dell'alcol etilico e dei cerotti, non distolse i suoi occhi verdi nemmeno un attimo da me, senza muovere un muscolo ascoltava quelle dolci note mentre si faceva curare e rivestire, credevo fosse ancora in stato di shock.
Una volta completate le operazioni accadde l'inverosimile, sempre con volto estraniato ed impassibile cercò di abbassarmi i pantaloni, a quel punto tutto mi fu chiaro, la rossa non era altri che una prostituta, a quanto pare alcuni mestieri restano invariati tra gli universi.
Rifiutai gentilmente e la donna si allontanò barcollando, non volli lasciarla andar via da sola così tentai di aprirci un dialogo, era molto malinconica e chiusa in se stessa, come biasimarla, la sua vita non sembrava facile.
Mi disse di esser senza casa e di avere un padrone, questa era una delle parole che mai avrei  voluto udire, soprattutto nel mio universo, io volevo solo la spensieratezza e libertà, ma come dicevo prima, alcune cose restano tali da universo ad universo, forse le peggiori.
Dopo molti discorsi riuscii a convincerla di scappar via insieme a me, ovviamente non potevo farla entrare nel mio universo, sarebbe stato uno shock emotivo troppo grande per lei, ma osservandola provavo delle emozioni mai avvertite in precedenza, mi sentivo in dovere di proteggerla dalle angherie che inevitabilmente avevo creato.
Così decisi di star con lei quel tanto che bastava per aiutarla a migliorar la sua vita, per dei mesi vivemmo insieme, col tempo appresi quella sorta di aramaico e la sua cupa personalità, non era di molte parole ma quelle che pronunciava restavano fisse nella mente, sceglieva con cura le frasi da regalare forse perché nient'altro era di suo dominio, nemmeno il suo corpo.
Insieme costruimmo una baracca sulle sponde di un lago non troppo grande, lei amava l'acqua, ogni giorno adorava fare lunghe nuotate nelle fresche acque per depurare il suo corpo e probabilmente la sua mente, sorrideva di buon gusto quando riemergeva dopo esser stata in apnea per vari secondi.
Ero grato nel vederla felice, finché non mi si stringeva la gola ogniqualvolta la vedevo fuoriuscire e tornare sulla terra ferma, il suo corpo era bellissimo, le sue forme paragonabili a quelle di una Dea ma deturpate dall'uomo, molteplici cicatrici scalfivano quella lucida pelle di marmo, come il suo capezzolo mancante, mi disse che molte prostitute venivano marchiate in quel modo.
Amavamo trascorrere le nottate all'aperto e devo ammettere che mi sbagliavo in precedenza, non ero l'unico ad osservar le stelle abbassando lo sguardo, lo si può fare scrutando le limpide acque di un lago, non avevo mai pensato a questa alternativa, forse perché troppo semplice, ho sempre amato le complicazioni, ma con lei niente era banale, riuscii a farmi apprezzare anche le piccole cose, come il contare dei sassi, fare passeggiate o semplicemente restar abbracciati per ore ascoltando la sveglia del mio orologio che tanto adorava.
Finalmente la mia psiche si stava riposando, aveva trovato la tanto agognata pace.
Una sera, inaspettatamente, mi baciò sulle labbra senza alcun preavviso, in quei mesi notai una certa attrazione da parte di entrambi, o almeno era ciò che credevo, durante il bacio infatti non provai eccitazione ma solamente affetto, molto affetto, in quel momento capii di vedere quella ragazza come fosse mia figlia anche se quasi mia coetanea, dopotutto era una mia creazione.
Questo fece sprofondare nuovamente nel tormento la mia mente, dovevo migliorare la vita di tutti, non solamente di una delle mie figlie, un giorno notai un bambino che si era slogato la caviglia, lo bendai e gli dissi di tornare nel caso ne avesse avuto bisogno, una semplice frase che generò conseguenze catastrofiche, il cosiddetto effetto farfalla, avrei dovuto immaginarlo, sono uno scienziato dopotutto.
