⊱ultramarine

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[NELL-Green Nocturne]

Park Jimin
—BLU OLTREMARE

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos'è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.

ULTIMO FRAMMENTO,Raymond Carver


Non muoverti mentre sulla bocca ti dipingo le mie debolezze

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Non muoverti mentre sulla bocca ti dipingo le mie debolezze.

Le lacrime di Yoongi erano bolle di lava su delle guance antartiche. Pungevano come rose raccolte dagli steli, ed era fresca rugiada che colava dai suoi occhi e che scendeva fin sotto al mento,silenziosa come fiocchi di neve sui tetti, tanto che il ragazzo non se n'era ancora accorto. Pian piano, intanto, stava già piangendo e lo faceva senza emettere alcun suono se non quello del tirare su dal naso, che comunque cercava di coprire premendo il piede sull'acceleratore. Nella speranza che il suo cuore potesse schiantarsi contro un muro e sentire crach al posto di Johnny Cash che suonava malinconico alla radio nazionale: "and you could have it all, my empire of dirt. I will let you down, i will make you hurt". Yoongi sfrecciava lungo la larga strada mentre si mordeva via le pellicine dalle labbra e inalava dal finestrino aria che sapeva di niente se non di frittura e del respiro di Park Jimin, quest'ultimo lo sentiva così forte da sentirselo sulle dita rigide di mestizia. Park Jimin. Sulle guance gli arrivano ondate calde dolore. C'era lui nell'aria e nella testa mentre tutto lì fuori si mescolava con le ombre ermetiche del suo corpo da piccolo essere umano. I palazzi si trasformavano nei contorni geometrici del suo viso raggiante e affilato e i lampioni diventavano i suoi occhi, lumi sempre accesi per guidarlo all'interno dei cunicoli più profondi della sua depressione.
Gli occhi di Jimin che Yoongi non riusciva ancora a capire mentre se lo immaginava disteso sulla scrivania, parzialmente illuminato dai fuochi d'artificio,col ventre contratto e la voce pia che gli sussurrava all'orecchio «Hyung». «Hyung».
Vi era dell'incanto celato nella luce delle sue iridi scure, non era insonnia e nemmeno tristezza. Era qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo che il più grande non riusciva ancora a comprendere.

Bocca da aspide,
Demone camuffato da driade,
Che lui voleva o no, le mani del più piccolo continuavano a giocare con i fili più sottili dei suoi desideri.

Dovette accostare al marciapiede più vicino, tirando bruscamente il frena mano e lasciando cadere il peso del suo corpo sul volante. Il petto si muoveva freneticamente, la strada era un tunnel che non finiva mai, Park Jimin era la musica che suonava alla radio. «Vaffanculo!Vaffanculo!Vaffanculo!» sbraitava come un matto mentre picchiava la fronte contro la pelle fredda del manubrio e la luce cerea dei fari che sfrecciavano accanto a lui  gli illuminavano le guance ancora umide di pianto. Odiava ciò che Jimin gli aveva tenuto nascosto per così tanto tempo eppure all'interno del suo stomaco delle atroci fitte di sensi di colpa lo stavano lacerando. Cos'era questo sentimento che gli strapazzava l'animo? Era Amore? Forse sì, Min Yoongi si era innamorato, ma trovate allora una spiegazione a questa ambivalenza di sentimenti. L'influsso d'affetto che gli stringeva il collo come un cappio e questa violenza di volersi sempre di più, sempre di più, Jimin con lo sguardo lasciava marchi di un colore nuovo sul corpo ormai ferito del più grande, attonigliandogli una intensa disperazione e voglia di carezze. Poteva,questo, definirsi amore?. La lettera che conservava nella tasca posteriore dei jeans gli bruciava la pelle e bramava d'esser letta ma Yoongi non voleva prenderla. Non ancora.

RESILIENZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora