CAPITOLO 1 - IRAMA

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Lui era appena sceso dal palco e già era un po' ubriaco. Si vedeva dal suo sorriso vacillante, da come si fermava a parlare con tutti, girovagando senza una vera meta. Non che in discoteca se ne debba avere una.
Tempo prima un'amica mi aveva fatto ascoltare una sua canzone e mi era piaciuta così tanto che ci avevo montato sopra una coreografia. Ballare sulla sua voce era stato emozionante, esattamente come lo sarebbe potuto essere la performance che aveva appena fatto: la canzone era sempre quella, ma la gente aveva cantato - urlato, a dire il vero - insieme a lui, fino a coprire le sue parole.
Sinceramente, però, nemmeno io ero proprio nel pieno delle mie facoltà mentali. Stavo ballando al fianco delle mie amiche - e loro si che erano ubriache fradice - scuotendo la testa e facendo ondeggiare i fianchi a più non posso.
Quella sera volevo lasciarmi andare, buttarmi alle spalle tutti i pianti degli ultimi mesi e non tornare in albergo finché non avessi visto l'alba sorgere sul mare. Stavo implodendo, e volevo farlo a ritmo di musica. Solo che fu un ritmo decisamente inaspettato.
In un certo momento, sentii delle mani scivolarmi leggere sui fianchi, accompagnando il mio bacino nei movimenti, e mi irrigidii un po', sorpresa. Comunque, posai le mie mani su quelle dello sconosciuto e, dopo averle accarezzate per una frazione di secondo, le spostai, voltandomi.
Ciò che mi sorprese subito di lui furono gli occhi. Ma non per il colore, come mi sarei aspettata: le pupille erano dilatate per la penombra del locale e avevano quasi completamente inghiottito l'iride, facendolo sembrare strano, assente. Le labbra sottili, ma non troppo, erano piegate in un sorriso sghembo che invece assicurava che lui c'era, eccome. Rimasi immobile per un attimo, giusto il tempo di condividere un respiro che sapeva di fumo, poi feci un passo indietro.
"Che diavolo hai intenzione di fare?" La mia voce era quasi completamente coperta dalla musica; lui sorrise un po' di più.
"Ballare."
Non sapevo se era così per colpa dell'alcol o se aveva quell'irritante faccia tosta per natura, ma la sfrontatezza mi piaceva fino a un certo punto.
"Vai a farlo lontano da me, allora. Torna da quelle troiette viziate su cui ti sei strusciato fino ad ora. Io con i montati come te non ci ballo nemmeno dipinta."
Lui rimase immobile a fissarmi: il suo volto adesso era allo stesso tempo inespressivo e caotico, come una tela su cui erano stati schizzati fin troppi colori, tanto da non riuscire più a distinguerne uno da un altro.
"Non sono venuto qui per farmi dire che mi manca la morale." Ribatté a bassa voce, tanto che per capirlo dovetti fare affidamento soltanto sul movimento delle sue labbra.
"Io dico solo ciò che vedo."
"Ti posso assicurare che non hai visto niente di me."
Quelle parole, così aspre, trasudavano dolore: erano come una crepa profonda su una facciata che prima presentava solamente difetti superficiali. Incrociai il suo sguardo di sfuggita mentre mi passava accanto, stavolta senza nemmeno sfiorarmi. Pensai che avesse sofferto tanto, e non lo dico per fare la filosofa: semplicemente, qualcosa nel suo atteggiamento rispecchiava alla perfezione il mio.
Non so con quale coraggio, ma mi voltai di scatto e afferrai il braccio di Irama, proprio sopra le spire nere del serpente che aveva tatuato sulla pelle.
"Io non so quello che c'è dietro, forse. Ma ti assicuro che il muro che ti sei costruito intorno è più che evidente."
E con questo, mi allontanai definitivamente da lui, andando a cercare da bere.

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-Reddplume

Una storia senza una trama. [IRAMA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora