Su tutto.

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Sono venuto a prenderti stamani, e contrariamente a ciò che pensi, non lo faccio per farmi perdonare da ieri sera.

So che ce l'hai ancora con me.

Lo so dall'aria che tira.

Dal primo sguardo che mi hai lanciato prima di attraversare la strada.

Sbatti la porta dietro di te e con te entra un po' dell'aria fredda della mattina.

"Perché sei qui?"

"Perché andiamo nello stesso posto. Ti accompagno io."

"E perché mi accompagni te?"

"Devi chiedermi il perché ad ogni risposta che ti do o possiamo andare oltre?"

"Voglio solo capire." ribatti.

"Perchè mi andava. E se mi stai per chiedere perché mi andava, ti dico perché sì."

Cerchi di trattenere un sorriso, e allacci la cintura.

C'è traffico.

A metà strada ne rimaniamo imbottigliati e camminiamo quasi a passo d'uomo.

C'è un tipo due macchine dopo di me che continua a suonare con un pazzo.

Vorrei scendere dalla macchina, aprirgli lo sportello, e tirargli un pugno in faccia, ma resto con la schiena appoggiata allo schienale e ticchetto le dita sul volante.

A me tutta questa attesa prima di arrivare agli studi, tuttavia, non dispiace.

Non apri bocca ma mi cerchi con lo sguardo di sbieco.

Ho l'impressione che tu voglia parlarmi, ma è come se ci fosse una barriera tra il mio e il tuo sedile.

Non lo so che mi vuoi dire con quegli sguardi.

Vuoi che la abbatta io, la barriera?

Ok, però smettila di tenerla con le mani.

Lasciala cadere.

Ti chiedo qualcosa, cioè se avresti pranzato con noi oggi.

Rispondi di sì, che l'avresti fatto.

Nel frattempo ti lamenti del tempo e del traffico e apri instagram.

Sta iniziando a piovere fuori.

Delle gocce iniziano a schiantarsi sul parabrezza.

Sono poche, ma sono cariche, pesanti.

Ste gocce mi sembra di sentirle addosso.

Sento i vestiti pesanti, come se fossero bagnati.

Come se il vetro, tutto 'sto peso non lo riuscisse a reggere, come se l'acqua entrasse da tutte le parti.

L'acqua lava via, ma io mi sento sporco e sento la necessità di togliermeli, i vestiti di dosso.

Vorrei parlare di ieri, dirti che non devi prendertela per lei.

E inizio ad immaginare la nostra conversazione.

Immagino le nostre voci alzarsi un po' alla volta e sovrastare il rumore della pioggia.

Immagino proprio uno scontro voci-pioggia dove chi fa più casino, vince.

Proprio nel punto in cui mi immagino di sentirti dire che ti sei rotta le palle di starmi dietro, un tuono rimbomba in cielo.

Ed io a quel punto, ho proprio bisogno di romperla 'sta barriera tra di noi: sposta quelle mani.

Ti guardo, quasi convinto che l'avessi mandato tu quel tuono.

E così, ti chiedo d'un fiato, se ti desse fastidio il fatto che io mi fossi visto con lei.

Tieni lo sguardo su di me, e prendi un lungo respiro prima di parlare.

Sono sicuro che non stai pensando, io sono sicuro che quel respiro sia la tua rincorsa prima di esplodere.

Stai per farlo, ma qualcosa ferma la tua corsa a metà, e ti mozza il fiato.

Non è il tuono, e non è nemmeno il fulmine che abbiamo visto segnare il cielo.

E' la canzone che è appena iniziata, "Basta così", ad averti mozzato il fiato.

"Non ora" mi hai detto, appoggiando una mano sulla mia gamba, "Non parliamo di lei, adesso."

Ed io ti ho capito.

L'ho capito,

che ci sono priorità.

Che certe cose non c'entrano con altre.

Che certe cose non vanno contaminate o toccate nemmeno da pensieri.

E che ci sono suoni che non possono essere sovrastati.

Nemmeno dalla pioggia, nemmeno dalle voci, e dalle discussioni.

Ci sono suoni che vincono su tutto, e su di noi.





Tanto basta così.

Su tutto.Where stories live. Discover now