Mi sento quasi un'idiota.
Anzi, senza quasi.
Lo sono e basta.
Resto immobile davanti alla piccola bottega di fiori, mi tremano leggermente le mani ma vengo percosso da brividi che scuotono la mia schiena come se stessi camminando per il Polo Nord.
Che mi era saltato in mente?
Percepisco lo sguardo stranito dei passanti che camminano alle mie spalle, su quel piccolo marciapiede di un quartiere sperduto nelle vicinanze di Shimoda, nella grande nazione del Sol Levante.
Un punto insignificante nell'Universo, insomma.
Un secondo.
Perché mi stavo facendo questo complesso mentale in un momento del genere?
Non rettifico: sono un idiota.
Scuoto bruscamente la testa per allontanare tali pensieri, e sistemo i capelli ormai arruffati. Non devo farmi prendere dall'ansia: cavolo, era sempre il mio migliore amico d'infanzia, no?
E anche il primo ragazzino capace di farmi sentire accettato... e amato... e... mio dio.
«Perché sono qui?» bisbiglio a me stesso, storcendo le labbra. Guardo l'insegna, che recita un "Little garden" e mi viene quasi da ridere.
Pensare che era proprio questo, il nomignolo che gli diedi (ma lui non lo sapeva) quando era un tenero bambino di cinque anni: 'piccolo giardino', e ne ebbi la conferma nella "nostra" prima primavera che passammo insieme. Andavamo ogni giorno al parco e i soliti petali di ciliegio che cominciavano a staccarsi gli si incastravano tra i voluminosi capelli verdi.
Ero io quello che glieli estraeva: era un rito tutto nostro, ormai.
La nostalgia mi pervade, ad un tratto la risata che stavo per liberare scompare e lascia spazio all'angoscia.
Mi volto e sto per attraversare la strada che mi separa dalla pasticceria –dove mia sorella mi guarda dal bancone con aria turbata, dopo aver consegnato l'ordine al cliente– quando un ragazzo in bicicletta mi urta con il manubrio, dandomi una bella batosta alla mano che avevo porto in avanti.
«Ehi!» sbotto, ma il ragazzo non mi sente e continua a pedalare.
Come si fa ad essere così distratti da non accorgersi di una persona nel mezzo del percorso?
Non scherziamo, mi dico mentalmente, anche io, quando Deku era nelle vicinanze, guardavo solo lui. Gli altri scomparivano dalla mia visuale. C'è sempre stato solo e soltanto lui, nella mia testa – e nel mio cuore.
Quando la smetterò mai di pensare a lui in ogni cosa che vedo, mi succede, o faccio?
La mia vita è sua. Anzi, no. Lui è diventata la mia vita.
Ahh!
Che sciocchezze! Cos'era tutta questa sdolcinatezza?!
Se solo mio padre mi sentisse, sono sicuro che mi getterebbe dalla cima del monte Fuji.
Al pensiero, la pelle raggrinzita intorno al mio occhio sinistro sembra una punizione migliore.
«Dannazione!» esclamo sbigottito, calciando un sassolino lì vicino fino al cassetto dell'immondizia.
Dopo ciò, il suono di una risata mal trattenuta attira la mia attenzione: è una ragazza, poco lontana da lì, che trattiene malamente una risata dietro la sua paffuta mano.
Corruccio le sopracciglia, e metto braccia conserte, nascondendo il mio imbarazzo sotto il finto aspetto duro che, col tempo, ho allenato — fortunatamente, è credibile quel poco che basta.
«E tu perché ridi?» sbotto bruscamente, battendo con nervosismo la suola della scarpa sul cemento del marciapiede.
La presenza di quella mi innervosisce, e non poco.
Appena notato il mio cambiamento d'umore, sobbalza sorpresa e scuote le mani davanti a sé, urlando parole come "Scusa" o "Mi dispiace".
Dopo un po', quest'ultima si gratta la nuca, e si avvicina con circospezione. «Mi dispiace davvero, non era mia intenzione offenderti. Mi chiamo Ochako Uraraka!» allunga una mano verso di me, un grande e grazioso sorriso a illuminarle il viso.
Gliela stringo delicatamente, farfugliando un "Todoroki Shouto" con malavoglia.
Si stacca leggermente, e si mette al mio fianco, fissando anch'ella la bottega che si innalza davanti a noi in tutta la sua natura e il suo profumo di fiori freschi.
«Scusa la confidenza...» mormora Uraraka, fissandomi con la coda dell'occhio. «Ma sembra che tu abbia paura di entrare.»
Mi si blocca il respiro, colto dalla sorpresa e dalla freddezza del modo in cui lo ha detto, e non faccio in tempo a voltarmi verso di lei che si apre la porta d'entrata della bottega.
In tutta la sua bellezza, il famoso ragazzo che turba i miei sogni da quando ero un semplice bambino, si presenta sulla porta.
Ci rivolge un sorriso dolce, e sento Ochako sobbalzare come io avevo appena fatto poco prima. Le sue guance si tingono di rosso come le mie, poco prima di tuffarsi tra le braccia del ragazzo, abbastanza titubante.
Dei sospetti vengono a crearsi nella mia mente, e inorridisco soltanto a pensarci.
«Deku-kun!» ridacchia lei, stringendolo a sé dolcemente. Deku chiude gli occhi e ricambia la stretta, prima di staccarsi e rivolgersi verso di me. La sua mano si era posata amichevolmente sul capo della ragazza al suo fianco.
«Posso esserle d'aiuto?»
Mi ritraggo leggermente, quel piccolo proiettile invisibile ma letale mi attraversa lo sterno con tutta la sua violenza. Posso esserle d'aiuto?
Mi ha dimenticato...?
Sento il gelo che mi immobilizza sul posto, le perle di sudore che prima mi contornavano il volto sono sparite. Le mie labbra erano del tutto prosciugate e secche, così come la mia lingua.
Non riesco a parlare.
O almeno, non voglio parlare.
So per certo che se aprissi bocca, scoppierei in un pianto isterico, o scapperei a gambe levate.
Quanto avrei voluto scappare.
Vago con lo sguardo sulla sua figura, ben piazzata e muscolosa. Le maniche della camicia che indossa sono arrotolate fino ai gomiti, mostrando gli avambracci tatuati da cicatrici, da quelle piccole e quasi invisibili a grandi quanto il palmo di una mano.
Mi vengono i brividi.
Dov'era il mio Deku?
Cos'è tutta quella confidenza con ...Ochako Uraraka? (È così che si chiama? Non ricordo, non è importante).
Quando è comparsa nella sua vita? Cosa sono veramente?
Come ho fatto ad abbandonarlo alle grinfie di un'altra persona?
Perché sono stato così stupido?
Domande di ogni genere mi annebbiano la mente, e sento a poco a poco le gambe molli come la gelatina. I pugni che fino a poco prima serravo, si erano aperti e le dita scendono sulle gambe senza alcun peso.
Prima di crollare a terra, guardo le sue scarpe rosse —oh mio dio, sono così identiche a quelle che portava da piccolo, dove le avrà trovate? Se le sarà fatte su misura?— nel mio campo visivo diventato poco chiaro. Le tenebre mi attanagliano, e ben presto perdo i sensi.
Le mie palpebre calano lentamente e chiudo gli occhi, cadendo rovinosamente a terra in ginocchio.
Finisco tra le sue braccia –grazie ai suoi riflessi– e si porta il mio braccio sulle spalle, facendosi aiutare dalla ragazza.
Non riesco a fare nulla, aprire gli occhi è diventata un'impresa impossibile. Non sento niente, continui fischi risuonano incessanti nelle mie orecchie e cerco di risvegliarmi da quella trance insopportabile.
In questo preciso istante, sì, vorrei urlare un disperato "RICORDATI DI ME", se soltanto ne avessi le forze, e magari chiedergli da dove diamine sono uscite tutte quelle cicatrici e perché mi ha dimenticato.
Io non ti ho mai dimenticato.
Sento di cadere a pezzi, un piatto di porcellana sbattuto violentemente sul pavimento.
È questa la sensazione che mi sta distruggendo. Quell'impatto così forte da farmi mancare il fiato.
Percepisco l'aroma forte di un eau de parfum maschile. Mi pervade le narici, e soltanto ora riesco a riprendere conoscenza abbastanza da compiere azioni banali come sbattere le palpebre o muovere le dita ancora intorpidite. Apro gli occhi, e il viso preoccupato dei due ragazzi si illumina improvvisamente, sollevati.
«Mio dio... come ti senti? Mi sono preoccupato, avevo paura che sbattessi la testa e...»
Non lo sento più.
Guardo le sue mani che hanno stretto premurosamente le mie, dove i miei occhi si sono posati quasi subito dopo aver percepito il contatto. Sono callose ma lunghe, noto che una cicatrice percorre il dorso della sua mano destra come un braccialetto, ma resto in silenzio, intenzionato a godermi quel calore ancora per qualche secondo.
«Hai idea di quanto
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Sweet, cakes and flowers.
FanfictionShouto Todoroki, figlio della proprietaria della pasticceria più rinomata della piccola cittadina in cui vive, si innamora follemente del suo vecchio amico di infanzia, Izuku Midoriya, appena trasferitosi. Quest'ultimo però non si ricorda di lui, e...