Il Gatto e la Coccinella

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L'allarme del museo scattò alle dieci in punto. I riflettori della polizia si accesero all'istante, illuminando la facciata dell'enorme edificio. Nonostante fosse ormai buio da ore, in quello spazio c'era talmente tanta luce da far sembrare mezzogiorno inoltrato.
Il capo della polizia sorrise, soddisfatto del suo piano. In quel modo Chat Noir non avrebbe potuto sfuggirgli. Qualsiasi ombra, qualsiasi movimento non sarebbe di certo passato inosservato.
Gli elicotteri perlustravano il cielo, mentre un centinaio di uomini in divisa erano già piazzati sia all'interno che all'esterno del museo. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli. Stavolta nemmeno Ladybug avrebbe potuto fare di meglio.
L'uomo arricciò il naso al pensiero della supereroina. Da quando era arrivata a Parigi, la polizia aveva perso credibilità. Non solo non riuscivano a catturare Chat Noir; ma adirittura una ragazzina saltata fuori da non si sa dove era l'unica che riuscisse a metterlo alle strette.
Ma quella notte... Quella notte sarebbero stati lui e i suoi uomini a mettere le manette al gatto-ladro.
< Chat Noir è sul tetto! > urlò una voce dal trasmettitore che l'uomo aveva allacciato alla cinta. Lo afferrò e premette il pulsantino di lato.
<Bloccatelo. Stavolta non ci sfugge! >. Ordinò ai suoi uomini di rimanere in posizione, mentre lui si precipitò all'interno dell'edificio. Voleva essere lui personalmente a dichiarare in arresto il ladro. Corse su per le scale, facendo i gradini due alla volta. Ogni tanto lanciava un'occhiata fuori dalle vetrate, temendo di scorgere la figura della supereroina rossa a pois neri. Ma non la vide. Quella doveva essere la sua serata. Chat Noir era in trappola, mentre Ladybug non si faceva vedere. Sorrise. Sì, quella era la sua serata fortunata.
Giunse sul tetto dell'edificio con il fiatone e i muscoli doloranti per lo sforzo. Non era più abituato a tutta quell'azione.
Davanti a lui vide una ventina dei auoi uomini tramortiti a terra. Alcuni si stavano già riprendendo. Si avvicinò al più vicino. Era un ragazzo giovane dai capelli biondi e spettinati. Lo scosse con energia.
<Cosa è successo?> chiese il capo della polizia con un misto di ira e frustazione.
<È scappato...> si sentì rispondere. Emise un grugnito.
<Come è possibile?! E gli elicotteri?!>. Prese il trasmettitore e si mise in contatto con i piloti.
<Dove diavolo è finito?!> urlò.
<L'abbiamo visto rientrare> gli ripose poco dopo una voce distorta.
<Maledizione!> inveì l'uomo. <Tu!> aggiunse poi rivolgendosi al ragazzo. Lui abbassò ulteriormente la visiera del berretto, nascondendosi il viso. Si vergognerà per essersi fatto mettere k.o. pensò il suo capo. <Vai immediatamente ad informare gli uomini sparsi nei vari piani e nel frattempo prova a vedere se trovi quel mascalzone>. Il giovane agente scosse la testa e partì in direzione delle scale.
Il capo della polizia tornò a concentrarsi sui suoi uomini. Non ricordavo di avere ragazzi così giovani nella mia squadra,  riflettè.

Chat noir
Scesi le scale ridendo della stupidità di quell'uomo. Ingannarlo era troppo facile!
Approfittando del mio travestimento, riuscii a passare inosservato tra gli agenti, fino ad uscire dalla porta principale.
<Presto, Chat noir si nasconde all'interno dell'edificio!> comunicai agli uomini all'esterno, fingendo di avere il respiro affannato. Immediatamente questi si precipitatono dentro al museo. Io rimasi un po' ad osservarli divertito. Scrutai anche il cielo, in cerca della mia lady. Senza di lei non c'era gusto: era troppo semplice.
Abbassai nuovamente la visiera, per nascondere i miei smeraldini occhi da gatto, e mi incamminai tranquillamente verso casa. Appena fui certo di essere abbastanza lontano dal museo, mi infilai dentro un vicolo e mi liberai di quel travestimento. Finalmente le mie orecchie nere poterono stiracchiarsi. Quel maledetto berretto le aveva tenute schiacciate contro i miei capelli, ed ora erano tutte indolenzite. Controllai che la coda fosse a posto, poi mi concessi qualche secondo per ammirare la mia refurtiva. Estrassi da un sacchetto una collana molto semplice, ma nel cui ciondolo brillava una gemma mai vista prima. Tempestosa era il nome dato a quel gioiello. Un nome perfettamente azzeccato, a mio parere. Le sfumature e i riflessi della gemma davano proprio l'idea di una tempesta. Sorrisi. Un altro colpo andato perfettamente a buon fine.
Rimisi la collana al sicuro e presi il mio bastone. Lo allungai e saltai sopra il tetto dell'edificio più vicino. La brezza notturna mi scompigliò ulteriormente i capelli sbarazzini e io mi inebriai della sensazione di libertà che ciò mi procurava.
Passavo di tetto in tetto con estrema agilità, senza il minimo rumore.
Arrivai a casa in pochissimo tempo, impaziente di poter mettere al sicuro il nuovo gioiello. Probabilmente fu a causa della mia fretta che non mi accorsi che qualcuno mi stava seguendo.

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