capitolo 1

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Un'ombra scura, indistinta, sotto la luce soffusa di un lampione all'uscita dell'aeroporto. I contorni del viso indecifrabili nel buio di una sera d'inizio gennaio. Mentre la pioggia cadeva fitta bagnando la città infreddolita, la donna si guardò intorno con curiosità. Indossava dei pantaloni aderenti rossi, una maglia nera che le fasciava il fisico mascolino, ed una giacca di pelle sintetica a zip. Il freddo non scalfiva la sua pelle abituata alle temperature rigide del nord Europa. Era arrivata con un volo low cost poche ore prima ma sapeva dentro di lei che non avrebbe mai più ripreso aerei di linea. Basta con le noiose code al check in, basta mischiarsi alla gente comune così sciatta e confusionaria; si sarebbe elevata ad un livello superiore, nell'olimpo delle persone che contano e che ottengono sempre quello che desiderano. Ed ora lei desiderava ardentemente un passaggio; aveva un obiettivo per quella sera, il primo passo della sua scalata, e non se lo sarebbe fatto sfuggire a causa di un banale ritardo. Individuò una vettura che sopraggiungeva nella sua direzione, sul manto stradale fradicio, evitando le persone che, bagagli alla mano, si dirigevano verso i parcheggi o la zona taxi. 

L'auto bianca rallentò immediatamente al gesto della sua mano, l'unghia color rosso metallizzato attirò l'occhio assonnato del guidatore, che frenò fermandosi al suo fianco ed abbassando il finestrino le chiese con la voce increspata dal troppo fumo di sigaretta «Buonasera signorina, quanto vuoi per allietarmi qualche ora?»  Gli occhi della ragazza si fecero piccoli come due fessure per l'affronto subìto ma cercò di glissare con indifferenza «Dipende, se mi porti all'OlympiaHalle, il palazzetto del ghiaccio dove gioca il top team di hockey di Monaco, potrei anche farti un grande sconto» rispose con una voce che cercò di far suonare più melodiosa di quella di un cardellino. «Sali allora, te lo do volentieri il... passaggio se è solo questo che desideri» rispose l'uomo scoppiando in una fragorosa risata. La ragazza cogliendo l'occasione evitò con un saltello una grande pozzanghera, aprì la portiera, e si accomodò sul sedile passeggero. Subito l'uomo le diede il benvenuto a bordo posando la mano secca e ruvida sulla sua gamba. Era un personaggio insignificante, piccolo e viscido come ne aveva conosciuti tanti nella sua vita. La macchina che guidava lo rispecchiava pienamente; vecchia, arrugginita, con i sedili macchiati e sintetici che la ripugnavano; inoltre tutto all'interno era intriso dell'odore acre di sigaretta che le colpiva le narici nauseandola. Il viaggio fu un vero incubo trascorso tra allusioni e palpeggiamenti audaci mentre dal finestrino la città scorreva come in un film al rallentatore. Alla fine però la donna aveva ottenuto quello che voleva, era giunta al palazzetto del ghiaccio. Mentre ringraziava l'uomo per il passaggio ottenuto nell'unico modo che conosceva aveva una sola certezza nella sua testa: gli uomini nella sua vita sarebbero sempre stati solo delle pedine, e lei avrebbe fatto scacco matto essendo semplicemente sé stessa.

Ed eccola lì, un'ora e mezza dopo, seduta in tribuna ad ammirare dei bei maschi virili con indosso le divise da hockey che si rincorrevano pattinando e spingendosi, come bisonti canadesi al rientro nei ranch. Dalla borsetta borchiata, poggiata sul seggiolino vuoto accanto al suo, estrasse il foglio che aveva stampato il giorno precedente, prima di partire, nell'Internet point vicino casa sua e che ora le tornava molto utile. Aprendolo l'elenco dettagliato dei giocatori dei Penguins stars le apparve davanti agli occhi, con riportati in una tabella ordinata nomi, età, e soprattutto gli stipendi percepiti da ogni componente del team. Il suo dito si fermò sul nome dell'ala esterna, Matthias Konen, un bel ragazzo muscoloso, biondo, occhi azzurri, e soprattutto uno stipendio da star con tanto di notorietà alle stelle. Certo, non poteva presentarsi a lui così come era ora, con quei vestiti comprati al mercato della sua città natale dove amava spesso passeggiare con un lecca lecca tra le labbra, urlando contro gli ambulanti nel tentativo di strappare un prezzo accessibile per dei miseri stracci di bassa qualità. «Una donna interessata all'hockey, molto strano». Una voce roca la distrasse dai suoi pensieri. In un primo momento pensò fosse di nuovo l'uomo che le aveva dato il passaggio, non soddisfatto del pagamento ricevuto, ma non appena si girò i suoi dubbi vennero disciolti. Era sì un uomo, ma di tutt'altro livello. Capelli brizzolati pettinati all'indietro, una barba sale e pepe incolta, qualche ruga e due occhi profondi grigio azzurri. Portava un maglione bianco, in morbida lana, jeans attillati, e un vistoso foulard violetto al collo. Subito gli occhi di Pepa si illuminarono, accavallò le gambe in modo sexy e rispose «Non dia tutto così per scontato nella vita, io adoro l'hockey, da quando ero piccola». «Lodevole che abbia mantenuto le sue passioni così a lungo nel tempo» rispose lui sorridendo sornione. La ragazza con un gesto di stizza si scostò i capelli dal volto replicando «Non è passato poi così tanto tempo, ho solo 32 anni». «Oddio mi perdoni» replicò l'uomo «Queste luci al neon mi avevano portato ad attribuirle qualche anno in più, ma ora che la guardo bene mi accorgo di aver preso proprio un abbaglio, le chiedo nuovamente perdono» poi aggiunse «Piacere, il mio nome è Massimo, Massimo Benvenuto». La ragazza sorrise, acquietando il suo animo offeso, e replicò «Piacere mio, io mi chiamo Pepa, Pepa Botovin». «Pepa, che nome esotico, è per caso brasiliana?». «No, al contrario, sono scandinava, originaria della Norvegia». «Norvegia, che posto intrigante. Non ci sono mai stato, ed è strano per uno come me abituato a viaggiare molto per lavoro». Una luce si accese all'istante nella mente di Pepa; quell'uomo viaggiava frequentemente, i suoi vestiti erano firmati, aveva un'aria intrigante, quindi doveva agire ed intrappolare nella sua rete quell' ignaro manzo dal mantello d'oro. «Viaggia molto? Che bella cosa, la invidio davvero. Lo fa per lavoro o per piacere?». «Lavoro, sempre e solo lavoro. Li vede quei ragazzi in divisa rossa a strisce bianche che stanno vincendo di misura? Ecco quelli sono i giocatori del mio team, i Penguins stars». Il direttore sportivo; stava parlando con colui che coordinava il team in cui giocava il suo obiettivo, Matthias Konen. Non poteva crederci! Una scarica di adrenalina le percorse tutto il corpo, si sentiva ad un passo dal cielo. «E così lei è il direttore sportivo dei Penguins Stars?». «Certamente» rispose Massimo con aria compiaciuta «Anche se spesso è molto difficile esserlo, soprattutto in questo periodo in cui le cose non vanno molto bene». «Problemi economici?» si informò subito Pepa con voce preoccupata. «No, da quel punto di vista siamo ben coperti, è solo che a livello di risultati è un momento complicato, ma sono fiducioso che ne usciremo a testa alta, iniziando da questa sera». «Non ho dubbi che con una guida sicura come lei tornerete presto al livello che vi compete» rispose Pepa con fare civettuolo. «Spero proprio che abbia ragione. Ora però mio malgrado la devo salutare, il dovere mi chiama» disse Massimo alzandosi dai seggiolini di plastica azzurri «È stato un piacere conoscerla, spero di rivederla un giorno di questi». «Il piacere è stato mio, e spero davvero anche io di rincontrarla presto» rispose la donna più calorosamente del dovuto. Mentre Massimo se ne andava scendendo i gradoni e girandosi per rivolgerle un ultimo sorriso, Pepa scorse suo malgrado il luccichio di una fede d'oro sul suo anulare sinistro. "Ah così è sposato" pensò amaramente la donna tra sé. Un piccolo neo nel tessuto perfetto che stava già tessendo nei suoi sogni, ma che non sarebbe stato certamente in grado di rovinarli.

La partita quella sera, nonostante le ottime premesse iniziali, finì con una brutta sconfitta da parte dei Penguins Stars ma alla ragazza il risultato non interessava più di tanto. Quella notte Pepa trovò alloggio in una modesta pensione a due stelle, l'unica con un prezzo abbordabile viste le sue possibilità economiche, ma nella sua testa le stelle da conquistare era ben altre ormai. Nella sua piccola stanza composta da un armadio, un letto, ed una sedia consumata dagli anni, la ragazza pensava infatti al suo futuro stringendo il cuscino al suo petto. Il nuovo anno era davvero iniziato con il botto per lei; nuova città, nessuno a cui appoggiarsi, pochi soldi con cui cercare di tirare avanti per il momento, ma nonostante questo la sicurezza dentro di sé di essere vicina ad una svolta. La vibrazione improvvisa dello smartphone al suo fianco la fece trasalire, distogliendola di colpo dai suoi pensieri. Lo prese infastidita e lesse la notifica sullo schermo: "Susan". Pepa sospirò amareggiata, cancellò il messaggio senza leggerlo, poi si voltò, spense l'abat jour, e dopo pochi minuti si arrese al sonno addormentandosi.

Pepa - Il gioco dei sentimenti-Where stories live. Discover now