Non perché non riesca a trovare la motivazione. È così dannatamente distratto dalla vista.
Si sporge in avanti sulla sedia, le mani che sorreggono il viso mentre guarda fuori dalla porta del suo ufficio verso quella dallʼaltra parte del corridoio, dove Jungkook sta facendo trazioni sul telaio della porta della loro palestra di casa.
Taehyung si abbevera della vista dei bicipiti del giovane che si sforzano con i movimenti, il petto che luccica di sudore, i disegni vorticosi dellʼinchiostro sulla sua pelle che si trasformano con i muscoli che si flettono.
E Dio quei pantaloncini. Sono semplici pantaloncini da basket neri, ma pendono così peccaminosamente bassi sui fianchi di Jungkook, accentuando le sue profonde linee a V e la linea di peluria scura che scompare sotto la cintura.
Se Taehyung strizza gli occhi, riesce ancora a vedere la debole cicatrice rosa da dove il proiettile lʼaveva sfiorato tre anni fa, ma è appena percettibile ora, non quando Taehyung è troppo impegnato a sbavare sullʼaddome definito di Jungkook, teso e luccicante.
Jungkook grugnisce mentre finisce il set e salta a terra. Tira indietro le spalle per alleviare lo sforzo e fa risaltare ancora di più i suoi muscoli pettorali. I suoi capelli corvini si attaccano alla sua fronte, opachi di sudore, ma la sua pelle è luminosa, e cʼè un sorrisetto di autocompiacimento sul suo viso.
Taehyung sospira.
Jungkook, sentendo il suono, alza lo sguardo sorpreso nel vedere il maggiore con il viso tra le mani, come se stesse sognando ad occhi aperti.
