Caro diario,
ti scrivo perché la mia migliore amica dice che la ascolti sempre, diche che la aiuti molto, non so nessuno mi ascolta mai, se non fossi un foglio molto probabilmente te ne andresti pure tu. Perdona il mio imbarazzo ma non sono abituata, di solito parlo solo con il cuore ed io rispondo con le lacrime, negli ultimi tre anni sono state queste le mie ultime conversazioni.
Come ti dicevo la mia migliore amica mi ha consigliato di scrivere a te, ha detto che quello che verrà impresso su questo foglio volerà, come se le parole non fossero mai state scritte, io e te, solo io e te.
Vorrei usare qualche scusa, ma non mi viene niente, semplicemente ho voglia di scriverti, scriverti di lui, e quindi della mia vita…..perché lui, lui è la mia vita.
Era da un po’ che non ci tornavo, era da un po’ di tempo che non sentivo quell’odore, un odore dipinto di solitudine, tristezza intrinseca di rassegnazione in quelle mura senza confini che sono i sogni, quell’odore amaro….che non è mai stato così dolce.
Sono passati tre anni, tre anni da quando ho dovuto imparare a costruirmi quella prigione per vivere come una persona normale, tre anni di pioggia incessante nel mio cuore. Tre anni cercando di vivere in terza persona, tre anni vivendo la speranza di svegliarmi, un giorno, da questo incubo.
Quella chiamata aveva interrotto tutto, tutto il mio niente, come se il mio cuore fosse uscito dal petto, come se tutto avesse perso il suo valore, io non valevo più niente, perché il mio cuore batteva solo per lui.
Si era appannato tutto dalla paura di non averlo stretto abbastanza forte in passato, di aver trattenuto quelle maledette parole, di non averlo amato abbastanza.
Lo vedevo, vedevo le sue lacrime, le vedevo attraverso le mie, tutto sembrava sfocato da quelle lacrime opprimenti, mi diceva di essere forte anche per lui, ma io lo vedevo, lo vedevo, attraverso quel vetro che avrei voluto demolire, quel ti amo stava aspettando solo di essere udito.
Tornava nel suo paese d’origine, in Germania, mi assicurava che sarebbe tornato, tre mesi, tre mesi e basta…
Ma erano tre anni che aspettavo di uscire da quell’incubo senza risveglio, tre anni di speranza nell’arrivo di lui, che con quel suo cavallo bianco mi avrebbe salvata dall’oscurità del bosco in cui ero intrappolata.
Non era mai tornato.
Cazzo, per lui ero solo un’amica, e non l’aveva mai saputo, ma a me non importava, non avrei mai rinunciato a quel sorriso che incorniciava la mia felicità.
E la mia felicità non c’è mai più stata.
Tre anni sul punto di non ritorno, punto di non ritorno in bilico tra la vita e la morte, quando tutto smette di fare male semplicemente perché smetti di vivere, non ti importa di cadere dall’altra parte perché non cambierà assolutamente niente, quando il dolore ti appanna la vista, respiri ma non vivi, vivi senza respirare….