Quel che nascondiamo.

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Naruto era un ragazzo di buon cuore, peccato si annoiasse con estrema facilità. Da anni impegnato giornalmente in varie attività, oppure chinato sulla propria scrivania a portare a termine le ricerche più disparate, durante qualsiasi vacanza arrivava il giorno in cui non sapeva come passare il tempo e, l'impossibilità di fare ciò che voleva, lo innervosiva.
Come in quel momento.
Sgranchì le gambe dolenti al di sotto dell'ampio bancone, poi ne sollevò una, posando la pianta del piede sulla sedia e premendo il mento sopra il ginocchio rialzato, terribilmente tediato da tutte quelle ore di immobilità.
"Ci vorrà ancora molto? Sono già le otto di sera" Si rivolse a Gaara, lamentoso.
"Mia sorella verrà a sostituirmi fra mezz'ora" Lo rassicurò, al solito senza nessuna particolare inflessione nel tono di voce; seguitò a sistemare gli scaffali disordinati del Conbini, pignolo com'era praticamente sempre quando si trattava di badare all'attività di famiglia.
Naruto e Gaara si conoscevano soltanto dal secondo anno di medie superiori, quando il ragazzo dai capelli rossi e gli occhi acquamarina s'era trasferito a Konoha con tutti i suoi parenti, spostando il loro commercio dalle calde sabbie di Suna, alle trafficate strade di cemento della capitale del Paese del Fuoco.
Erano uniti ed affiatati, ma c'era voluto diverso tempo ai due per comprendersi ed accettarsi, anche perché Sabaku possedeva un carattere decisamente scostante nei riguardi di qualsiasi forma di vita senziente, a differenza dell'altro, che era un uragano di vitalità e pessime idee.
Proprio per queste disuguaglianze si compensavano e, naturale come lo scorrere delle stagioni, erano diventati inseparabili. La mente e il braccio.
Gaara preferiva ascoltare e valutare, invece di parlare a sproposito, e permetteva a Naruto di aprirsi sinceramente senza mai giudicarlo, provando ad intervenire con consigli intelligenti e pratici, o limitandosi ad essere la sua valvola di sfogo nei periodi più bui.
Malgrado non avesse mai creduto nell'esistenza di forze soprannaturali, supportava e spalleggiava le scelte del migliore -unico- amico, coinvolto spesso nella ricerca della verità. Lo controllava, un po' come un fratello maggiore, tentando di impedirgli eventuali guai nei momenti in cui si avventurava chissà dove alla scoperta di presenze mostruose e non umane.
Secondo Uzumaki tutto ciò che non poteva spiegarsi scientificamente era causa degli yokai, e Gaara gli permetteva di pensarlo senza fare storie. In fondo il mondo era un intricato mistero e non si sarebbe per nulla stupito se, prima o poi, Naruto gli avesse portato delle prove concrete di ciò che lui riteneva realtà.
L'unico aspetto negativo del ragazzo era la sua gelosia; poco abituato ad avere degli amici, guardava sempre con diffidenza gli estranei che si avvicinavano, o avvicinava Naruto.
"Come mai così interessato a quella ragazzina?".
"Mah... -Sbuffò con un'alzata di spalle, riprendendo poi a scribacchiare sul blocco degli appunti- Mi annoiavo ed ho pensato di fare conversazione".
Detestava mentire alle poche persone in cui riponeva completa fiducia, ma conosceva bene Gaara e, del resto, già aveva promesso di accompagnarlo a Taki. Non poteva, né voleva, pretendere troppo da lui. In più sarebbe stato in disaccordo con la sua decisione e avrebbe cercato gentilmente di dissuaderlo, al solito.
Naruto però era fermamente convinto delle sue scelte, quella volta sentiva che avrebbe scoperto qualcosa di unico, dando una svolta ad anni e anni di ricerche infruttuose; non riusciva a spiegare il perché di quella sensazione viscerale, era l'istinto che agiva al suo posto. E Sakumo gli aveva insegnato a seguire sempre i suoi impulsi.
A qualsiasi costo.
Da quando, sere prima, Minato aveva accennato la storia della ragazza del jinja, i pensieri dell'aspirante giornalista s'erano fossilizzati su di lei, escludendo il resto. Trovava strano che una povera senzatetto, di così giovane età, avesse davvero deciso di vivere in quel luogo abbandonato e pericolante, su cui circolavano leggende spaventose.
