Edoardo, questo era il suo nome. Il suono è pulito, semplice, senza sbavature.
Aveva una vita perfetta, un bel gruppo di amici, voti eccellenti all'università, una carriera da medico all'orizzonte e poi aveva Greta.
Greta era la sua fidanzata, occhi scuri da cerbiatta, sorriso dolce.
Greta era anche la mia migliore amica dai tempi delle medie. Aveva un carattere incredibile, piaceva a tutti, al contrario di me che ero sempre china a rimuginare sulle cose e sulle persone. Ricordo bene il giorno in cui la conobbi: eravamo finite insieme in uno di quei campi estivi dove si cammina, si gioca e si cerca inutilmente di fare amicizia.
Dico inutilmente perché io me ne stavo seduta sull'erba e piangevo.
Dei ragazzi mi avevano presa in giro, come tutti quando avevo undici anni, perché ero grassottella. Guardavo le montagne con aria sconfitta. Lei arrivò, senza conoscermi, si sedette accanto a me e rimase in silenzio per dieci minuti, fino a che non smisi di piangere e le domandai: "Che vuoi?" A quel punto si illuminò e tante piccole rughette le circondarono gli occhi. "Voglio che tu sorrida così, proprio come me!" Questo è il modo migliore per farvi capire chi fosse Greta.
Edoardo lo conoscevo dalla culla, i nostri genitori si erano incontrati per la prima volta in sala parto. Io ero nata dieci minuti dopo di lui e da allora avevamo fatto tutto insieme. Eravamo in simbiosi come i coralli e i pesci che li puliscono. Io ovviamente ero il pesce che pulisce. La bellezza del corallo la lasciavo a lui.
Sì, ero innamorata pazza di Edoardo. Lo so che ve lo stavate chiedendo, quindi ho fatto che darvi una risposta sincera.
Greta gliel'avevo presentata io e lui appena l'aveva vista si era illuminato. Eravamo sulla collina di Superga, la grande chiesa che domina Torino. Non mi ricordo perché, ma sono certa che quella sera Greta mi aveva costretta a uscire, era una cosa che faceva spesso. Avevo voglia di stupirla, così le dissi: "Ehi, ti presento un mio amico." Quella sera non c'eravamo solo noi tre, ma anche Luca e Giacomo. Loro erano stati trascinati da Edo. Erano dei suoi compagni di università, non so perché e come, ma accadde la magia: nacque un'amicizia.
Giacomo suonava il violino, Luca raccontava barzellette sconce e beveva birra. Io ridevo insieme a Greta come una pazza.
Osservavamo tutti Torino, illuminata dalle luci della città e dai fanali serpeggianti delle auto che si insinuavano nelle vie e nei corsi. Tutto da lì sembrava meraviglioso, le tristezze erano lontane da noi. Le apprensioni annegavano nella birra scadente e nell'eccellente musica di Giacomo.
Greta invitò a ballare Edoardo e io li guardai con aria ingenua.
All'inizio pensai che fosse stato un errore poi invece, vedendoli uniti e felici, lasciai andare il dolore e pensai che era stato il destino a essere crudele con me.
Crudele, certo... ma mai come in quel momento.
Il 3 di luglio Greta era andata a fare una visita all'ospedale Molinette. Era parecchio tempo che si sentiva debole, nonostante di facciata apparisse tosta come uno dei personaggi di Jane Austen.
"Niente di serio, avete capito?!" ci aveva gridato lei dietro il suo sorriso bianco. Adagiata tra le braccia di Edoardo e vestita solo di lino bianco sembrava una bandiera, fremeva pronta a seguire la prima folata di libertà.
Avevo riso, la faceva infuriare pensare che qualcuno la credesse debole! "Se vi preoccupate, io vi ammazzo!"
Luca e Giacomo l'avevano presa in giro. "Non sia mai, vostra signoria" esclamò Giacomo inginocchiandosi. Luca si limitò a scuotere il capo.
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Tre Volte Sulla Collina
Short StoryLa vita dopo la morte. Quante risposte tentiamo di darci a proposito di questa domanda? Lasciate che siano gli occhi commossi di Emma, giovane torinese, a raccontarvi cosa significa vivere dopo la morte. Questa storia breve è stata scritta per il...