Vennero nella nostra baracca vari mendicanti e persone malconce in cerca di cure, alcuni avevano leggeri mal di testa che riuscivo a curare grazie a dei semplici medicinali che mi ero portato dietro, mentre erano affetti da mali peggiori, difficili da curare anche nel nostro universo, a loro davo degli antidolorifici per fargli trascorrere con sollievo i loro ultimi giorni insieme ai loro cari, la sera piangevo, ogni sera, non mi sentivo abbastanza, non volevo veder morire i miei figli, è un dolore inimmaginabile, ai miei occhi erano sconosciuti ma li percepivo come familiari, familiari costretti a soffrire perché messi al mondo da me, una sola persona che non può badare a tutti, percepivo il peso dell'intero cosmo sulle mie gracili spalle.
Fortunatamente lei restò al mio fianco, la mia figlia prediletta si prese cura di me nei momenti peggiori, i ruoli si erano invertiti, una notte mi chiese delle spiegazioni, mi domandò dell'orologio e delle cure, fino ad allora le aveva date per scontate, non si era mai interessata ai miei strani aggeggi, ma in quel momento mi vedeva struggere a causa di essi.
Presi moto coraggio e, con il timore di terrorizzarla e perderla per sempre, le dissi la verità, ovvero che provenissi da un altro universo al di sopra delle stelle e che lei poteva esser considerata mia figlia poiché mia creazione.
Restò stupefatta ma non si spaventò, anzi il nostro legame si strinse ancor di più, ma purtroppo non eravamo soli, un malato che credevo sotto sonniferi si risvegliò proprio per udire quelle mie parole e, con occhi spalancati, scappò nell'oscurità.
Sapevo che avrebbe avuto gravi conseguenze, infatti dopo neanche due giorni una grande folla si adagiò sulle sponde del lago proprio davanti il nostro uscio, quando ci videro s'inginocchiarono immediatamente, alcuni provarono addirittura a baciarmi i piedi, urlavano il mio nome e mi chiesero di renderli ricchi e sani.
Ciò che temevo si stava realizzando fin troppo in fretta, gli dissi di non doversi inginocchiare dinnanzi a nessuno e di tornare alle loro vite, ma non vollero ascoltare, il malato aveva raccontato tutto ed anche di più, infatti credeva di esser morto e tornato in vita per merito mio.
La situazione stava sfuggendo di mano finché, delle forze dell'ordine, allarmate dalla grande calca, vennero a ristabilir l'ordine ovviamente grazie alla violenza, vennero tutti pestati a dovere, provai ad intervenire ma anche io fui soggetto alla loro brutale rabbia.
Le persone si dileguarono ma non le voci sul mio conto che al contrario crescevano, storie vere, altre inventate, altre ancora esagerate mi fecero divenire una leggenda vivente, la vita per me divenne insostenibile, anche una semplice passeggiata poteva divenir un bagno di folla e quindi di violenza.
Fortunatamente mia figlia mi amava con tutto il suo cuore e, per quasi un anno, si decise a sbrigare tutte le faccende fuori casa, ma una sera non tornò facendomi entrare nel panico, cosa potevo fare se non attendere?
Fu la nottata più lunga della mia vita, dalla finestra speravo di scorgere la sua rossa chioma fra le dune, ma così non fu, mi decisi di uscire per indagare e, come mi aspettavo, almeno una decina di persone mi accerchiarono, stavolta non per chiedermi cure ma per informarmi, qualcuno di molto potente aveva infatti catturato la mia creatura più fragile.
Il rapitore non era altri che il Re di quella città, mi recai dunque al suo cospetto, seguito da almeno una trentina di miei seguaci, ad ogni passo qualcuno si aggiungeva alla nostra camminata, come una valanga di persone che inesorabilmente rotola ingigantendosi, le guardie ci fecero passare con timore, giungemmo così dinnanzi il trono fatto di bronzo.
Seduto su di esso vi era un uomo di colore, la sua scura pelle entrava in contrasto coi luccicanti gioielli che aveva alle dita ed al collo, con rabbia mi disse che non potevo esser io il loro creatore e quindi mi giudicò come ciarlatano, perciò condannato a morte.
I miei seguaci si alterarono molto, io cercai di calmarli come tentai di aprire un dialogo col Re, chiesi di riabbracciare la mia prediletta un'ultima volta e che mi sarei successivamente consegnato di mia spontanea volontà, lui accettò e, con un semplice schiocco di dita, fece trascinare la mia piccola creatura ad un passo da me, era in catene e nuda, anche l'altro capezzolo era stato mozzato, il sangue sgorgava fino alle sue parti intime ed appena mi vide cadde in ginocchio.
Non provai mai così tanto dolore in vita mia, l'abbracciai pensando a come fosse possibile, perché i miei figli erano così crudeli?
A quale fine?
Da dove proveniva la loro innata cattiveria?
Lei mi disse di non lasciarla sola, ma non c'era altro modo, non potevo spingere i miei seguaci alla brutalità, in fondo erano tutti figli miei e dovevo esser d'esempio, non si risponde con la violenza alla violenza.
La baciai intensamente consegnandola poi nelle fide mani dei miei sostenitori, successivamente mi feci arrestare, mi sbatterono in una gelida gabbia senza acqua e cibo, il mio corpo soffriva ma la mia mente era sgombra, sapevo di aver fatto la scelta giusta.
Un paio di giorni dopo udii vari subbugli provenire dalla città, temevo fosse una ribellione in mio nome ma la situazione era ben peggiore, un invasore proveniente da oltre i confini era approdato, vidi fiamme e fumo in lontananza, brividi di angoscia si palesavano al solo pensiero dei miei figli che s'uccidevano l'un l'atro come fosse un gioco, il mio pensiero si posò poi sulla mia prediletta, speravo con tutto me stesso che i seguaci la stessero tenendo al sicuro.
Gli invasori vinsero senza troppi problemi, le loro armi erano nettamente migliori, vari soldati dalle armature dorate giunsero dinnanzi al Re, il quale non poté far altro che farsi da parte, così divenni prigioniero di un altro popolo.
Il loro Generale volle parlare con tutti i carcerati, in special modo con me, gli era infatti giunta la voce sulle mie capacità e provenienza.
Era un uomo molto intelligente e diplomatico, non mi prese fin da subito come folle, anzi s'interessò molto alle mie vicende e trovò soddisfacenti le mie risposte alle sue varie domande di natura generica.
A malincuore mi disse che il giorno dopo ci sarebbe stata comunque la mia esecuzione poiché ormai condannato, era un uomo tanto d'onore quanto malvagio, gli risposi di non avercela con lui né con nessun'altro, nessuno può realmente odiare i suoi figli, indipendentemente dalle loro azioni.
Quella fu la seconda nottata più lunga ed intensa della mia vita, le budella si contorcevano come il mio cervello, quella sarebbe stata dunque la mia fine, ucciso su di un pianeta da me creato, ma la mia preoccupazione più grande era di non poter più rivedere la mia pupilla, la creazione di cui più andavo fiero.
La fatidica mattina giunse, fui scortato su di un palco di legno da delle guardie, una grande folla mi osservava strillando a pieni polmoni, ma non ero solo, un altro uomo malridotto era al mio fianco, il Generale ci raggiunse facendo calmare le acque, a quel punto capii il suo piano, chiese al pubblico di scegliere tra me e l'altro, un finto Messia o un ladro.
A quanto pare il Generale nutriva molto rispetto in me per questo decise di compiere quel gesto e salvarmi, eppure accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, la gente pretese la mia morte, i miei stessei figli volevano vedermi soffrire e perire, tra la folla intravidi molti visi familiari, quasi tutti appartenevano alla corte del vecchio Re.
Il Generale dunque non poté far altro che ordinare la mia morte, il ladro fu lasciato libero ed io fui appeso in attesa di esser flagellato, la gente esultava come ad una partita di calcio mentre la prima lama mi trafiggeva il bacino, le mie urla erano strazianti ma niente in confronto a quegli occhi verdi che casualmente vidi annegare tra la folla, la mia piccola creazione era lì ad assistere, impotente ed in lacrime mentre un'ennesima lama mi trafiggeva il piede da parte a parte.
Il dolore più grande era però quello emotivo, i miei stessi figli mi stavano punendo, ma forse era ciò che meritavo, ho avuto l'occasione di distruggere tutto prima ancora della creazione dei pianeti ma preferii non farlo, tutto quel dolore, quella disperazione, quei sogni infranti erano stati generati da me e dal mio egoismo, degli esperimenti non possono esser felici, come non potevo io, succube della mia stessa creazione.
Altre lame infilzarono le mie mani, le stesse che avevano creato i vari ingranaggi e gli avevano donato la vita, le stesse che credevo esser piene d'amore ma che invece avevano generato solo odio.
Restai in quella posizione per svariate ore, il respiro divenne sempre più debole e difficoltoso, la mia pelle era definitivamente dipinta di rosso, come quella chioma che vidi arrancare verso di me, poi persi i sensi.
La sveglia del mio orologio mi fece sobbalzare improvvisamente, mi attese dunque un doloroso risveglio, il corpo chiedeva pietà, come la mia mente dilaniata dai sensi di colpa e commiserazione, ero avvolto in un lenzuolo che mi soffocava, con grande fatica riuscii a liberarmi rendendomi così conto della mia ubicazione.
Ero al buio in una maleodorante grotta, l'unica via d'uscita era stata sbarrata e credevo di non aver speranze, ma come avrai notato sono sempre stato fortunato, molte volte ho avuto successo quando le statistiche mi davano perdente e quell'occasione non fu d'eccezione.
Non ero infatti in una grotta casuale, l'orologio m'informava che il mio marchingegno era piuttosto vicino, all'angolo infatti notai lo scompositore ancora coperto dal telo, faticosamente gli strisciai contro, le ferite si aprivano e sporcavano sul terreno, percepivo ogni singolo sassolino e granello di sabbia che s'infilava dentro di me creando irritazioni.
Finalmente giunsi all'interno di quel macchinario che non vedevo da almeno due anni e, urlando dalla disperazione, tornai nel mio mondo.
Caddi nel salone e vomitai sul pavimento, non dovevano esser passati nemmeno due minuti dall'inizio della mia avventura, tutto era esattamente come lo avevo lasciato fatta eccezione per qualche nuova farfalla che continuava a fuoriuscire dal ricevitore, con timore toccai il mio corpo e fortunatamente il piano aveva funzionato, gli stracci, la barba ed i capelli lunghi erano rimasti tali, a differenza delle ferite che si erano completamente rimarginate.
Tirai un sospiro di sollievo che durò ben poco, un padre non può vivere senza i propri figli, la sua esistenza perde valore, eppure i miei pargoli non mi volevano, ero stato tradito e bistrattato da ciò che avevo dato alla luce, fatta eccezione per una creatura, la mia prediletta, l'unica persona che mi avesse mai amato realmente, decisi così di portarla via da quel posto orrendo e pieno di disperazione, non potevo vivere sapendola in pericolo.
Dovetti agire in fretta, ero al corrente che anche venti sul mio pianeta equivalevano ad un decennio sul suo, modificai rapidamente il funzionamento di un forno microonde invertendone il funzionamento, era da molto che non mi dilettavo in una delle mie invenzioni meccaniche e, stranamente, non ne avevo mai sentito la mancanza.
Appena finite le operazioni mi lanciai nuovamente nello scompositore e tornai in quel doloroso pianeta, collegai il microonde allo scompositore ed uscii dalla grotta che non era più sbarrata, secondo i miei calcoli dovevano esser passati dai due ai quattro giorni.
Mi diressi rapidamente verso la nostra baracca, durante il tragitto dovetti coprirmi il volto con uno straccio poiché alcuni uomini scapparono via al mio passaggio, in effetti ero un morto che camminava.
Giunto sul luogo le mie paure si avverarono, la casetta era stata completamente rasa al suolo, un cartello recitava una macabra scritta, la degna fine di un finto Messia, eppure ciò che mi terrorizzò fu ciò che vidi più avanti.
Almeno una decina di cadaveri giacevano sulle sponde del lago, li conoscevo quasi tutti, erano i miei sostenitori, poco dopo notai alcuni movimenti dietro una roccia, mi diressi immediatamente in quella direzione restando sconvolto, un paio di uomini stavano stuprando delle donne apparentemente morte, riconobbi una di esse all'istante, si trattava della mia prediletta, la sua pelle era più pallida del solito, i suoi capelli crespi e malridotti come il suo tenero corpo, incrostato di sangue e fango.
I due malviventi si rivestirono appena mi videro, i loro occhi sembravano terrorizzati, a differenza dei miei, per la prima volta colmi di risentimento e collera, accesi la torcia del mio orologio e gli ordinai con tutte le mie forze di fuggire.
Una volta che i due si dileguarono potei prendere in braccio la mia dolce e gelida figliola, il suo respiro era flebile ma presente ed i suoi occhi semiaperti persi nei miei, quanto dolore, quanto dolore avevo causato.
Iniziò dunque la mia lunga corsa verso il teletrasporto, le sue ferite si sarebbero immediatamente rimarginate ma non le restava molto tempo, ogni respiro poteva esser l'ultimo per questo non potei fare il giro lungo e desolato ma dovetti tagliare per il centro città, al mio passaggio molti correvano al riparo ed altri s'inginocchiavano, improvvisamente delle guardie dalle armature dorate mi sbarrarono la strada ordinando la mia resa, in quel preciso istante del sangue iniziò a fuoriuscire dalla bocca della mia piccola creatura, probabilmente dovuta ad un'emorragia interna che stava inesorabilmente peggiorando, così minacciai quelle guardie col mio orologio ma inspiegabilmente non si spaventarono, anzi si ripararono dietro i loro possenti scudi avanzando verso di me.
Corsi col cuore in gola per una stradina e riuscii a seminarli, i cittadini mi fissavano sbigottiti durante il mio percorso, dopotutto ero un fantasma ai loro occhi, infine notai la grotta della salvezza in fondo al viale, ma dietro di me udii delle urla, almeno cinque guardie a cavallo iniziarono a galoppare verso di me, le mie gambe non facevano altro che arrancare, la stanchezza pervadeva il mio corpo ma la disperazione riusciva a farmi andar avanti, eppure i pesanti passi dei cavalli si facevano sempre più vicini così, per la prima volta, fui io a pregare i miei figli, in lacrime gli chiesi di aiutarmi, alcuni ignorarono le mie parole ma altri cercarono di sbarrare la strada alle guardie, molti vennero falciati mentre altri riuscirono a disarcionare i miei inseguitori.
Finalmente giunsi nella grotta, posai delicatamente la mia gracile figliola nel macchinario, poi avviai il timer del microonde che avrebbe funzionato da esplosivo, ero intenzionato a non tornar mai più in quel tremendo mondo, entrai anch'io nello scompositore stringendo in una forte morsa la mia amata, sentii chiaramente i soldati scendere dai cavalli e dirigersi verso l'entrata, poco prima dello scadere del tempo del timer, e quindi dell'esplosione, attivai il teletrasporto.
Finalmente eravamo salvi ma qualcosa andò oltre i miei calcoli, lei infatti non era con me, ero solo, restai in ginocchio pietrificato come una statua greca mentre con gli occhi tremanti fissavo alcune farfalle cercare di uscir dalla finestra, il mio cervello cadde nell'oblio dei ragionamenti, cosa poteva esser andato storto?
Non avevo mai sbagliato i miei calcoli, cosa avevo ignorato?
Quale fattore?
Quale equazione?
Quale riporto?
In quel momento la sinfonia di Beethoven risuonò dal mio orologio e successivamente percepii un delicato solletico provenire dalla mia mano destra, l'aprii con estrema tensione e ciò che vidi arrestò i miei pensieri, nulla in quasi quarant'anni di vita era riuscito ad azzittire la mia mente, ma una farfalla di uno splendido rosso era posata sul mio palmo prima di librarsi delicatamente in volo come per danzare sotto quelle suggestive note.
Era lei, avrei riconosciuto quelle sfumature di rosso ed arancione anche in mezzo allo spazio, percepivo la sua presenza ed il suo odore quando passava vicino al mio volto, iniziò poi delicatamente a picchiettare contro la finestra mentre la luce lunare la illuminava completamente, tremando feci il gesto più doloroso della mia vita, aprii la finestra lasciandola andar via, la persona, o meglio, l'essenza che più avessi amato nella mia vita volava armoniosamente verso il corpo celeste che sempre l'aveva attratta, con i miei occhi lucidi l'osservai finché potei, poi caddi in un lungo sonno.
Il mio risveglio fu triste e desolato, vi erano altre farfalle, ma non lei, la mia adorata figlia era finalmente libera come meritava, mi feci una lunga doccia, erano passati anni dall'ultima ma il mio riflesso allo specchio fece tornare il mio cervello in subbuglio, quei capelli lunghi, la barba incolta, gli occhi intrinsechi di tristezza, avevo un viso familiare ma non mi riconoscevo, come un dejavù persistente che mi schiacciava la materia grigia, finché non capii tutto.
Feci delle ricerche su internet solo per aver conferme, il mio cervello c'era già arrivato ma la mia ragione non voleva ammetterlo, come poteva?
Scrutai quell'uomo che tanto mi turbava da bambino e rividi i miei occhi nei suoi, il suo dolore, la compassione, i sensi di colpa, l'espressione, io sono Gesù Cristo, riconobbi poi la mia amata figlia nel volto di Maria Maddalena.
Sentii come una scarica elettrica trafiggermi il cervello, quello era sicuramente il mio overdose, questo significava che il mondo, anzi l'universo, da me creato era il nostro, io avevo dato origine al Big Bang quando il Big Bang era già esistito, questo significa che viviamo in un universo predeterminato dove ogni azione è già accaduta od è in procinto di accadere, il libero arbitrio non esiste in quanto il destino è già stato scritto, viviamo in un loop temporale generato da me.
Quel grande dipinto che avevo creato ora aveva un altro significato, dalla mia scatola è possibile scorgere il passato e più avanti anche il futuro, la Bibbia è un racconto esagerato delle mie gesta, la stella cometa era il mio microdispositivo, i miracoli  dovuti a dei medicinali, l'incidente con Richard non era altri che l'estinzione dei dinosauri e le farfalle, le farfalle possono esser ricondotte nelle persone morte o trascinate da un cosmo all'altro, le farfalle sono le anime, era tutto da sempre sotto i miei occhi, come avevo fatto a non capirlo?
Forse era troppo per la mente di un semplice uomo, ma io sono un semplice uomo?
Ho creato tutto ciò che conosci e hai visto, ho generato le tue emozioni ed i tuoi sogni, in fin dei conti ho dato vita perfino a me stesso.
Ritornando alla domande che ti feci inizialmente, può l'onnipotente Dio creare un masso talmente pesante da non poter esser alzato nemmeno da lui?
La risposta è semplice, può perché non è onnipotente, Dio non è altri che un uomo tormentato dalla conoscenza, ed è per questo che ti sto inviando questa registrazione.
Il mio cervello non si acquieterà finché non avrò ottenuto tutte le risposte, so che questa sarà la mia fine ma non posso vivere con il dubbio, dovresti averlo capito, la mia ultima domanda è la seguente, se le anime delle persone decedute nel microcosmo finiscono nella nostra linea temporale, dove finiscono le nostre?
Dove finirai quando morirai tu, o io?
Nel loro cosmo o in un altro?
Magari in un universo parallelo, riusciresti a vivere con questo dubbio?
Non io, per questo ho deciso di compiere l'ultimo gesto folle, ho distrutto i miei appunti, l'umanità non è pronta per questa tecnologia, ho messo la scatola universale al sicuro, spero che la fortuna sia dalla mia anche quest'ultima volta, ho invertito il funzionamento dello scompositore il quale, secondo i miei calcoli, dovrebbe portarmi in un livello successivo o precedente, il tempo è assimilabile ad una scatola chiusa in una scatola a sua volta chiusa in una scatola, ed in ogni scatola l'unità di tempo varia, non so cosa mi accadrà, non so se esisterò ancora, ma una cosa è certa, ho dato vita ad un masso miliardi di volte più grande di me e ho voluto spedire a te quest'audiocassetta, sta a te decidere se rivelare al mondo questo segreto o portarlo nella tomba.
Pensaci abbondantemente poiché ti ho rivelato il segreto più importante dell'intero universo, io sono, o forse ero,  il tuo Dio.
















Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 08, 2018 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

How an Angel DiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora