Se sono posseduto da Voldemort, in questo momento gli sto dando una visione perfetta del Quartier Generale dell'Ordine della Fenice! Saprà chi fa parte dell'Ordine e dove si trova Sirius... e da quando sono qui ho sentito un mucchio di cose che non avrei dovuto sapere, tutto quello che Sirius mi ha detto la prima notte, quando sono arrivato...
C'era una sola cosa da fare: doveva andar via subito da Grimmauld Place. Avrebbe passato il Natale a Hogwarts senza gli altri, che così sarebbero stati al sicuro almeno per le vacanze...ma no, non funzionava, c'erano ancora tante persone a Hogwarts da mutilare e ferire. E se la prossima volta fosse toccato a Seamus, Dean o Neville? Non c'erano alternative: doveva ritornare a Privet Drive, separarsi completamente dagli altri maghi.
Be', se era così non aveva senso aspettare. Cercando con tutte le forze di non pensare a come avrebbero reagito i Dursley trovandolo sulla soglia di casa sei mesi prima del previsto, andò verso il suo baule, chiuse il coperchio, poi si guardò meccanicamente intorno in cerca di Edvige prima di ricordare che era ancora a Hogwarts... be', una cosa in meno da portare... Afferrò una maniglia del baule ed era già a metà strada verso la porta quando una voce sprezzante disse: «Ce la battiamo, eh?»
Si voltò. Phineas Nigellus era apparso sulla tela del suo ritratto e stava appoggiato alla cornice. Guardava Harry con un'espressione divertita.
«No, non me la sto battendo» tagliò corto Harry, trascinando il baule di qualche altro passo.
«Pensavo» disse Phineas Nigellus, accarezzandosi la barba a punta «che per appartenere alla Casa di Grifondoro si dovesse essere coraggiosi... A me pare che saresti stato meglio nella mia. Noi di Serpeverde siamo coraggiosi, certo, ma non stupidi. Per esempio, se possiamo, scegliamo sempre di salvarci la pelle»
«Non è la mia pelle che sto salvando» rispose gelido Harry.
«Ah, ho capito» replicò Phineas Nigellus. «questa non è la fuga di un codardo...è un gesto nobile»
Harry lo ignorò. La sua mano era già sulla maniglia quando Phineas Nigellus aggiunse pigramente: «Ho un messaggio per te da Albus Silente»
Harry si voltò.
«E che cosa dice?»
«Resta dove sei»
«Non mi sono mosso!» esclamò Harry, con la mano ancora sulla maniglia. «Qual è il messaggio?»
«Te l'ho appena detto, stupido» rispose dolcemente Phineas Nigellus,. «Silente dice: resta dove sei»
«Perché? Perché vuole che resti? Che altro ha detto?»
«Nient'altro»
La collera di Harry eruppe come una serpe che si erge dall'erba alta. Era esausto, confuso più che mai; nelle ultime dodici ore aveva provato terrore, sollievo, poi di nuovo terrore, e Silente ancora non gli parlava!
«È tutto qui, allora?» urlò. «Resta dove sei? Anche quando sono stato attaccato da quei Dissennatori, è tutto quello che sono riusciti a dirmi! Stai buono che gli adulti sistemano tutti, Harry! Non ci prendiamo il disturbo di dirti niente, perché il tuo cervellino potrebbe non sopportarlo!»
«Sai» urlò ancora più forte Phineas Nigellus, «questo è precisamente il motivo per cui insegnare mi faceva schifo! Voi giovani avete questa convinzione infernale di avere sempre ragione su tutt...!»
«Bene! Dica a Silente che non ho nessuna intenzione a restarmene qui ad ascoltare le sue ciance ancora un minuto di più, gli dica che non voglio restarmene qui con le mani in mano ad aspettare che Voldemort compaia sulla porta da un momento all'altro!» Detto questo Harry abbassò la maniglia, spalancò la porta e uscì sul pianerottolo, ignorando completamente gli ammonimenti di Phineas Nigellus. «Maledetto tu e il tuo orgoglio Grifondoro, Potter!» lo sentì dire quando Harry si sbatté la porta alle spalle. Per un momento rimase in silenzio, cercando di riprendere il controllo di sé e elaborare velocemente un piano di fuga. Gli altri erano tutti in cucina. Li sentiva parlottare a bassa voce per non recar disturbo al presunto addormentato Harry. Scese le scale in punta di piedi, evitando di poggiarsi sulle assi che scricchiolavano. Per fortuna trovò la porta della cucina chiusa e, si disse, che se faceva abbastanza piano poteva uscire senza essere scoperto. Strascinò con sé il baule che in quel momento lo teneva sollevato del tutto da terra. Era pesantissimo e le braccia gli iniziavano a dolere. Dubitava che potesse reggerlo ancora per molto. Gli venne un tuffo al cuore quando si rese conto che avrebbe dovuto superare il ritratto della madre di Sirius. Si fece coraggio e avanzò, piano. Persino respirare gli sembrava fin troppo rumoroso. Attraversò il corridoio e finalmente raggiunse la porta d'ingresso. La aprì facendo attenzione a non farla cigolare e un'aria fredda e umida gli penetrò nei vestiti. Rabbrividì, pentendosi di non aver indossato qualcosa di più appropriato per proteggersi da quel freddo glaciale. Camminò lungo Grimmauld Place, ammirando spaesato i fiocchi di neve che andavano a morire silenziosamente sul cemento fangoso. Regnava una quiete innaturale e a quanto pareva non c'era nessuno a quell'ora della sera. Ben presto ebbe gli orli dei pantaloni completamente zuppi e sentiva i brividi di freddo percorrergli giù per la schiena. Harry strascinava il suo baule sul selciato scivoloso, arrancando con difficoltà. Probabilmente se non faceva in fretta avrebbero scoperto la sua fuga prima di riuscire ad andarsene da Grimmauld Place. Svoltò in un vicolo vicino. Era orrido e buio, c'era solo un lampione solitario ad illuminare la strada. Anche lì non trovò anima viva. Era il posto perfetto per sfoderare la bacchetta. Si mise al bordo del marciapiede la sollevò con cautela.
BANG!
All'improvviso davanti a Harry comparve un lugubre bus viola a tre piani. Il Nottetempo. Il motore ronzava pigramente, emettendo qualche sbuffo di intanto intanto, come se il motore del veicolo chiedesse pietà e riposo per una buona volta. D'un tratto le porte di spalancarono e ne fuoriuscì Stan Picchetto, che balzò giù dall'autobus con la sua solita uniforme viola. «Benvenuti sul Nottetempo, mezzo di trasporto di emergenza per maghi e streghe in diff...»
Stan Picchetto si interruppe alla vista di Harry. «Guarda, guarda chi abbiamo qui! Harry! Harry Potter!» fece entusiasta.
«Ciao, Stan, come stai?» chiese Harry, benché di malavoglia. Non aveva nessuna voglia di fare conversazione in quel momento.
«Alla grande. Piuttosto dovrei chiederlo io a te. Sei fin troppo preso di mira dalla Gazzetta del Profeta, eh?» disse, con gli occhi socchiusi.
Harry non capiva se gli si stesse rivolgendo in modo amichevole oppure no. Lo scrutò per un attimo e quando vide comparire sulle labbra di Stan un sorrisetto malizioso, sbuffò, un po' presa alla sprovvista. «Non dirmi che tu non credi a quello che dice il Profeta su di me e Silente?»
«Io e Ern ci siamo detti che è una pazzia quel che dicono di te. Che Caramell è uno strampalato a non accettare il ritorno di Tu-Sai-Chi. Certo, nessuno lo vorrebbe...ma bisogna guardare in faccia la realtà, no? Be', ma devo ammettere che il Ministero sta facendo un ottimo lavoro per far credere alla gente che tu sei fuori con la testa, sì...» disse Stan.
Harry era irritato. Ne aveva abbastanza di sentir parlare di Caramell e del Ministero. «Senti, possiamo muoverci? Avrei una certa fretta» propose Harry.
Il sorriso morì dalle labbra di Stan. Lo guardava con apprensione e per un momento Harry notò che lanciò qualche occhiata intorno alla via, giusto per star certi che non ci fosse nessuno di pericoloso che potesse attaccarli da un momento all'altro. «Oh! Sì, scusa... Prendo il tuo baule. Intanto sali a bordo, dai, fa' presto» gli intimò Stan.
Harry obbedì e sul pullman c'erano parecchi letti d'ottone provvisti di coperte di una spessa lana viola. Era abbastanza riscaldato e non c'era così tanta umidità come all'esterno. Harry si voltò a guardare Stan mentre issava il suo baule sul portabagagli, facendosi sfuggire diversi gemiti e smorfie per la fatica.
«Buonasera, Ernie» fece Harry al mago alla guida, seduto su una grossa poltrona. Passò oltre e Stan gli indicò un letto vuoto vicino a una finestra chiusa con le tende. C'erano pochi passeggieri sul Nottetempo a quell'ora. Harry notò un'anziana strega che dormicchiava sotto le coperte in fondo all'autobus, mormorando parole incomprensibili nel sonno.
«Allora, dov'è che sei diretto?» chiese Ernie, guardando Harry attraverso quei suoi occhialoni dalle lenti spesse.
«Little Whinging, Surrey» rispose in fretta Harry.
«Hai sentito, Ern? Un sobborgo Babbano! Ma cosa ci va a fare, eh, Harry Potter in un posto simile?» sentì dire Stan alle sue spalle.
Harry tirò fuori qualche falce dalla tasca dei pantaloni e si affrettò a pagare il biglietto a Stan.
Stan prese posto accanto nella poltrona accanto a quella di Ernie, sospirando un po' esausto.
«Diamoci una mossa, Ern!» disse. Dopodiché si udì un altro terribile BANG e un attimo dopo Harry si ritrovò lungo disteso sul letto, sobbalzato all'indietro. Harry si aggrappò all'asta del letto prima che potesse scivolarci giù. Il veicolo sobbalzò pericolosamente per un attimo e procedeva a tutta velocità. Schizzò verso la strada principale e zigzagò tra le altre auto così in fretta che a Harry venne il voltastomaco. Era difficile credere che sarebbero riusciti a uscirne illesi. Harry chiuse gli occhi, tentando di non far vedere la sua paura. Si mise a sedere sul letto, sperando che la nausea e il viaggio finissero presto. Fecero poche fermate e ogni volta il Nottetempo inchiodava così bruscamente che i letti, compreso Harry, scivolavano in avanti andando a sbattere l'uno contro l'altro, producendo un rumore assordante. Poi dopo un tempo interminabile iniziò a riconoscere le strade e si disse che ormai erano quasi arrivati. Infatti poco dopo l'autobus si fermò e Harry questa volta non riuscì a non cadere giù dal letto e sbattere dolorosamente le natiche contro il pavimento. Si tirò su con difficoltà, confuso e con un forte mal di testa. Stan lo aiutò con il suo baule e lo fece scendere dal pullman. Gli rivolse un saluto dubbioso prima di risalire. «Stammi bene, Harry!» urlò un attimo prima che il Nottetempo di dissolvesse nel nulla