C'era quella felicità di fondo, che pensava nessuno potesse intaccare, perché celata nei meandri del suo essere. A volte, nei momenti più impensabili o quando era sotto stress, ci ripensava ed i ricordi gli davano coraggio. Quelli, assieme alla consapevolezza che quella storia sarebbe andata avanti, che si sarebbero rivisti, prima o poi, lontano dagli occhi della gente ed allora avrebbe potuto riabbracciarlo. Viveva per momenti come quelli.
Eppure, a volte qualcuno riusciva a far crollare il muro delle sue certezze ed a scavalcarlo, radendo al suolo il giardino di fiori in cui passeggiava ogni volta che pensava a lui. Era come se cercassero di rubargli in tutti i modi il buonumore, come se volessero staccarglielo via direttamente dai palmi delle mani, mentre lo stringeva ancora a sé.
Di solito, riusciva a far prevalere il suo lato allegro, ma c'erano dei periodi di buio in cui veniva sopraffatto dal lato malinconico e non c'era modo di uscirne fuori molto in fretta.
Guardò le onde del mare che scrosciavano verso la riva, ascoltando il rumore che producevano ed assaporando il profumo che gli era mancato tanto. Portava sempre nel cuore la Puglia, non importava quanto lontano la vita potesse condurlo, il mare che c'era lì gli rimaneva sempre e comunque impresso dentro. Però, in un angolo del muscolo cardiaco, dietro alcune pieghe che si incartavano proprio come quelle onde, c'era inciso, come scolpito nella pietra, il nome di una persona.
<< Ehi, che stai facendo? >> chiese Fabrizio, arrivando dietro di lui con le mani sprofondate nelle tasche dei jeans strappati.
Ermal sospirò, stringendosi nelle spalle, le braccia avvolte attorno alle gambe, le ginocchia sotto il mento.
<< Guardo il mare. >>
E gli avrebbe chiesto di portarlo via, se avesse potuto.
Fabrizio prese posto accanto a lui, i piedi nudi affondati nella sabbia. Rimase in silenzio accanto a lui, mentre il vento gli accarezzava i capelli. Ermal evitò di guardarlo, altrimenti gli sarebbe saltato un battito e gli si sarebbe formato un nodo in gola, che non gli avrebbe più permesso di respirare.
<< A cosa stai pensando? >> domandò Fabrizio.
Non riusciva ad ascoltare il silenzio, perché fra di loro era assordante. Sentiva un bisogno quasi fisico di ascoltare la voce di Ermal nelle orecchie, di farlo più che poteva, perché ci sarebbero stati giorni in cui non avrebbe potuto chiamarlo e voleva ricordarsi il suo tono, il suo timbro, il suo sorriso nelle parole.
Ermal si mordicchiò il labbro inferiore, scuotendo la testa.
<< A niente in particolare. >> rispose e la sua voce arrivò a Fabrizio come un sussurro, trasportata dal vento.
<< Ermal... >>
<< Il sole di Milano non è lo stesso. >> replicò, interrompendolo. Non aveva voglia di sentirsi dire che sarebbero dovuti partire la mattina dopo, che dovevano godersi quell'unico giorno, quei piccoli attimi frammentati, perché erano tutto ciò che avevano.
<< Ah, no? >> chiese Fabrizio, dandogli corda.
<< No. >> replicò Ermal, deglutendo, facendo perno sui palmi delle mani per tenersi seduto, facendo scivolare le gambe lungo la sabbia. << A Milano è un po' più freddo e meno abbagliante. >>
Fabrizio sorrise, scompigliandogli i capelli con una mano, come se fosse suo figlio. Per un secondo, fu come se un amo lo avesse artigliato per il petto: cosa diavolo stava facendo? Lui aveva una famiglia, due figli, eppure ora si trovava in Puglia con qualcuno che per lui significava molto, forse troppo.
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Il giorno mancante
FanfictionErmal e Fabrizio si ritrovano ogni anno al mare, durante un giorno che non esiste. Cosa succederà stavolta fra di loro?