He's grey

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30 Settembre, 2015
T-Boy

Ero dentro quell'auto da due ore. Fuori era buio, il telefono scarico, mi erano rimaste da guardare solo le stelle.Tante quanto le cazzate che avevo combinato negli ultimi tre anni. Intorno a me è tutto spento, sembra non abitare nessuno in questi palazzi che solo ora osservo con falso interesse, non c'è nessun negozio, neanche un tabaccaio, solo queste grandi strutture apparentemente abbandonate come il mio buon senso. Proprio non riesco ad uscirne fuori. Continuo a girare il mio piede nella fossa con la convinzione che è l'unico modo per poter venire fuori da questo buco che è ormai la mia vita. Stringo le mani sul volante che ho davanti a me, lo stringo così forte che sento le unghie arrivare al palmo. Quel lieve dolore, tuttavia, non riesce ad assopire tutti i pensieri che ho in testa. Mi chiedo quando è cominciato, quando ho deciso che questa sarebbe stata la mia vita, quando mi sono arreso. Ho passato anni ad incolpare mio fratello, ad incolpare mia madre, ma più di tutto ho passato tempo infinito ad incolpare mio padre di questa maledetta vita a cui mi ha condannato. Quanti anni buttati a gridargli addosso che mia madre era una puttana e che aveva fatto l'errore più grande della sua vita solo per un po' di banale sesso con il primo figlio di papà che le aveva promesso qualsiasi cosa. Quante volte ho visto gli occhi di quell'uomo farsi lucidi, la testa abbassarsi, e le mani stringersi a pugni per costringersi a non piangere, a non cadere davanti a quelle mie parole meschine ma pur sempre vere. Eppure era sempre lui che mi regalava innumerevoli possibilità di ricominciare, nonostante mia madre non ci fosse più, nonostante sua moglie cercasse in ogni modo di cancellare la mia esistenza, nonostante Seo avesse deciso di far finta di nulla. Non avevo ancora capito cosa mi facesse più male: se il suo odio ed il suo continuo mettermi i bastoni fra le ruote quando andavamo ancora al liceo oppure la sua totale indifferenza di adesso.
Ma nonostante quelle amare consapevolezze, io decidevo sempre l'unica strada che davvero conoscevo, l'unica strada in cui riuscivo a sopravvivere: per questo ero lì quella sera, in quella zona periferica della città, da due ore, in auto, in attesa.
In attesa che il solito idiota venisse a ritirare la sua roba e poi sparisse nel nulla come tutti gli altri. Le due buste di cocaina erano in bella vista sul sedile posteriore, non avevo neanche più paura di essere beccato.Dopo il riformatorio, il carcere non aveva nessuno tipo di effetto su di me: probabilmente mi sarei sentito più a casa in quel posto squallido che nella mia.
Ed ecco che due fari accecano non solo i miei occhi, ma la mia anima già condannata. L'auto si avvicina, riesco a intravedere il suo conducente e quasi mi viene un tuffo al cuore quando mi sembra di riconoscere il viso di quel ragazzo. Sembra lui, sembra proprio quel figlio di puttana che mi ha fatto mettere in riformatorio qualche anno fa.

-Quanto vuoi?-

La sua domanda arrogante, mi fa desistere e ritornare lucido. Afferro le buste e gliele lancio in malo modo. Quello mi guarda, non sa se reagire oppure stare al suo posto. È risaputo che con me non si scherza e per tanto abbassa lo sguardo sulle due buste e perde tempo a nasconderle da qualche parte sotto il sedile del passeggero.

-Sono cinquecento-

Non ho più colore nella voce. Tutto di me è grigio. Non riesco più a esprimere le mie emozioni. Neanche quando afferro i soldi e mi rendo conto che potrò spenderli per le mie stronzate personali. Tuttavia il ragazzo mi ricorda ancora quel bastardo, sono quasi convinto che sia lui, ma poi abbassa il cappuccio della felpa e scopre una criniera folta e bionda, guardandolo meglio non ha nulla a che vedere con Jemy.

Jemy.

Di lui so solo che è scappato a Roma, la sua villa è stata smantellata e messa in vendita, non c'è più nessuno della sua famiglia che gira in questa fottuta città. Quando passa una di quelle stupide macchinette e a lui che penso, per questo il ragazzo di prima me lo ha ricordato. Anche lui aveva una di quelle stupide macchinette. E aveva pressoché sedici anni. Chissà cosa diavolo ci doveva fare con quella roba. Chissà perché non riuscivo ad uscire dalla prospettiva che ormai quel periodo era passato, che ormai Jemy aveva esattamente venti anni come me e che sicuramente quel figlio di puttana aveva una vita migliore della mia nonostante erano le stesse canne che ci fumavano, nonostante erano gli stessi posti che frequentavamo. Metto in moto, non voglio più pensare a nulla, non voglio più pensare a quel fottuto bastardo perché pensare lui mi fa ritornare a lei.

救い出すよ必ず// I'll Save uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora