La prima volta che sono andata ad un incontro di "Veri umani" sono rimasta estasiata. Ricordo che eravamo disposti a cerchio in una stanza che sembrava un'aula di scuola, che l'atmosfera era festosa e seria al tempo stesso: festosa perché si apriva finalmente una dimensione solo per noi, come umani; seria perché in una società dominata dagli hubot credevamo di non avere più posto. Gli hubot, dei robot dalle fattezze così simili a quelle umane che li si riconosceva a malapena dal colore degli occhi, ormai erano i protagonisti della società. Sempre più hubot lavoravano al posto degli uomini. Gli hubot erano affidabili, precisi. Gli hubot erano macchine e in quanto macchine non si sbagliavano quasi mai. Si avvicinavano a quella perfezione che l'uomo aveva sempre desiderato. Robot domestici o di compagnia, ormai sempre più persone possedevano un hubot. Nella mia famiglia non c'erano hubot. Vivevamo io, mia madre e mia sorella in un piccolo e modesto quartiere, dove quasi nessuno poteva permettersi un robot. Mia madre insegnava nella scuola del quartiere. Mia sorella andava ancora alle medie e non sembrava preoccupata della situazione. Anzi, li trovava fighi. Diceva sempre: << Anche io voglio un hubot, mamma! >>
Io non avevo paura di loro. Mi sentivo solo sola, sola in una società che stava cambiando profondamente, nella quale non mi riconoscevo più. Se andavo al bar ad ordinare qualcosa, mi trovavo di fronte un umanoide che mi sorrideva con quell'aria finta e mi ripeteva le solite parole preimpostate.
<< Desidera ancora qualcosa, signorina Williams? >>
<< No, grazie, va bene così >>
<< Il prezzo totale è: sei euro e....venticinque centesimi. Paga con la carta? >>
<< No, in contanti. >>
Quando passeggiavo per strada vedevo che anche gli uomini sembravano sempre di più macchine. Ciascuno era immerso in un mondo tutto suo e non aveva più contatto con gli altri. Non si parlava più, non ci si confrontava più. Non mi sentivo parte di quel mondo.
Finché un giorno non ho incontrato quella che poi avrei conosciuto con il nome di Artemis. Era una giovane donna dai capelli neri lunghissimi, la pelle bianca quasi lattea e il sorriso così brioso che mi ridava fiducia nell'umanità. Mi aveva teso un volantino di Veri Umani, un nuovo movimento politico che si riproponeva di rimettere al centro l'umanità contro la minaccia degli hubot. Di norma essi dovevano essere semplici robot, ma sempre più spesso si parlava di hubot coscienti, che erano in grado di pensare e di amare proprio come gli esseri umani. Vi erano incidenti nelle catene di produzione a causa delle progressive rivolte degli hubot, che chiedevano di essere trattati in tutto e per tutto come uomini. Era sorto un movimento, i Transumani, che chiedevano diritti per i robot.
Io ero stanca di quelle macchine, stanca perché ormai in tv si parlava solo di loro. "Io sono un umano!" ripetevano i transumanisti, ma io stentavo a crederci. Ero convinta che dovessimo tornare alla radice della nostra umanità e ripartire da quella. Per questo accolsi la richiesta di Artemis con profonda gioia e quella sera i recai alla riunione.
Ne eravamo in pochi, forse poco più di una decina. Artemis ci fece presentare, ci chiese perché eravamo lì e cosa trovavamo di interessante nel movimento. Io risposi a malapena, non sapevo neanche io perché ero lì. Forse perché volevo che si parlasse di me, dei miei diritti. Forse perché avevo bisogno di connettermi con altri umani. Forse perché avevo bisogno di una famiglia.
Ci chiese poi i valori in cui credevamo, li scrisse su una lavagna elettronica a caratteri cubitali.
"Sicurezza, coraggio, dignità, libertà, verità, fratellanza..."
<< Umanità >> proposi io ad alta voce.
Artemis mi fece un cenno di approvazione. Ci fu uno scambio di opinioni molto interessante sulla situazione sociale che vivevamo e come potevamo migliorarla. Stilammo punto per punto anche una lista di azioni che desideravamo compiere.
"Sostegno ai nostri fratelli e alle nostre sorelle umane, educazione al rispetto del valore dell'umanità, campagna di sensibilizzazione per le strade, manifestazione per la tutela della figura dell'essere umano..."
Poi parlò Artemis, prima che ci congedassimo.
<< Care sorelle, cari fratelli,
siamo qui riuniti per far fronte ad una situazione d'emergenza. Ci sono madri e padri di famiglia che hanno perso il lavoro. Ci sono bambine e bambini che vanno a scuola e sanno che in futuro non troveranno un lavoro. I potenti hanno scelto: hanno scelto le macchine! Ci sono macchine che si "risvegliano", così dicono. Provocano incidenti, disastri, feriti. Non c'è scappato ancora il morto ma vedrete che arriverà. E poi ci sono i Transumanisti...>>
Ci scrutò uno per uno per vedere le nostre reazioni, poi continuò:
<< Ci sono i Transumanisti, che ci raccontano la bugia bella e buona che questi hubot sarebbero umani come noi! Non hanno un cervello, non possono procreare, non hanno cuore né polmoni, non hanno nulla di umano se non le fattezze. In cosa sarebbero uomini? Loro non sono noi! Ripetete dopo di me: LORO NON SONO NOI! >>
<< Loro non sono noi! >> fecero eco tutti i ragazzi lì presenti.
<< Chi siamo noi? >> chiese poi.
<< Veri Umani! >>
<< Chi siamo noi? >>
<< Veri Umani! >>
Poi la riunione finì. Io sgattaiolai fuori dopo aver lanciato una timida occhiata ad Artemis.
<< Ehi! >> esclamò prima che varcassi la soglia della porta, << ci sarai martedì prossimo? >>
<< Ci sarò >> bisbigliai in risposta, poi tornai a casa, felice di aver trovato una nuova famiglia.
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Veri Umani
Science FictionIn una società dominata da robot dotati di fattezze umane, Kyra cerca la sua dimensione. Grazie all'affascinante Artemis, si imbatte in un movimento politico molto promettente, nel quale spera di poter trovare la sua dimensione. Ben presto, però, si...