<Adrien, non lo faccia! Sa bene che farà infuriare suo padre> esordì Nathalie una volta scesa dalla costosa auto grigia.
Il ragazzo si voltò di scatto, sorpreso, mentre il vento faceva ondeggiare il ciuffo dorato che, in modo sbarazzino, gli copriva la fronte. Si trovava di fronte al grande edificio scolastico, l'unico posto in cui sarebbe voluto andare, un luogo dove rifugiarsi, forse anche per sempre.
<Ma è quello che desidero! Lasciatemi provare, per una volta, e vedrete che andrà ben- ma si fermò, notando lo sguardo di rimprovero della sua manager e della guardia del corpo.
<Mi spiace Adrien, ma ciò è inammissibile> sospirò Nathalie <Avanti, salga in macchina. Suo padre sarà in pensiero e le ricordo che questa mattina ha lezione di storia alle dieci in punto>.
"Avrei potuto studiarla tranquillamente anche qui" pensò il ragazzo sconsolato, guardando fuori dal finestrino una volta salito in auto.
"Magari insieme a qualcuno su cui contare".In poco tempo il mezzo si fermò davanti al cancello di Villa Agreste, e per Adrien fu come tornare in prigione, per l'ennesima volta.
Una volta varcato l'ingresso fece per correre in camera sua, ma una voce autoritaria lo spinse a fermarsi.
<Natalie, dacci un minuto. Dovrei chiarire alcune cose con mio figlio>.
Gabriel Agreste scese lentamente le scale e si avvicinò ad Adrien, pur mantenendo una certa distanza e la manager, dal canto suo, si ritirò in un angolo e stette in ascolto; il ragazzo sapeva ciò che il padre stava per dirgli, ma non avrebbe ribattuto a lungo. Era stanco.<Ti ho già detto che la scuola è fuori discussione> ribadì Gabriel <Qui hai tutto ciò che ti serve, ti proibisco di uscire. Il mondo esterno è troppo pericoloso per te>.
Adrien era furioso.
<Vuoi tenermi sotto una campana di vetro? Sto sempre da solo! Perché non posso avere degli amici come tutti gli altri?!>.
<Perché tu non sei come tutti gli altri, sei MIO figlio. Ora vai in camera tua ed esercitati col pianoforte>.
Lo stilista non fece in tempo a terminare la frase che il biondo aveva già tagliato la corda, scomparendo al piano superiore e sbattendo la porta violentemente.
Si sedette al pianoforte e suonò note cupe, nostalgiche, esattamente come il suo stato d'animo in quel momento.
Perché tutto ciò? Perché suo padre non capiva che dentro di sé si sentiva maledettamente uno schifo? Perché era destinato per l'eternità a rimanere chiuso in casa come se fosse in gabbia?
Una lacrima rigò il suo volto, mentre le dita affusolate premevano sui tasti bianchi dello strumento.
<Madre, perché mi hai abbandonato?>sussurrò.
•••••••••••••••
<Oh no! La sveglia no!>.
Il suono di quell'aggeggio aveva distratto la ragazza dai capelli color cenere dai suoi sogni più belli.
Perché proprio quella mattina era partita la sveglia? Si stava godendo le sue bellissime vacanze in pace...senza alcun problema a cui pensare...senza il peso dei compiti sulle spalle...
<Un momento> sussurrò Marinette Dupain-Cheng allarmata.
La ragazza corse in fretta a controllare il calendario.
<Che giorno è oggi?!!>
1 settembre. Il primo giorno di scuola.
Ciò spiegava perché la sveglia suonasse ormai da un quarto d'ora, tempo prezioso che Marinette aveva perso dormendo.<OH NO! Farò tardi di nuovo!> imprecò sospirando. Velocemente si sciacquò il viso pallido e ancora assonnato, si vestì coi primi indumenti che le capitarono sotto tiro e preparò la cartella. Una volta terminato di pettinarsi, raccogliendo i capelli scuri in due codini ordinati che le ricadevano con grazia sulle spalle, scese in fretta le scale per uscire di casa.
In pasticceria i genitori la osservavano divertiti.
<Mmm... chissà perché, ma ho come l'impressione che qualcuno si sia scordato per l'ennesima volta che giorno è oggi> rise suo padre Tom.
<Pfff, non infierire> sussurrò Marinette.
Intanto sua madre aveva afferrato qualcosa dalla mensola della cucina.
<Prima di andare prendi questi macaron che ha preparato tuo padre> disse Sabine sorridendo, porgendole una scatola colorata piena di dolcetti. <Così potrai darli ai tuoi compagni.>
<Oh mio Dio!! Grazie mamma sono bellissimi! Sono sicura che piaceranno a tutti quanti.> Questa era la cosa positiva di avere genitori pasticceri.
<Bellissimi, ma soprattutto buonissimi. Ora però vai, altrimenti farai tardi> le ricordò Tom.
<Hai ragione. A stasera allora.>
Marinette salutò con un ultimo bacio i genitori, uscì dalla pasticceria e si incamminò con passo spedito verso l'istituto.
Che strano. Erano passati già tre mesi carichi di sole e buone aspettative e le bellissime vacanze erano terminate, lasciando il posto ad un futuro, lungo e noioso anno scolastico: stesse regole, stessi professori, stessi compagni, stessa vita. Quella vita che Marinette tanto odiava, in ogni suo aspetto: era sempre stata una ragazza molto timida quando si trattava di stare in classe. Seguiva le lezioni ed aveva ottimi voti, ma i suoi compagni non la degnavano neanche di uno sguardo, ognuno con i propri pensieri per la testa, facendola sentire esclusa, sola, trasparente, inesistente; sopportando ormai da due anni la vita formale del liceo, Marinette si era sempre più chiusa in se stessa, a volte disegnando e creando bozzetti originali, cosa che le veniva piuttosto naturale, ma soprattutto cantando. Era così che la ragazza dedicava il suo tempo, cantando.
La musica era il suo nascondiglio segreto, una porta magica che una volta aperta riversava con gioia tutti i sentimenti della corvina, lasciando libero sfogo alla fantasia. Con essa poteva mostrare ciò che provava realmente, confidando il suo tutto nelle parole dei testi, con leggerezza, in modo che la sua mente volteggiasse lontana. La musica era forza, armonia, libertà, profondità nell'anima, era sognare, volare, pensare, amare.
E forse chissà, un giorno, come tanti altri, avrebbe amato anche lei.
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RICORDATI DI ME~Miraculous Ladybug~
RomanceMarinette Dupain-Cheng, come ogni ragazza che si rispetti, è sempre allegra, sbadata all'inverosimile timida ma allo stesso tempo dentro di se si nasconde una ragazza forte e determinata. Grazie al sua gentilezza e disponibilità riesce ben presto a...