Esattamente per questo motivo la mattina precedente, scaltro e silenzioso, aveva cercato nel database del computer del padre informazioni sugli antecedenti proprietari della struttura, oppure se fosse sempre stata gestita dal Comune, non trovando alcun riscontro soddisfacente.
Non esistevano atti di proprietà, nomi o censimenti, come se ogni fatto relativo al tempio Shintoista, dalla costruzione al presente, fosse ammantato da una fitta nebbia e dai ricordi confusi dei cittadini.
Provando a non dare nell'occhio, estremamente bravo a nascondersi alla vista degli altri quando si trattava della sua professione, quella che avrebbe voluto fare in futuro, aveva ascoltato un'animata discussione tra il sindaco e Kakashi, appuntandosi la blanda descrizione fisica della ragazza. Rimasto successivamente sconcertato nel momento in cui proprio lei aveva varcato la soglia del Conbini gestito dall'amico, poche ore prima.
La fortuna sembrava essere dalla sua parte, e di certo non avrebbe condiviso la scoperta con Hatake, dato che gli era parso di capire fosse particolarmente indisposto nei riguardi di quella storia, quasi infastidito.
Comprensibile, Kakashi professava il suo ateismo da che Naruto aveva memoria.
Rimaneva il fatto che la ragazza non era un fantasma, dovendo a malincuore scartare quell'idea, incuriosito però da chi si celava dietro quella fantomatica Sakura.
E il suo oscuro accompagnatore.
Aveva un nome, un viso, un'età approssimativa e dal suo accento era palese la provenienza dal Paese del Fiume, non ci avrebbe messo nemmeno mezza giornata a rintracciarla e scoprire la sua vera identità... Umana o no, c'era qualcosa che lo invogliava a sbrogliare quella matassa. Ed era pronto a farlo.
"Sembri pensieroso" Lo ridestò Gaara, adocchiandolo di sottecchi quando l'altro sobbalzò, preso alla sprovvista da quella vicinanza di cui non s'era minimamente accorto.
"Che muso lungo, amico!" Ridacchiò e, con un fluido movimento, chiuse l'agenda.
L'altro sospirò, non era bravo a fingere indifferenza e cambiare discorso, malgrado si ostinasse a farlo. Infilò rapidamente la giacca, poi accennò un saluto in direzione di Temari nell'istante in cui, trafelata e sorridente, varcò l'ingresso del market per il suo turno.
Di nuovo si abbassò verso il viso da triglia di Naruto, e lo ammonì "Non cacciarti nei guai".
Pareva seriamente preoccupato, forse perché sapeva riconoscere bene le sue espressioni. Era un libro aperto quando si trattava di misteri, fatti che accendevano la curiosità e rapivano l'immaginazione; gli dispiaceva non coinvolgerlo, eppure... Aveva bisogno di cavarsela da solo in quell'occasione, poiché, dopo il liceo, non ci sarebbe stato Gaara a fargli da spalla.
Annuì lieve, rivolgendogli uno sguardo di scuse, dopodiché si girò in direzione di Temari, con la solita sfacciataggine "Sei in ritardo, ti farò una multa! E non importa se l'appuntamento con Shikamaru si è protratto".
La ragazza più grande lo fulminò, poi sorrise sarcastica "Le mie uscite non sono fatti tuoi, Naruto. In più non dovresti impicciarti dopo aver, sicuramente, fatto scappare tutti i nostri clienti con qualche solita stramberia".
"L'altra volta ho solo distribuito un veritiero articolo sugli Tsukumogami, per giunta gratis! Nessuno dovrebbe tenere in casa oggetti con oltre cent'anni di età, hai sentito la storia di quella povera vecchia attaccata dal suo bollitore?".
"Sì, e si è ustionata perché soffriva di Alzheimer e s'era dimentica anche come preparare un semplice tè, altro che oggetto maledetto".
"Questo è ciò che dice la polizia! Ho parlato con la signora Koharu Utatane ed era lucida, mi ha raccontato che il bollitore di sua madre si è animato mentre lo stava spolverando, nessun fornello accesso, tanto meno era stato riempito d'acqua!".
Temari fece un gesto con la mano, come a scacciare una mosca molesta; discutere insieme a Naruto era inutile nella maggior parte delle occasioni, troppo fissato con le sue idee per riconoscere la realtà dalla fantasia. Alle volte era anche divertente, ma spesso... Troppo spesso nell'ultimo periodo, aveva smesso di farla ridere.
Shikamaru le diceva che si sarebbe calmato alla fine delle superiori e, una volta all'Università, avrebbe capito quale percorso professionale intraprendere, ma la ragazza faticava a crederci. Naruto aveva troppi grilli per la testa, non che fosse uno squilibrato.
Era piacevole, un bravo ragazzo ed un buon amico per il fratello minore, eppure la sua passione per il paranormale cominciava ad essere abbastanza snervante.
Soprattutto quando cercava di coinvolgerla.
"Mi sorprende che ancora non ti abbiano arrestato" Commentò, sistemandosi i capelli acconciati in due alte codine scomposte.
"Sei comunque in ritardo, Temari, e a quest'ora c'è poca gente, non è di certo stato Naruto a farli scappare" Dichiarò cupo Gaara, scrutandola contrariato.
Non per la discussione avuta con il migliore amico, Naruto era adulto e sapeva difendersi da solo, in più era abituato ai loro soventi bisticci. Era contrario però, ingiustificatamente geloso ed iperprotettivo nei confronti della sorella maggiore, agli appuntamenti con Shikamaru Nara, che per miracolo poteva definirsi vivo... Ancora per poco.
Al che Uzumaki lo afferrò amichevolmente per un gomito "Lo rapisco per qualche ora! Andiamo Gaara, buttiamo i nostri dispiaceri al bar e fingiamo di avere compiuto vent'anni... -Si paralizzò nell'istante in cui Temari posò le mani suoi fianchi, minacciosa- Scherzavo, scherzavo, niente alcool! Al massimo una birra" Sussurrò l'ultima parte all'orecchio dell'altro, fuggendo poi il più velocemente possibile da sicure ritorsioni.
Al di fuori del Conbini lo spinse sulle scapole per invogliarlo ad andare avanti, rischiando di fargli perdere l'equilibrio; lo afferrò dal polso prima che potesse cadere, divertito dalla sua espressione seccata. Gaara era sempre stato un po' gracilino.
"Credo tornerò a casa".
"Mi dai buca?" Gli recriminò, imbronciandosi.
L'altro sospirò "Mi sento stanco".
Naruto lo osservò attentamente: in effetti era molto pallido, parlava a fatica e le borse nere sotto gli occhi s'erano accentuate ancora di più negli ultimi tempi.
"Di nuovo l'insonnia?" S'informò preoccupato, vedendolo camminare lentamente, a spalle strette. Da quel che sapeva Gaara non aveva mai dormito molto, ma le cose s'erano aggravate in quelle due settimane di vacanze primaverili; aveva sempre poche energie, era spesso un fascio di nervi e, in qualsiasi occasione, scattava come una molla. Infastidito da tutto e da tutti.
"Sto bene".
"Hai provato con l'olio di menta? E non iniziare a sbuffare alla stregoneria, lo usano anche per il mal di denti, è un rimedio naturale sfruttato sin dall'antichità" Replicò, intercettando i suoi dubbi.
Sabaku sollevò lo sguardo al suo viso, curioso "Dove lo hai letto?".
"Ecco... -Si passò una mano fra i capelli biondi, grattandosi in imbarazzo lo scalpo- Su uno dei miei libri, non ricordo quale. Però è accurato, controlla su google! Vedrai che non avrai più problemi ad addormentarti".
"Non è quello il problema..." Sussurrò più a se stesso che all'altro.
"E allora cosa?".
Gaara fermò il proprio incedere, spostando ancora gli occhi su di lui, indeciso sul da farsi; dopo minuti di cammino erano arrivati dinnanzi alla sua dimora: una graziosa villetta a due piani, vicino a tante altre simili, con un ampio giardino e l'intonaco tinteggiato d'un tenue color sabbia. A ricordare le dune del Paese natio, polvere dorata che plasmava i suoi sogni.
Prima di poter rispondere alla domanda di Naruto, una forza sconosciuta lo costrinse ad alzare lo sguardo verso la finestra della sua camera; venne percorso da un tremore ghiacciato alla schiena quando vide la nera ed altissima figura scrutarlo dietro le tende. Mostruoso, famelico, lo aspettava come ogni notte.
E nel silenzio della solitudine cibava le sue paure.
"Gaara? Tutto ok?" Naruto gli posò una mano sulla spalla quando non gli rispose, notando la pelle già lattea del viso sbiancare maggiormente, senza alcun motivo. Provò a seguire la direzione dello sguardo acquamarina, ma nient'altro che vetri oscurati dal buio della sera intercettarono le iridi cobalto.
"S-sì, non è nulla... -Disse, abbassando il capo e socchiudendo le palpebre, mentre cercava di immettere aria nei polmoni, calmarsi. La colpa era della sua mente, non esisteva nulla di pericoloso. Nessuno lo tormentava- Io... Te l'ho detto, sono solo stanco. Proverò a mettere in pratica i tuoi consigli, ma adesso devo andare. Scusami".
Lo salutò velocemente, scappando dalle eventuali domande che poteva rivolgergli ed entrando poi in casa. Codardo, confuso e spaventato.
Sapeva che Naruto avrebbe dato la colpa a qualche strana creatura dell'immaginario collettivo, avvelenando ancor di più la sua fragile psiche, quando in realtà l'uomo sconosciuto che dimorava i suoi incubi lucidi era una proiezione causata dalle poche ore di sonno, dalla debolezza e dallo stress.
Doveva riuscire a risposare e sarebbe scomparso, oppure lo avrebbe portato alla pazzia.
Tolse le scarpe giunto all'ingresso, singhiozzando rumoroso al sentire il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni; lo estrasse piano, leggendo il messaggio dell'amico: 'Se hai bisogno, io ci sono'.
Sorrise tristemente a quella premura, una parte di sé avrebbe voluto confidarsi, l'altra, invece, non desiderava nemmeno pensare alla possibilità che quel mostro fosse reale, preferendo rimanere ancorato all'idea d'una mente psicotica, in modo da sapere come combatterla.
Attraversò il salone illuminato ed accogliente, dove il padre stava guardando la televisione in attesa dell'ora di cena e, in seguito, salì le scale in direzione della camera da letto. Da settimane non provava alcun senso di fame, sforzando di nutrirsi il minimo indispensabile unicamente per non far preoccupare la sua famiglia e gli amici, ma quella sera gli sembrava impossibile continuare a mentire.
Era malato, e quel morbo risucchiava le sue energie... Tutti i giorni, tutte le notti, ogni volta che chiudeva gli occhi, circondato dalle tenebre.
Si considerò un pazzo, uno squilibrato da internare, intanto che, grazie all'ausilio della torcia del telefono, controllava scrupoloso dentro l'armadio ricolmo di vestiti, gettandoli senza garbo sul pavimento, dopodiché s'inginocchiò per guardare sotto il letto; alzò la luce in direzione del soffitto, sulle ombre causate dal lampadario acceso e, di nuovo, dietro le tende. Le staccò, gettandole a terra frustato dal non trovare nulla, come ogni sera.
Sedette sopra al morbido materasso, le mani tremanti fra i capelli rossi e le palpebre sgranate dal terrore. Poteva già percepire il corpo paralizzarsi, lucido, ma incapace di muoversi od urlare; gli occhi acquamarina s'incatenavano a quelli ridenti del mostro, alle volte seduto sopra il suo sterno, altre in piedi vicino a lui. La lingua rossa si leccava le labbra, mentre lo guardava e sorrideva. Sorrideva e lo guardava. Null'altro.
In quei momenti Gaara provava ad urlare, scalciare, però le articolazioni non rispondevano, costretto minuti lunghi un'eternità a vedere quel macabro sogghigno e, quando riusciva di nuovo a muoversi, il demone soddisfatto spariva, le lacrime rigavano le guance scavate e la voglia di dormire passava. Diveniva rabbia e vergogna.
Odiava aver paura degli scherzi della propria mente.
Solo la morte lo avrebbe liberato...
Afferrò il cellulare che aveva precedentemente sbattuto sul comodino e ricercò veloce in rubrica il numero telefonico dell'unica persona al mondo in grado di renderlo felice. Disprezzando l'idea di apparire un debole, ma ormai in pezzi, non era più in grado di mentire.
Lo sentì rispondere al primo squillo, alleggerendo il peso che gli grava sul petto con il solo suono squillante della sua voce.
-Amore! Hai già finito il tuo turno?-
Gaara accennò un sospiro, sdraiandosi su di un lato e premendo il telefono contro l'orecchio, quasi violento. L'unico rumore che voleva udire era il respiro e le parole dell'altro.
"Sì, Lee... Scusami, ti ho disturbato?".
-Tu non disturbi mai!- Esclamò, ridendo spensierato e cristallino.
"Allora non ti spiace farmi compagnia per un po'? Finché non mi addormento...".
Finché lui non smetterà di guardarmi.

Percorrendo il sentiero tracciato dall'incontro fra terra e cielo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora