capitolo 5

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"È stata una festa fantastica, William Davis ha una casa fantastica, lui è fantastico"
"Esistono dei sinonimi, come: strabiliante, magnifico, meraviglioso..."
"Credimi è stato semplicemente F-A-N-T-A-S-T-I-C-O"
I corridoi e la mensa brulicano di ragazzi che non fanno altro che parlare di quanto sia stata fantastica la festa di William.
Oggi è il grande giorno e scopriremo il vincitore di questa assurda scommessa.
"Sembri tesissima, paura di perdere?"
"Oh piccolo Dawson Leery proprio a te stavo pensando"
"Ah si ragazzina?!" risponde con il viso contratto e sottolineando l'ultima parola.
"Allora Willy mettiamo carte in tavola o devi aspettare qualcuno?"
"Eh no cara Cassandra Jackson..."
"Che c'è hai paura di essere sconfitto?" si intromette Jenna che finora mi stava accanto senza proferire una parola.
"No, ha bisogno del pubblico, è la gioia di ogni giocatore"
"Ben detto Adam! È la gioia di ogni giocatore e non c'è cosa più bella che sentire un gruppo di tifosi acclamare il tuo nome"
"Beh, caro William Davis" mi rivolgo verso di lui con lo stesso tono di scherno: " la fama ti precede. La tua festa è stata, aspetta com'è che dicono tutti?!"
"Fantastica!" risponde Jenna alzando il tono di una ottava e strillando come un'oca.
"Si lo so bene, ero presente anche io quel finesettimana"
"Lo spirito da buffone di corte non lo perdi mai, vedo"
"Uh guarda! Arriva il nostro pubblico" esclama tutto eccitato fissando i suoi occhi verdi nei miei con aria di sfida.
Si avvicina al centro della stanza e col solo gesto di alzare la mano improvvisamente tutti si zittiscono. Rimane solo un brusio di bisbigli che poco a poco scompare.
Questo ragazzo ha davvero una grande influenza sulla gente che gli sta intorno.
"Cassandra.." sussurra verso la mia direzione.
Mi perdo un attimo in quel sussurro, facendo riecheggiare quel nome nelle mie orecchie e poi senza nemmeno rendermene conto mi ritrovo accanto a lui accerchiata da un'altra cinquantina di ragazzi.
"Bene!" inizia lui senza rivolgersi verso qualcuno in particolare
"Questo è l'ultimo giorno della nostra scommessa, quindi, adesso scopriremo il vincitore."
Inizio a sistemare, su un tavolo, i miei fogli colmi di firme che somigliano a scarabocchi blu e neri. William al contrario tira fuori dal suo zaino una cartellina gialla.
"Il mio numero è settecento " asserisce con spavalderia.
I miei occhi sono ridotti a due fessure e a denti stretti pronuncio una sola parola: " Congratulazioni..."
Giro i tacchi e faccio scivolare i pochi fogli che tenevo ancora in mano sul tavolo, i ragazzi alla mia destra aprono un corridoio per farmi passare e stizzita corro via a passo veloce.
Uscita dalla mensa mi fiondo direttamente verso la biblioteca.
Rallento il passo e mi fermo a pensare che come al solito sono scappata senza lottare, senza una ragione vera e propria e senza spiegare niente a nessuno.
Rallento i miei passi fino a strisciare completamente le suole sul pavimento e a poco a poco mi ritrovo ferma e sola in un corridoio dalle pareti gelide e da mattonelle grigie ancor più tristi.
Mi accascio con la schiena al muro facendo scivolare lo zaino alla mia destra.
" Solo cinquanta nomi ''
Ho perso questa stupida competizione solo per cinquanta firme. Che numero insignificante.
" Cinquanta. Che parola brutta!"
" Cinquanta, cinquanta, cinquanta, cinquan..." ripeto in modo discendente, finché le lettere non muoiono nella mia bocca, finché la mia lingua non si intreccia.
A qualche corridoio di distanza si sentono cori. Non distinguo le parole, ma sembra di stare allo stadio con un orda di gente che acclama e fa il tifo.
" Cassie?!"
Giro lentamente la testa, ma in realtà mi volto verso quel suono con tutto il corpo.
" Jackson, perché sei fuggita via così?!"
" andiamo Johnson, al massimo sono scappata come una pazza furiosa.  Chi è che dice fuggire ancora in questo secolo''
''Sai che erano solo cinqua..."
'' non ti azzardare a pronunciare quel numero!" Mi alzo tutta furiosa e in preda all' ira ricomincio a correre via.
'' Cassie, non fuggire via!''
Con una risata amara mi blocco sul posto e sento i passi di Adam raggiungermi.
"A quale pro?! non sono in grado di affrontare la realtà così come è..''
Sento Adam dietro di me scoppiare a ridere.
'' Jackson, ma era una stupida scommessa, basta con l' autocommiserazione! Non è la fine del mondo ''
'' Non mi importa, non voglio finire col fare la servetta di William Davis''
'' Si, come se... anche se fosse, tu ti piegheresti a fargli da servetta?!''
" No! Certo che no"
'' come pensavo..'' lentamente si allontana e torna a sedersi dove stavamo poco prima.
Di riflesso lo seguo e mi accosto al muro incrociando le gambe, ma senza l' intenzione di sedermi. Guardo Adam dall' alto e non so cosa dire, non so nemmeno perché lui ci provi così tanto ad aiutarmi.
'' Cassie?!''
''Mmh''
''Perché sei scappata in quel modo? Cosa ti spaventa realmente?''
Non so proprio perché dovrei cominciare ad intraprendere questa discussione ed è forse per questo che dalla mia bocca non esce nemmeno un suono o un sospiro.
'' Mi dovrai rispondere. Hai detto che non ti senti in grado dì affrontare la realtà'' inizia a ragionare senza preoccuparsi se io gli stia dando retta.
''A me, però, sembra che tu nemmeno ci provi. Non ti metti in gioco, qualcosa ti frena a tal punto che per te è subito una battaglia persa''
Non ho voglia di riflettere su queste parole. Non penso di aver bisogno di uno psicoanalista adesso, ma più che altro di un amico.
La mia schiena scivola lentamente lungo la parete fino ad arrivare a sedermi a peso morto di fianco a lui.
Odio il fatto che una persona che non mi ha mai conosciuta realmente riesca invece a capire ogni singola mia fattezza da solo alcuni comportamenti.
Poggio la testa sulla sua spalla e poi lui, di riflesso, si accosta con il mento sulla mia testa.
'' Devi imparare a lottare Cassie, puoi diventare una piccola grande guerriera. Non tutte le vittorie si raggiungono in squadra''
Beh come dare torto alle sue ultime parole?! Ho sempre ripetuto di non aver bisogno di nessuno tanto che è diventata una realtà. Aver bisogno solo di se stessi! E intanto poi ci si riduce in queste condizioni, buttati giù da ogni singolo colpo e straziersi per le più piccole stupidaggini.
Una lacrimuccia fa capolino sulla mie guance, ma la fermo istintivamente con il pollice.
Non ha senso iniziare a lacrimare per una sconfitta, non vale la pena dimostrarsi deboli adesso. A quanto pare la figura della vigliacca l'ho già fatta, soltanto fuggendo via.
" Cosa ci fai qui Johnson?" Non pronuncio queste parole con cattiveria, ma non capisco perché ci sia lui e non Jenna al mio fianco.
" Vorrei fare parte della tua squadra. Non vuol dire che tu debba affrontare ogni ostacolo da sola."
" Anche se ti dessi una possibilità. Anche se accettassi di farti entrare nella mia vita. Chi potrà garantirmi che sia la scelta giusta?"
Tutti quei discorsi sul far luce in me stessa. Le parole di Adam che cercano uno modo per scalfire la mia corazza. Riecheggia tutta nella mia testa e suoni e ricordi producono un tale frastuono da impedirmi di pensare lucidamente.
Sono in collera, amareggiata per quanto è successo, ma non voglio trascinare altre persone nella mia paranoia. Eppure Adam è ancora al mio fianco.
Ha la fronte corrucciata, si morde le labbra e le dita si muovono frettolosamente picchiettando sulle sue gambe.
" Scusami, non volevo scaricare le mie angosce su di te. So che cerchi di aiutarmi, ma credimi, Johnson, non sono poi così fragile."
Non posso aspettare che lui ribatta, non ho intenzione di continuare a crogiolarmi nelle mie sconfitte. Perciò afferro il mio zaino e mi rimetto in piedi.
" Ora, se permetti, vado pagare pegno. Sento già la voce di William Davis che reclama il suo premio."
Con un sorriso amaro gli do le spalle e ripercorro il corridoio nella direzione opposta, stavolta senza correre.
"Solo, non fare cazzate Jackson!"
Quelle parole mi animano ancora di più e a passo deciso e testa alta mi dirigo verso i cori da stadio.
Il cortile è affollato dagli studenti. Sembra che manchi soltanto io all’ appello. Infatti, appena faccio la mia comparsa nel cortile, tutti si volgono nella mia direzione iniziando a spettegolare sottovoce. Nemmeno nei meandri più oscuri della mia mente avrei mai pensato di trovarmi al centro di una situazione così assurdamente imbarazzante. Istintivamente controllo di avere tutti i vestiti addosso e che i miei capelli non siano scompigliati. Le mie converse mi sembrano tanto logore in questo momento e i lacci troppo sbiaditi.
Mi sistemo per bene lo zaino sulle spalle e, facendomi coraggio, mi incamminiamo verso quell’intenso sguardo verde smeraldo.
William, a differenza mia, non sembra avere un solo capello fuori posto. È pacato, tranquillo in ogni suo atteggiamento, quasi come se non gli importasse nulla della propria vittoria.
“Cassie non lo fare, una soluzione la possiamo trovare” Jenna è di fronte a me mentre pronuncia queste parole. Negli occhi il terrore, sembra sconsolata.
“Jenna non ti preoccupare” cerco di rassicurare la mia amica spostandola dolcemente di lato.
Sono ormai faccia a faccia davanti a William. Devo ammettere che le mie sensazioni oscillano tra la sfacciataggine e la fragilità in un lasso di tempo impercettibile.
“Cassandra!” Esclama con sguardo sornione.
“William” replico a mia volta e noto con stupore che la mia voce è ferma, non vacilla.
Mi scruta. In questo momento mi sento come la preda ambita dal cacciatore e ormai quest ultimo mi ha in pugno.
“Stavo ragionando sulla piccola pena che dovrai scontare” e inizia a ruotarmi intorno come se avesse paura che io possa scappare via.
“Beh penso ti sia giunta voce che sto cercando di cambiare. Lucifero sarà anche affascinante, ma rimane pur sempre un angelo caduto”
“Io ti avrei paragonato più a un insetto fastidioso, uno di quelli che non riesci a schiacciare perché ti fa troppo ribrezzo”
“Non mi sfidare ragazzina! Voglio essere clemente stavolta, ma me lo devi permettere”
Il suo tono è sprezzante, altezzoso e saccente. È un ragazzo così carino, ma tanto odioso. Quel volto angelico nasconde una realtà fatta di demoni.
“sono giunto alla conclusione che pagherai un piccolo ed insignificante pegno. Spero tu abbia un bel vestito”
“William, piccolo Willy vai dritto al dunque. Sai il tuo pubblico sembra in subbuglio e detto fra noi” mi avvicino maggiormente al suo orecchio per sussurrare le mie ultime parole “ questa attesa mi uccide”
È così alto che mi ritrovo in punta di piedi e anche quando lui si allontana rimando sulle mezze punte imbambolata.
Non appena pronuncia il suo verdetto, però, mi ricompongo e rimango ad ascoltare ciò che ha da dire.
“Una semplice cena. Dovrai accettare di trascorrere una serata insieme al sottoscritto”
Non ho il coraggio di rispondere, nessuna battutina stavolta. Semplicemente mi ritrovo ad annuire e come se nulla fosse ripercorro i miei passi verso la porta di ingresso.
“Mi raccomando indossa un bel vestitino. Uno di quelli che possa valorizzare il tuo fisico”
Non mi sono fermata nemmeno stavolta, ma dalla testa ai piedi sento un brivido percorrermi tutta.
Sulla soglia ritrovo Adam a braccia incrociate. Sta scuotendo la testa e con amarezza guarda prima William e poi me.
Sì da una leggera spinto per rimettersi in equilibrio e, prima che io possa raggiungerlo, scompare nel corridoio.
“Cassie! Cassie fermati” Jenna mi raggiunge correndomi incontro.
“Non è andata male tutto sommato” niente questa volta non ci credo nemmeno io e la mia amica sembra ancora atterrita al solo pensiero.
“Dovevo passare a prenderti quella mattina”
“Jenna ma che dici? Non è colpa tua” rido agitandomi un po’.
“Sei nei guai adesso Cassie” dice con tono serio.
“si hai ragione” ma lo dico con tono più tranquillo. Jenna non sembra convinta e sente che qualcosa non va, lei avrebbe voluto sistemare tutta la faccenda a modo proprio.
Cerco di sdrammatizzare e prendendola sottobraccio asserisco ironicamente: “ dove lo trovo un bel vestito da indossare?!”
“E che per giunta valorizzi il tuo corpo” continua lei imperterrita, strappandomi una risata.
Questi attimi di ilarità, però, sono spezzati dalla voce inconfondibile di quello che sarà il mio cavaliere di una sera.
“Rintego che potremmo decidere insieme il giorno e l'orario.” William ha assunto un tono stranamente serioso, sembrerebbe essere anche in imbarazzo se non lo conoscessi.
“È l’uomo a proporre solitamente” rifletto ad alta voce.
“Allora cerca di non prendere impegni per questo sabato sera. Alle 20:00”
Lo vedo allontanarsi a passo svelto percependo una leggera agitazione nei suoi movimenti.
“Ah quasi dimenticavo..." Mi urla da lontano voltandosi nella mia direzione.
"Ho chiesto il tuo numero in giro, ti scriverò al più presto per sapere il tuo indirizzo!” Fa una giravolta su se stesso e magicamente riacquista tutta la sicurezza che aveva perso fino a pochi istanti prima.
“Che tipo questo William Davis!” esclamo tra me e me raggiungendo Jenna che stava ancora a contemplare quanto era successo.
So già che il resto della mia giornata trascorrerà tra vari pensieri che riguardano la fatidica cena.
Il nome di Adam fa capolino tra tutte le futili preoccupazioni.
Ripenso al suo sguardo. Era deluso e ripeto una sola frase nella mia testa: Solo, non fare cazzate Jackson! Evidentemente la cazzata l'ho fatta. Ho accettato la scommessa e ora ne pagherò le condizioni. Non si tratta di William, infondo è solo un ragazzo, ma si tratta di Adam e di tutti i suoi tentativi per cercare di farmi cambiare idea. Cercava invano di farsi strada nella mia vita per evitare che io cadessi in trabocchetti del genere e so che parte della colpa l'ho fatta ricadere su di lui, ma non lo merita.
Stranamente mi ritrovo a ripercorrere il corridoio che porta alla biblioteca. Jenna mi ha lasciata per andare a seguire una lezione.
Lungo il corridoio scorgo una sagoma fin troppo familiare e d'istinto urlo: “ Johnson! Ma che fine hai fatto?”
“Jackson non hai una lezione alla quale prendere parte?”
Sapevo fosse lui e sono contenta non sia corso via.
“Preferisco stalkerizzare te. Sei nettamente più interessante di una noiosissima lezione di storia dell’ arte” dico avvicinandomi sempre di più a lui che non accenna ad arrestare il suo passo.
“Menti! Tu ami storia dell'arte e io non sono mai stato il tuo più bel passatempo.”
Finalmente si ferma e si rivolge nella mia direzione a testa bassa.
“Beh allora? Dov'è che andrete di bello?” Domanda senza guardarmi negli occhi.
“Ti prego, non fare l'offeso. Non ne hai il diritto!” Esclamo stizzita.
Decido di avvicinarmi alla parete e poggiare lo zaino a terra. Adam mi si avvicina lentamente, ma si mantiene a debita distanza.
“Cassie, non farmi questo. Ho fatto di tutto per poterti aiutare, ma forse ti ho solo dato in pasto ai lupi” pronuncia a bassa voce.
“Al lupo” lo correggo.
“Johnson... è solo il pegno della mia sconfitta!”
Adesso è lui a non stare fermo, è agitato e fa su e giù per il corridoio. Non so che fare, mi sta facendo innervosire ed è angosciante questo suo atteggiamento.
“Smettila!” Grido facendolo sobbalzare.
“Mi fai innervosire e inizia a girarmi la testa.” Almeno sono riuscita a farlo stare fermo.
“Ascoltami bene.” Richiamo la sua attenzione e ora i suoi occhi sono concentrati su di me.
Inizio a parlare senza sapere bene cosa dirò: “non è stata colpa tua. Non c'entri niente in tutto questo ed è una questione che dovrò sbrigare da sola. Johnson, non si tratta di squadra adesso, sono solo io. Mi hai aiutata e non lo dico per farti contento. Accetto il tuo sforzo, ma io tendo a discostarmi da tutto ciò che inizia a starmi stretto.”
Lo vedo venirmi incontro e fermarsi a pochi centimetri da me. Noto che è molto più alto di William e che le sue spalle sono diventate decisamente più large. Non guarda me, anzi il suo sguardo è perso nel vuoto e non capisco quale siano le sue intenzioni.
“Cassie sto inviando il tuo spazio eppure non mi stai spingendo via. Non faccio mai nulla senza calcolarne le conseguenze.”
Non ho il coraggio di allontanarmi perché, stranamente, quella vicinanza non mi disturba.
“Forse stai davvero cominciando ad inserirti nella mia vita senza che io me ne renda effettivamente conto” affermo cercando il suo sguardo di cioccolato.
“Togli quel forse, Jackson, io posso irrompere indisturbatamente nella tua esistenza e tu, senza protestare, potresti lasciarmi libero l'accesso!”
Detto questo si gira dandomi la schiena e io, quasi stanca, mi accascio a terra.
“Dovremmo smetterla di ripetere sempre questo gustoso quadretto” asserisco sorridendo sotto i baffi.
“Poi devo ammettere che questo pavimento è proprio scomodo e queste mattonelle sono gelide.”
Adam ridendo si accomoda di fianco a me e lo sento tirare un lungo respiro.
“Jackson sei sempre la solita!”
Lo guardo corrucciata e non so se sentirmi offesa dalle sue parole, ma poi mi accorgo che vuole continuare il suo commento.
“Cambi discorso sperando che gli altri ti assecondino, ma io non ho finito con te e so che non finirò mai!”
Appoggia la sua testa sulla mia spalla e io di riflesso scosto i miei capelli lunghi per evitare che gli diano fastidio.
“Vorrei solo metterti in guardia. William Davis è davvero un ragazzo tosto. Fa tutto per il proprio tornaconto.” Dice con tono serio e la sua voce mi giunge ovattata, quasi come se provenisse da molto lontano.
“Ho imparato a conoscerlo in questi pochi giorni. Sai ho scoperto che frequenta i miei stessi corsi?! E a quanto pare non mi ero mai resa conto della sua presenza durante le lezioni.” Cerco di svicolare ancora una volta il discorso.
“Veramente è da poco che ha migliorato i suoi corsi, sempre su imposizione del padre. Cerca di impartirgli tutta l'educazione che non ha ricevuto finora…” ribatte con tono acido, ma lasciando qualcosa in sospeso.
“Sento che vuoi dirmi altro, avanti!” Lo invito a continuare.
“Solo, sii furba. Non farti abbindolare dal suo viso angelico perché, ti ricordo, che rimane sempre un diavolo!” termina il suo discorso lasciandomi con una piccola riflessione tornatami in mente, letta da qualche parte.
Mi ritrovo, infatti, a pronunciare la frase ad alta voce: “ il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.”
“Questa dove l'hai presa? Sembra tanto una frase fatta!” Dice, rivolgendomi uno sguardo attonito.
“Lo è, non ricordo dove l'ho letta, ma è fin troppo adatta a questa situazione!” Sorrido, pensando che stiamo davvero paragonando William al diavolo.
“Troppo spesso hai ragione Cassandra Jackson e spero che anche questa volta il tuo istinto ti sia di aiuto!”
Veniamo riportati alla realtà dal suono della campanella. Come due stupidi ci siamo posizionati proprio sotto l'aggeggio che emana quel suono infernale.
Ci alziamo di scatto e io afferro il mio zaino chiedendomi dove Adam avesse lasciato il suo.
Senza fare ulteriori domande, però, mi incammino con Adam al mio seguito e lo sento afferrarmi il braccio nell'intento di rallentare il mio passo.
“Jackson fammi solo un piccolo favore..” vedo che ha uno sguardo tra lo scherno e il serioso e subito finisce la sua frase: “ non indossare un abito troppo attillato!” Corre via ridendo, ma io so di averlo sfiorato nell'intento di tirargli un calcio.
Lo vedo rivolgermi un ultimo sguardo sghembo e con le labbra sembra mimare la parola: attenta.
“Starò attenta, non ti preoccupare.” Ma so che oramai le mie parole appartengono al vento e so che probabilmente non mi avrà nemmeno sentita.
I miei pensieri vengono interrotti dal cellulare che vibra nella mia tasca. Afferro il telefonino e noto che il mittente è un numero sconosciuto. Apro il messaggio ricevuto con un po’ di curiosità e leggo i pochi caratteri che recitano: sei scomparsa! Ma ti sei risparmiata una noiosissima lezione di arte. Attendo il tuo indirizzo di casa.
William Davis.
Ripongo il cellulare nella tasca posteriore dei miei pantaloni e sistemando lo zaino sulle spalle mi dirigo verso il mio armadietto. Risponderò a tempo debito, ma so di non poter sfuggire all’ inevitabile.





un patto di eterna amiciziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora