Capitolo 8

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Richiusi la mia casella di posta elettronica prima che avesse la meglio la mia impulsività ed iniziassi a sputare in una mail tutta la rabbia che mi faceva provare Miller con la sua incoerenza.
Portai il cursore del mouse all'icona di Skype per chiamare l'unica persona che mi avrebbe potuto convincere del fatto che stavo facendo la cosa giusta.
-Soph!- apparve subito il suo viso sul mio desktop.
-Kath, come va?- le chiesi mentre analizzavo l'immagine video; i capelli raccolti in una crocchia perfetta, una collana di perle al collo e si intravedeva una camicia di seta rossa.
-Sono appena scappata da una cena noiosa.-
-Ah già.. dimentico sempre il fuso orario.-
-Ma tu come mai mi hai chiamato? È successo qualcosa?- si avvicinò alla videocamera come se potesse vedere meglio la mia espressione e capire cosa nascondessi.
Istintivamente mi ritrassi e mi feci sfuggire una risata imbarazzata.
-Sono successe delle cose...- iniziai portandomi la mano dietro il collo.
-Uh! Finalmente qualche scoop.- si sfregò le mani e si poggiò allo schienale di una sontuosa poltrona di pelle nera.
-Miller mi ha fatto recapitare un regalo. Una vecchia edizione di un libro di Dostoevskij.- dissi tutto d'un fiato.
Gli occhi sbarrati di lei e la bocca semi aperta rese evidente il suo stupore.
-"L'idiota" è il libro in questione?- chiese lei sghignazzando.
A quel punto non potei non accordarmi alle risate; era riuscita di nuovo a stemperare il mio animo turbato.
-"Umiliati ed offesi". Gli ho mandato una mail dove gli ho detto che glielo restituirò.-
-Che???- urlò lei stupendomi -Il regalo te lo devi tenere Soph. Ti dovrà pur restare qualcosa di buono da questa specie di relazione disastrata che avete avuto.-
La sua spiegazione non faceva una piega, vederla da quel punto di vista mi fece subito pentire di aver mandato la mail a Christian e istintivamente mi diedi un colpetto alla testa.
Continuai la conversazione con la mia amica parlando della sua vacanza nella sua madre patria, le serate con caviale e vecchi facoltosi la annoiavano più che mai.
-Ma quello è un quadro di Kandinsky??- le chiesi ad un certo punto notando su una parete un immenso tela che mi parve conosciuta.
-Ehm sì. "Nero e Viola" di Kandinsky è stato regalato ad un mio bisnonno.- rispose con un tono chiaramente a disagio.
Nei cinque anni in cui avevo conosciuto Katherine avevo imparato ad apprezzare il fatto che si trovasse in una situazione economica molto agiata ma che non ostentava mai le sue ricchezze, sembrava quasi si vergognasse.
Notando che per lei si era fatto tardi la lasciai andare a dormire ed io mi lasciai alle spalle lo stress con un buon film.

Mancava solo un giorno prima del mio ritorno alla University of Miami ed io avevo passato ogni singolo giorno a fare maratone su Netflix, a studiare e a mangiare schifezze con mia sorella.
Mi trovavo sul divano in salone ed osservavo mia madre che in cucina stava correndo da un angolo all'altro intenta a preparare un dolce per sta sera; quando il mio telefono squillò facendomi sobbalzare.
-Si?- risposi senza neanche controllare prima chi mi avesse chiamato.
-Sophia.- dall'altra parte la voce roca di Jack risuonò -Cosa stai facendo?
-Nulla, ecco.. sul divano.. niente..cioè.- balbettai qualcosa di indecifrabile che neanche riuscì ad arrivare al cervello.
Mi colpii la testa da sola, la mia stupidità mi stupiva ogni giorno di più.
-Chi è al telefono??- urlò mia madre  dalla cucina.
-Ja..Il dottor Richards mamma.- le risposi mozzicandomi la lingua prima di dire qualche sciocchezza.
-Perché non viene sta sera a cena?- continuò ad urlare lei mettendomi in imbarazzo con l'uomo che stava sentendo tutto dall'altra parte.
-Dottor Richards, penso abbia sentito già l'invito.- mantenni il tono più distaccato possibile a causa delle grandi orecchie di mamma, anche se l'ironia era palpabile.
-Ne sarei onorato.- sghignazzò lui.
-Mi prendi in giro?- bisbigliai portando la mano alla bocca.
-Assolutamente, Miss White. Non lo farei mai con una mia cara ex paziente.- ironizzò ulteriormente.
La telefonata si concluse rapidamente ed io mi catapultai nella mia stanza per scegliere cosa indossare e per dare una sistemata alla chioma ribelle.
Dopo aver passato un pomeriggio intero ad acconciare i capelli scuri in una coda alta e a dare più colore con il fard al viso pallido, indossai un lungo maglione grigio a collo alto con collant neri e scesi in cucina ad aiutare mia madre.
-Pensi che al dottore piaccia la pasta con il ragù?- mi chiese lei mentre apparecchiavo con cura il tavolo nel salotto.
-Non ti agitare mamma! Gli piacerà.- borbottai esausta delle sue paranoie infondate.
-Lo sai che vuole fare bella figura lei!- urlò papà dal piano di sopra.
Mi sarebbero mancate all'università queste serate intime dove si parlava di tutto e di tutti, come anche i manicaretti di mamma.
Quando sentii il campanello corsi alla porta rischiando di inciampare in un gradino tra il salone ed il corridoio; afferrai la maniglia per mantenermi in equilibrio e aprii il portone dell'ingresso.
Sulla soglia trovai Jack Richards in tutto il suo splendore con un giacca nera lunga sopra ad un maglione rosso scuro che metteva in risalto i suoi occhi nocciola.
-Buona sera dottor Richards.- dissi cercando di ricompormi per sembrare meno impacciata e goffa.
-Buona sera.- mi sorride mostrando i denti perfettamente bianchi.
Dopo qualche istante che dedicai ad ammirarlo mi spostai per farlo accomodare nella mia umile dimora.
Vidi solo quando salutò mia madre che aveva portato una bottiglia di vino di un ottima qualità e mio padre lo apprezzò molto.
-Lei è sempre troppo gentile!- squittì mia madre ammaliata come sempre dalla vista del mio ex psicoterapeuta.
-Mi dia del "tu" Mrs White.- disse lui con la voce roca facendola scogliere più del burro fuso che stava utilizzando in cucina.
Ci accomodammo immediatamente a tavolo ed iniziammo a mangiare le prelibatezze che aveva cucinato mia madre con tanto amore.
-Spero che sia tutto di tuo gradimento..- ripetè mamma più volte nell'arco di tutta la cena.
Seduta accanto a lui ogni tanto sentivo i suoi occhi posarsi su di me ed io intimidita fissavo il piatto sperando che quel istante passasse il prima possibile.
-Come va il lavoro allo studio? So che è anche impegnato con la scrittura di un altro libro.- mio padre colse la palla al balzo non appena ci fu un attimo di silenzio per poter parlare con Jack, visto che mamma continuava a lusingarlo e metterlo in soggezione come solo lei sapeva fare.
-Si, va tutto a gonfie vele allo studio.-
-E in amore?- intervenne subito mia madre facendo di nuovo calare un velo pietoso.
Cercai insieme a mio padre di farle capire con uno sguardo minaccioso che stava esagerando; ma il motivo principale per cui sentivo questo fastidio era perché sapevo la risposta a quella domanda invadente.
-Diciamo che ora come ora sono felice della mia situazione.- sorrise lui facendo scivolare la mano sotto il tavolo e poggiandola sulla mia che tenevo in grembo.
Quel contatto mi fece vergognare davanti alla mia famiglia ma non potei respingerlo e con un sorriso di circostanza feci finta di nulla e continuai il mio pasto.
Quando il dolce fu portato in tavola l'argomento principale di discussione era diventato il motore dell'auto di Jack ed io ero totalmente assente con la mente.
Fui catapultata nella realtà solo quando sul tavolo lo schermo del mio cellulare si illuminò mostrando l'arrivo di un sms da un numero sconosciuto.
"Quanto è noiosa la cenetta con il tuo amato psicoanalista? -C.M"
Esterrefatta da quel messaggio cercai di non far vedere a nessuno il mio stupore e chiedendo scusa mi alzai da tavola e mi chiusi in bagno.
Mi rinfrescai il viso prima di pensare a cosa rispondere all'uomo che da tempo non dava tregua ai miei pensieri e al mio cuore.
"Come fa ad avere il mio numero? Come fa a sapere con chi sono a cena? È uno stalker oltre che un megalomane egoista e insensibile docente di filosofia? "
Non controllai più le mie dita che guidate dal nervosismo digitarono una risposta carica di ira e rancore oltre che di curiosità.
"A quanto pare abbiamo un amico in comune. Jack mi ha gentilmente dato il tuo numero così da permettermi di contattarti per parlare degli esami passati.
-C.M megalomane ed egoista."
L'arrivo della sua risposta mi fece trasalire e tremare le mani.
I miei occhi viaggiarono lungo le poche righe che mi aveva scritto per rispondere alle mie domande ed una sensazione strana mi pervase quando lessi il modo in cui si era firmato; come se lui stesse confermando che quegli aggettivi erano adatti alla sua persona.
Mi sfuggi un sorriso nell'immaginare lui, che era sempre così pieno di sé, concordare con me e firmarsi così.
"Cosa mi deve dire sugli esami Mr. Miller?"
Inconsciamente non desideravo che la conversazione si concludesse, mi sarei appigliata a qualsiasi cosa pur di non lasciar perdere.
"Mrs. White domani le dirò tutto, ora la lascio alla sua adorabile cenetta. Buona serata. -C.M"
Non passò inosservato il sarcasmo che aleggiava tra le righe del suo sms, ma non ne fui infastidita particolarmente.
L'emozione che prevaleva in quell'istante  era irrequietezza al pensiero di riaverlo il giorno seguente sotto i miei occhi.
Uscii dal bagno e nel buio del corridoio mi scontrai contro una figura robusta.
-Oddio.- mi scostai all'istante e con il cellulare illuminai lo spazio che mi circondava.
-Ti cercavo..- mormorò Jack cercando di guardarmi negli occhi nonostante la luce del mio smartphone glielo impedisse.
-Eccomi.- affermai io con un sorriso a trentadue denti.
-Posso?- mi chiese accorciando la distanza tra noi.
Gli feci capire che non stavo capendo quale fosse la sua intenzione, ma non ebbi tempo di parlare poiché le sue forti braccia muscolose fasciate dal tessuto di cotone si allacciarono attorno a me e subito il mio viso venne in contatto con il petto marmoreo di lui.
-Hai un buon odore.- sussurrò tenendo il mento poggiato sulla mia testa.
Ringraziai la divina provvidenza per il fatto che ci fosse poca luce e che lui non potesse vedere quanto ero imbarazzata e a disagio di fronte a tale confessione.
L'abbraccio non durò tanto e non appena fui libera dalla sua stretta sgattaiolai in salotto per controllare cosa stessero facendo i miei genitori.

-È stato un piacere averti a cena Jack.- mia madre lasciò sulle sue guance due rapidi baci per salutarlo mentre mio padre si limitò ad una stretta di mano.
Lo accompagnai fino alla macchina sotto la luce fioca dei lampioni in un silenzio di tomba.
-Senti Jack io domani parto e..- iniziai un discorso che neanche sapevo dove andasse a parare.
-Vorrei baciarti ora.- mi interruppe lui ad un palmo del mio viso.
-Lo sai che probabilmente mia madre è appostata alla finestra?- gli domandai io in modo retorico sperando che si ritirasse permettendomi di recuperare un respiro regolare.
-Peccato.- sorrise in modo genuino e mi lasciò due baci sulle guance, indugiando più del solito.
-Buona notte.- mi sussurrò all'orecchio prima di salire nella sua autorità sfrecciare via sulle strade di Melbourne.
Da sola sul marciapiede mi lasciai sfuggire un sospiro e spostai lo sguardo dalla strada al cielo.
Le stelle in cielo erano come sempre il mio paesaggio preferito e mi calmava ammirarle, senza volerlo mi travolsero i ricordi e rividi gli occhi verde smeraldo di Christian che al planetario parlava delle stelle in modo estremamente triste e malinconico.
-Masochista.- dissi in un soffio.

The professor 2 - Rising from the ashesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora