"Io penso che, alla fine, tutta la vita non sia altro che un atto di separazione, ma la cosa che crea più dolore è non prendersi un momento per un giusto addio."
-La vita di Pi
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V
Dire addio è un atto di puro egoismo, un egoismo triste. Eppure in quella parola di cinque lettere risiede anche tanto coraggio, forza d'animo e bene verso sé stessi. È paradossale la contraddizione vivente che quel termine rappresenta.Tante volte è più comodo usare arrivederci: lascia uno spiraglio di luce più ampio, un margine d'errore più accettabile, un ripensamento meno giudicabile. Ma non ha senso rifugiarsi dietro una parola se si è coscienti che, in fondo, quel passo indietro non lo si farà mai.
E allora, per quanto triste, doloroso e lacerante l'addio possa essere, è bene affrontarlo, consapevoli che sarà un'immensa salita da soli, senza nessuno a sorreggerti, senza alcuna certezza e non priva di giudizi affrettati.
Negli ultimi mesi ho pensato e ripensato a tutte le conseguenze che la mia decisione avrebbe comportato. Ho pensato in primo luogo alla delusione che avrei dato a tanti, a me in primis, ma l'ho messa da parte quando ho pensato che la paura di sbagliare ci frena nel corso della nostra già breve esistenza. Ho pensato al fatto che chiunque invidierebbe la mia posizione, la mia vita, i miei successi; ma ho anche pensato che nessuno ha vissuto assieme a me questa grande avventura e che, per quanto invidiabile, la mia vita negli ultimi anni è stata tutto fuorché perfetta.
Le mie mani tremano, come spesso accade quando sono molto emozionata, e mi viene in mente il giorno del matrimonio di mio padre, del tremore che mi distinse mentre, in lacrime, leggevo la lettera d'amore più bella che abbia mai scritto. Sbatto le palpebre e socchiudo gli occhi, accecata dalle luci che ho di fronte, alcune fisse su di me e altre che si alternano qua e là per la sala. Lancio uno sguardo alla mia sinistra dove Kelsey mi guarda, dandomi un sorriso di circostanza ma che apprezzo e mi aiuta a schiarire la gola prima di parlare.
Sistemo il microfono e mentre lo faccio, improvvisamente, i fogli che ho tra le mani, pieni di parole che vorrei dire, sembrano vuoti, bianchi, intonsi. Ho dimenticato ogni singola parola che ho scritto e, stranamente, non mi sento persa. Scuoto la testa con un sorriso sulle labbra e penso che c'era da aspettarmelo, perché ogni volta che preparo dei discorsi nella mia vita fisico per dimenticarli e reinventarli di getto. Non mi dispiace, sono brava a parlare, a girare i discorsi come voglio; me lo dicevano sempre quanto frequentavo il liceo, quando alle interrogazioni non sapevo la risposta, ma riuscivo con successo a portare il discorso dalla mia parte.
Sistemo la giacca che indosso, che non ha bisogno di essere sistemata, perfettamente profumata e stirata, e appoggio le mani sul piccolo leggio che ho di fronte. Ho tanti sguardi addosso, ma non mi preoccupa; mi è sempre piaciuto farmi guardare, ascoltare, mettermi al centro delle situazioni ed ora, per non si sa quale ironia della sorte, sto fuggendo da tutto questo. So che domani non sarà finita, nemmeno fra una settimana o fra un mese, probabilmente, ma per adesso andrà bene così.
Quando inizio a parlare, il leggero vociare che si era acceso nella sala si spegne. Un silenzio curioso e assordante accoglie il mio discorso, che per quanto intavolato sul momento risente di quelle costruzioni obbligatorie, di ringraziamenti, di scuse. Poco male, penso. Non mi dà fastidio ringraziare qualcuno e, ai diretti interessati, fa solo piacere. Man mano che proseguo la mia concentrazione scema e finisco per dimenticare del luogo in cui sono, del contegno che dovrei avere e delle lacrime che adesso scorrono sul mio viso. Lacrime che non mi aspetto, ma che dopotutto sono giustificate. Io e le lacrime che strano rapporto abbiamo: sfuggono dai miei occhi nei momenti più strani e mai nelle occasioni in cui dovrebbero. Sono fredda per tutti, nei momenti in cui le lacrime proprio non accennano ad uscire e sono strana quando copiose non si arrestano. Non le asciugo, perché risulterebbero più visibili e provocherei pena in chi mi sta guardando ora. Nessuno ha provato pena per me quando ho comunicato la mia decisione: mia madre era sconvolta, perlopiù, ma come sempre ha appoggiato silenziosamente le mie scelte; nei suoi occhi ho letto l'incertezza e la paura, ma non mi hanno turbata. Mi ha abbracciata, violando quel patto silenzioso che ci vuole restie nei confronti di certe dimostrazioni.
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Elicito•[H.S]
Fiksi PenggemarContra miglior voler voler mal pugna. (Dante Alighieri) La vita che tutti invidiano. Il successo a cui tutti ambiscono. La persona che tutti vogliono che tu sia. Eppure tu chiudi. Fuggi. Vai lontano. Ciò che non vuoi. Ciò che non ti aspetti. Ciò che...