Prologo

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La musica a palla rimbombava nella sua testa.

La situazione stava davvero diventando pensante: un ritmo solo che si ripeteva infinitamente non lasciando spazio nemmeno ad uno strumento in più, assordando la sala. Le luci psichedeliche si accendevano e si spegnevano a velocità, gli occhi di Sonia non riuscivano a seguirle. Ma questo agli altri non sembrava importare.

Stavano lì, appiccicati come sardine, ondeggiando gli uni affianco agli altri, ignorando il caldo e la puzza di sudore della sala.

Dentro di sé Sonia li invidiava: anche lei avrebbe voluto gettarsi nella mischia, strusciare il corpo contro quello di qualche sconosciuto e lasciarsi andare alla musica techno. Ma davvero le orecchie le ronzavano.



Era il 16 dicembre e quel giorno la sua migliore amica compiva diciotto anni. E si sa, o almeno Sonia lo sapeva: i diciotto anni sono importanti, si devono festeggiare.

Anche in grande.

Con Sara aveva progettato quel giorno per mesi, dal vestito alle portate da servire, la discoteca, l'alcool, tutto per rendere più bello e interessante quella serata.

Dopo aver deciso tutto il necessario, come era giusto da migliore amica che era, si era dedicata un po' a se stessa e al suo outfit. Non che le piacesse dedicarsi a queste cose ma di tanto in tanto si concedeva di staccare prima dallo studio e curare il suo aspetto, del resto non sarebbe potuta andare al compleanno col monociglio.

Aveva indossato un abitino rosso e nero, dei tacchi non troppo alti e applicato un velo di trucco.

Quella sera, come ogni sera prima di andare ad una festa, mentre si vestiva con cura e si pettinava i capelli, cercando di domarli, una strana sensazione aveva invaso il suo petto. Come se qualcosa di acre e doloroso l'avesse trafitta, un pensiero che l'assillava ogni giorno da due anni a quella parte. Lui l'avrebbe notata? Avrebbe notato la cura che metteva nell'acconciarsi i capelli? Avrebbe notato la scollatura un po' più profonda, gli occhi truccati e la postura austera? In realtà sapeva che no, non l'avrebbe notata. Ormai provava a farsi notare da troppo tempo ma senza successo.

Il cellulare squillò ridestandola da quei pensieri: era il segnale. Prese il suo fido cappotto, che l'accompagnava per ogni festa, scese le scale di casa cercando di non cadere e si infilò nella macchina piccola e stretta di Fabio. "Wow!" esclamò lui gettandole un'occhiata "sembri la star della serata"

Sonia gli rivolse un piccolo sorriso soddisfatto, almeno c'era qualcuno che le dava giustizia. Poco importava se non era lui. "Nemmeno tu sei tanto male"

Fabio era un suo carissimo amico; aveva fatto la sua conoscenza alle scuole medie e avevano mantenuto i rapporti per tutto il liceo. Era uno dei pochi ragazzi della sua età che si presentava come un normale essere umano senza troppo testosterone e poca dose di stronzaggine. Sospettava fosse gay.

"Non pensi mai di tagliarti questi capelli?" avevo sempre trovato i suoi capelli ricci e lunghi troppo lunghi per la sua altezza. "Sembri un tappo"

Sorrise, lo sguardo fisso sulla strada, la mano cambia velocemente la marcia "Non mi lasciare solo, sta sera. Nemmeno per un secondo, sei l'unica persona che conosco oltre a Sara"

I patti erano chiari: lui la deliziava della sua presenza soltanto se non lo avesse lasciato mai solo.

Quando arrivarono la villa si presentò  lussuosa e magnifica, ma anche solitaria e troppo buia per i suoi gusti. Era situata nei meandri del suo paesino di provincia, oltre la collina che li separava dal paese più vicino, troneggiava solitaria nelle campagne che la circondavano.

All'entrata ad aspettarli c'era lui, seduto sulla panchina di pietra, le gambe accavallate e lo sguardo fermo su Rebecca, la sua nuova amica del cuore.

Un bacio perdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora