one.shot rivoluzione fancese

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Dalla feritoia sulla parete della cella in cui mi trovavo un cielo stellato illuminava il mio viso sfregiato da pensieri cupi. In Francia il caos dominava ormai da settimane, e distinguere la ragione dal torto era praticamente impossibile. Da troppo tempo verità e bugie si intecciavano tra di loro, creando tessuti di menzogne politiche e azzardi meschini per il potere. La nostra meravigliosa nazione non rispondeva più ai nostri valori di un tempo. Tutti combattevano non per la patria, ma per se stessi. In questo periodo trovare qualcuno che, come me, credeva nella grandezza della sua nazione era un evento quasi spiacevole, perchè chi non pensava solo per se stesso era reputato un intralcio e uno stolto. L'inno che il popolo aveva fondato da poco era svanito subito nel nulla ancora prima di prendere forma, un sussurro di libertà, ugualianza e fratellanza che veniva sommerso dal grido dell'egoismo. Tutti pensavano a se stessi, mentre il mio unico pensiero non andava a me, ma alla donna che teneva in pugno il mio cuore. Il ricordo del volto di Evelyne incorniciato da quei morbidi e fluenti capelli castani era la mia memoria più cara. Combattevo per la mia patria, combattevo per Evelyne. Questo era il pensiero che mi aveva dato forza ogni giorno, fino ad oggi. Ora, però, mi stavo arrendendo. Le mura delle celle della Bastiglia erano fatte di pietra fredda e sembravano risucchiare via tutta la determinazione e tutte le speranze di chi entrava tra di esse. Di tanto in tanto, mentre contavo i mattoni per evitare di impazzire per via della noia, mi capitava di trovare delle frasi incise nella pietra della mia cella. Alcune erano frasi che promettevano vendetta, altre gridi di disperazione scritte da mani stanche di lottare, oppure era solo una parola, un nome femminile tracciato alla base della feritoia. Océane. Ecco qual'era stato il nome della donna che dava speranza al prigioniero che era stato qui prima di me. Ecco il nome di una donna che, proprio come la mia Evelyne, aspettava il marito in una casa accogliente e piena di amore. Ecco il nome di una donna che, probabilmente, ormai si trovava sola, con il volto rigato dalle lacrime e senza il marito accanto. Sorte che avrebbe mandato in mille pezzi il cuore di mia moglie, il solo dolore che proverebbe alla notizia della mia morte è tutto ciò da cui mi ero illuso di poterla proteggere. Certo, come se alla guerra importasse chi vive o chi muore. All'improvviso un rumore molto più assordante di qualunque altro io abbia mai sentito spezzò la quiete della notte. Sbirciai dalla feritoia, e lo spettacolo che mi si presentò davanti era quasi apocalittico. Centinaia di uomini armati stavano abbattendo le pesanti inferiate che proteggevano la Bastiglia. A giudicare dai vestiti trasandati, tutti differenti, non era di certo un esercito. Quegli uomini brandivano armi di ogni genere, ma era evidente che non erano abituati a farlo. Uomini semplici, uomini del popolo. Lo sguardo determinato e furioso dei loro volti, però, avrebbe fatto indietreggiare qualsiasi esercito. Era la notte del Martedì che passò alla storia per la Francia, era il Martedì 14 Luglio 1789. Tutte quelle persone erano uomini che credevano nella loro patria, nella Francia e nella grandezza del nostro paese esattamente come me. La determinazione che mi aveva fatto lottare fino a quel momento ritornò ad ardere dentro di me trasformando in cenere leggera ogni dubbio o paura. In qualche modo, riuscì a tirar giù le sbarre della mia cella a spallate e mi lanciai in una corsa perdifiato per unirmi a quell'esercito popolano. Quando arrivai tra loro, nessuno fece domande. Qualcuno mi passò un fucile che io presi con decisione. Avanzai tra la gente poichè non volevo stare nelle retrovie. Quella era anche la mia battaglia e volevo essere in prima linea. Superai tutti quelli che erano davanti a me con l'adrenalina a mille. Poi, in un istante che bastò per gelarmi il sangue nelle vene, intravidi i capelli della donna che guidava quell' esercito. L'unica donna. Il tempo si fermò, anzi non fermarsi... piuttosto sembrava allungarsi e accorciarsi a suo piacimento. Quasi non riuscivo a sentire ciò che lei stava gridando nella notte: liberté, egalité, fraternité. I capelli lunghi che nei miei ricordi erano sempre sciolti sulle sue spalle, erano ora stretti in una treccia rigida che le dava l'aria di una vera combattente. Indossava una delle mie vecchie uniformi, che ovviamente le andava un pò troppo lunga. Quella donna era lì, al mio fianco per la causa in cui entrambi credevamo.
Evelyne.







Io morì quella stessa notte, per un colpo di fucile allo stomaco. Avevo combattuto per ciò in cui credevo, dando la mia vita per quello. E mentre me ne andavo da questo mondo come un'anima che sorvola le città umane sittostanti, l'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi per l'ultima volta, fu il volto di mia moglie rigato da lacrime di dolore profondo, e la sua voce flebile e tremante che mi faceva una promessa solenne:

La Francia non dimenticherà mai la tua forza nel portare avanti le tue idee, e il tuo motto sarà il motto della nuova nazione che costruiremo, mattone dopo mattone, pietra dopo pietra. Ti amo.

Ora potevo morire, sapendo che il mio sacrificio sarà ricordato con orgoglio dal volto solcato dalle lacrime di mia moglie Evelyne.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 12, 2018 ⏰

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