Soffia il vento gelido di febbraio, portando con sé malinconici ricordi.
Come piccole fate, le tue parole danzano sulla melodia di questo gelo e come dolorose lame, riaprono le ferite, che a fatica ho cicatrizzato e che tutt'ora cicatrizzo.
Volti senza espressione, senza identità, accendono la luce dei loro occhi nella mia testa.
Un borbottio di parole ed un insieme di ricordi, mi pervade e mi uccide irrimediabilmente.
Cadere in una voragine, non trovare alcuna via di salvezza; solo rovine e distruzione. Questo è il mio presente ed il mio futuro.
Morire ogni giorno di più, sopprimendo quella parte che hai conosciuto e di cui ti sei innamorato... è ciò che sto facendo.
E così di me sta rimanendo solo uno scheletro vuoto; un essere fatto di brandelli di carne, carichi del vermiglio sangue; un automa autodistruttivo, basato su ricordi e sensazioni squallide. Nient'altro.
La voragine è buia e fredda come il mio animo; il mio cuore, che un tempo batteva gaio nella mia cassa toracica, desidera solo fermarsi; la mia mente, una volta leggiadra e solare, ora pullula solo di pensieri e ricordi pesanti e scomodi.
Senza farlo apposta le mie parole, di
ciò che in passato avrei potuto definire 'conforto', mutano in coltelli colmi di veleno. Non riesco più ad aiutare. Inutile essere. Inutile esistenza.
Le mie urla paiono silenziose; non servono a nulla. Basta gridare. Basta.
Non lo farò più. È stato il primo ed ultimo grido.
Chiudo gli occhi e trasformo ogni più effimera e piccola lacrima in una scheggia di ghiaccio, da rimpiazzare con le ceneri del mio oramai defunto cuore.
E così, continuo in questa mia caduta libera, verso la fine.