You are everywhere

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MARIO

Le parole di Claudio, quel "Mario, c'è tuo padre", avevano messo fine a quella che poteva essere la giornata perfetta. Ma la perfezione probabilmente, era solo un concetto tanto astratto quanto irraggiungibile. E lo avevo capito, lo avevo capito benissimo. Giovanni aveva spezzato in un secondo la serenità in cui mi crogiolavo da giorni. Si era presentato a casa mia senza essere stato minimamente invitato, aveva avuto la faccia tosta di bussare alla mia porta come se niente fosse, pensando di avere ancora qualche diritto su di me. Ma si sbagliava. Erano passati i tempi in cui provavo per lui un affetto sincero e smisurato, nella mia testa, la figura del padre aveva smesso di ricoprirla parecchi anni prima. E la colpa era sua, solo e soltanto sua. Il pensiero di lui di nuovo nella mia vita mi rendeva terribilmente nervoso. Non volevo che vedesse casa mia, quel posto che ormai aveva un valore aggiunto anche grazie alla presenza di Claudio, non volevo che s'interessasse alla mia vita, ai miei studi, ai miei amici, ma soprattutto non volevo che conoscesse Claudio. Era mio e basta. Era una parte della mia vita che non ero pronto a condividere. Non volevo che giudicasse il nostro rapporto ferendo magari i sentimenti di Claudio, solo perché lui non accettava il rapporto tra due uomini. Claudio era troppo sensibile per assistere al veleno che Giovanni avrebbe potuto sputare, era troppo innocente per comprendere la freddezza delle sue parole. Ma ormai non c'era via d'uscita, non potevo fare niente per evitarlo.
Aprii il comodino vicino al letto e indossai un paio di boxer puliti, recuperai i pantaloni di una tuta e una maglietta a maniche corte, sospirai cercando di calmarmi, prima di uscire dalla stanza. Attraversai il corridoio con i battiti del cuore accelerati. Avere Giovanni in casa non avrebbe portato a niente di buono, ne ero sempre più convinto. Avevo evitato quell'incontro per anni ma poi inevitabilmente c'ero finito di nuovo dentro. Ero stato di nuovo risucchiato da quel vortice che era la parte più buia, quella più nascosta, della mia famiglia. Lottie aveva cercato di avvertirmi, ma poi ero stato così preso da Claudio da dimenticare completamente quanto potesse essere testardo mio padre. E alla fine l'aveva fatto davvero. Era venuto sul serio a cercarmi.
Arrivai in salotto e vidi Giovanni seduto sulla poltrona vicino al divano, mentre con la coda dell'occhio notai Claudio riempire un bicchiere d'acqua. Era sempre così fottutamente gentile con tutti anche sapendo quanto fosse stato stronzo mio padre. Era la sua natura, non c'era niente da fare, Claudio era la persona meno ostile del mondo. E poi era solamente in mutande. Cristo, non si vergognava proprio di niente, nemmeno di presentarsi con solo i boxer addosso davanti ad una persona molto più grande di lui. Mi schiarii la voce per avvertire della mia presenza.
"Mario... ciao..." disse Giovanni, alzandosi e venendomi incontro.
"Che ci fai qui? Perché sei venuto?" chiesi subito, fermando l'avanzata dei suoi passi.
Claudio arrivò un secondo dopo, poggiando il bicchiere d'acqua sul tavolino vicino alla poltrona.
"Volevo parlarti" continuò Giovanni, risedendosi e passandosi le mani tra i capelli.
Era cambiato in tutti quegli anni. Delle rughe comparivano sul suo viso e i capelli si erano leggermente allungati. Gli occhi però, erano sempre gli stessi. Quel particolare tratto del suo viso stava sempre lì a ricordarmi cosa avessi ereditato da lui. Lo sguardo di ghiaccio che avevamo in comune mi legava a lui, sembrava ricordarmi costantemente che fossi suo figlio.
"Io non ho nulla da dirti" risposi, tenendo la testa bassa
Se ne doveva andare, se ne doveva andare al più presto da casa mia e lasciarmi in pace.
"Mario, per favore... vorrei solo che mi ascoltassi... mi piacerebbe fare due chiacchiere con te..." continuò lui, sorseggiando il suo bicchiere d'acqua.
"Ok... cinque minuti, non uno di più... abbiamo da fare" accettai, pentendomene un secondo dopo.
Eppure la curiosità di sentire cosa avesse da dirmi mi aveva spinto ad accettare nonostante tutto il risentimento che provavo nei suoi confronti.
"Possiamo... possiamo parlare da soli?" domandò, indicando Claudio con un cenno della testa.
"Sì... sì... io... vado in camera, Ma" rispose Claudio, pensando che la richiesta di Giovanni fosse valida anche per me.
"No... lui resta" dissi invece, guardando direttamente Claudio e cercando la sua approvazione.
Sapevo che non mi avrebbe mai negato l'opportunità di averlo vicino, sapevo che aveva acconsentito a farsi da parte solo perché pensava che probabilmente anch'io avessi bisogno di stare solo con mio padre. Ma si sbagliava. Volevo averlo vicino. Volevo egoisticamente che restasse accanto a me. Claudio aveva lo strano potere di calmarmi con un solo sguardo o con una carezza, e poi non volevo affrontare tutto quello da solo. Avevo bisogno della mia ancora di salvezza, del mio porto sicuro.
"Oh... ok... come vuoi... pensavo solo che preferissi avere un po' di privacy, tutto qui..." rispose Giovanni, visibilmente imbarazzato.
Mi misi seduto sul divano, per poi "Non ho nessun segreto con Claudio" chiarire, prendendo mio padre alla sprovvista. Probabilmente pensava che avessi tenuto per me tutta la storia del suo abbandono, non poteva immaginare che Claudio invece sapesse tutto, nei minimi dettagli. Ma d'altronde non poteva immaginare il rapporto così viscerale che mi legava ad Claudio, anche se forse, vederlo aprirgli la porta in boxer, poteva avergli messo qualche dubbio. Magari pensava che era qualcuno con cui andavo a letto, niente di più.
Claudio mi sorrise, si abbassò per baciarmi la testa e disse "Mi vado a mettere qualcosa addosso, torno subito" scompigliandomi i capelli con una carezza.
"Quindi... è un tuo amico o qualcosa del genere?" chiese Giovanni, quando Claudio andò a vestirsi.
Risi all'istante guardando la faccia sconvolta di mio padre. Pensava sul serio che fosse un mio semplice amico? Anche dopo averlo visto praticamente quasi nudo? Probabilmente stava solo cercando di capirci qualcosa, stava tentando di mettere insieme i pezzi dimostrando interesse per me.
"Claudio è il mio ragazzo, il mio migliore amico e la persona con cui vivo da quando ho lasciato casa" spiegai, riassumendo il tutto molto velocemente.
"Oh... pensavo fosse solamente... non importa" cercò di spiegare lui, fallendo miseramente.
Probabilmente non si aspettava che fosse una cosa così seria, per questo abbassò la testa e arrossì leggermente.
Claudio tornò dopo poco, sedendosi vicino a me, mantenendo comunque una certa distanza. Non sapeva, giustamente, che avessi detto a Giovanni di avere una storia con lui, quindi si limitava a starmi affianco senza esagerare, ricoprendo il ruolo dell'amico e non del fidanzato.
"Cos'hai fatto in questi anni Mario? Come te la sei cavata?" iniziò a chiedere mio padre.
Mi sembrava tutto così surreale, tutto così dannatamente strano. Come poteva interessarsi alla mia vita? Come poteva pretendere di sapere come me la fossi cavata dopo avermi allontanato?
"Vuoi davvero che ti riassuma tutti gli anni passati? Potrei metterci delle ore visto che non ci vediamo da secoli" risposi, non potendo trattenermi.
Giovanni mi faceva innervosire, riportava a galla il periodo più grigio della mia vita, tutti quei momenti di merda che avevo passato grazie a lui.
"Io... volevo solo sapere... immagino che non sia stato semplice" ribatté lui, mortificato.
A quel punto esplosi "E' stata una merda, ecco com'è andata... è stato tutto una merda fin quando non mi sono trasferito qui. Dopo le cose sono iniziate ad andare meglio..."
Claudio mise una mano sul mio ginocchio, stringendolo appena. Stava cercando di calmarmi, stava tentando di infondermi sicurezza.
"Io... mi dispiace per tutto, Mario... se potessi tornare indietro, probabilmente..." disse Giovanni, ma lo fermai all'istante "Ma non si può... dovevi pensarci prima."
Ripensare al passato scatenava in me sempre emozioni contrastanti. Da una parte c'erano i ricordi orribili, dall'altra l'orgoglio verso me stesso per esserne uscito fuori.
"Lo so, purtroppo... volevo solo che sapessi che mi dispiace" continuò lui, scusandosi ancora.
Pensava di venire a casa mia e risolvere le cose con un semplice scusa? Bhé si sbagliava di grosso.
"Ti dispiace così tanto che sei venuto qui dopo anni di silenzio... certo, davvero credibile come cosa... fammi il piacere, vattene... ne ho già abbastanza" affermai, alzandomi dal divano pronto ad aprirgli la porta di casa.
Claudio si alzò e mi raggiunse. Posò le mani ai lati della mia faccia e parlò "Mario, guardami.... Ti devi calmare", carezzando coi pollici le mie guance.
Mi abbandonai a quei tocchi piegando la testa per godermi maggiormente quelle attenzioni, per poi "Come faccio a calmarmi? Non riesco a sopportarlo, sta dicendo solo un mucchio di stronzate... mi sono stancato di essere preso per il culo da lui... non lo voglio qui" dire, alzando lo sguardo ed incontrando i suoi occhi.
Mio padre era rimasto seduto sulla poltrona, distante abbastanza da non sentire la mia conversazione con Claudio. Ogni tanto lo vedevo alzare la testa e guardare nella nostra direzione, riabbassandola subito dopo. Almeno aveva avuto la decenza di lasciarci il nostro spazio.
"Fallo parlare, Mario... senti quello che vuole dirti, poi sarai libero di sbatterlo fuori casa, ma almeno ascoltalo...." continuò a dirmi Claudio, per poi "Quando sarai stufo di ascoltarlo lo accompagnerò personalmente fuori la porta, te lo giuro... ma almeno provaci... e poi ci sono io con te, possiamo affrontarlo insieme" concludere, con un sorriso.
Sorrisi anch'io di rimando, alzandomi sulle punte e baciandolo a fior di labbra. Restai più del dovuto attaccato alla sua bocca e poi sospirai quando riappoggiai completamente i piedi per terra.
"Va bene, ci provo. Grazie Cla" dissi, prendendogli la mano, tornando poi a sedermi sul divano con lui accanto.
"Che sei venuto a fare? Qual è il motivo preciso?" domandai a Giovanni, che restò completamente spiazzato dal mio ritorno.
"Vorrei che venissi qualche giorno da me... Vorrei passare un po' di tempo con te... mi farebbe piacere farti conoscere la mia famiglia, farti vedere dove lavoro... vorrei ricominciare da capo" spiegò, deglutendo a fatica.
Ricominciare da capo? Cancellare tutto quanto? Non potevo, nel modo più assoluto.
"Non posso, non ci riesco" dissi infatti, dando voce ai miei pensieri.
"Mario, per favore... potete venire insieme, se vuoi... se può aiutarti, puoi portare anche lui..." continuò lui, quasi pregandomi.
Certo, l'idea di portare Claudio con me non faceva sembrare la cosa così terribile, almeno non quanto realmente poteva essere andando da solo.
Ma Claudio era pronto? Avrebbe voluto accompagnarmi? Non potevo prendere decisioni al posto suo.
"Io... ci penserò... ho bisogno di parlarne prima con lui" risposi, stringendo maggiormente la mano di Claudio.
Non potevo metterlo di fronte ad una decisione già presa, nonostante sapessi quanto Claudio tenesse a me, non potevo prendermi il lusso di decidere anche per lui solo per sentirmi meglio.
"Sì, sì... va bene... tutto il tempo che vuoi... io posso aspettare, sul serio" disse mio padre, con un sorriso sulle labbra, il primo che gli avevo visto fare da quando era entrato.
Giovanni si alzò dalla poltrona, passandosi le mani sulle cosce per stirarsi i pantaloni spiegazzati del completo che indossava.
"Bene, io... ero venuto qui per questo. Adesso vado... spero di vederti presto, Mario" concluse lui.
Mi alzai anch'io, seguito da Claudio, per poi "Ok... ciao" rispondere, totalmente imbarazzato.
La sua visita era stata breve, ma ugualmente capace di sconvolgermi. Non ero ancora pronto a definire il mio stato d'animo, probabilmente sarebbe venuto tutto a galla una volta chiusa la porta alle sue spalle.
"Mi piacerebbe avere il tuo numero di telefono... vorrei sentirti, se ti fa piacere..." continuò a dire Giovanni, tirando fuori il cellulare dalla sua tasca.
"Ok" risposi solamente, dettandogli il mio numero.
"Grazie ancora" concluse, prima di avviarsi verso la porta.
"Aspetti, l'accompagno" propose Claudio, sciogliendo la mano dalla mia, seguendo mio padre.
A me naturalmente quella brillante idea non era venuta in mente. Claudio invece era un padrone di casa così educato che non mi stupii per niente. Si allontanarono e raggiunsero la porta. Claudio l'aprì ma poi sentii mio padre parlare "Ti ringrazio. Non so quello che gli hai detto per riuscire a convincerlo ad ascoltarmi prima, ma te ne sono infinitamente grato."
Dal salotto riuscivo a sentire perfettamente la loro conversazione, per questo riuscii a capire anche la risposta di Claudio "Non ce n'è bisogno, non ho fatto nulla in realtà."
"Invece sì... Mario mi avrebbe cacciato se non fosse stato per te. Ho visto come ti guarda, ho visto quanto ci tiene e ho visto come ti ascolta. Quindi grazie... grazie per avermi dato la possibilità di parlare di nuovo con mio figlio" disse Giovanni, girandosi per uscire definitivamente.
Prima di incamminarsi però, si voltò di nuovo per "Non farlo soffrire, Claudio. Non se lo merita" concludere
Claudio abbassò la testa guardandosi la punta dei piedi nudi, rassicurandolo "Non ne ho nessuna intenzione, mi creda. Ci tengo a lui."
Mio padre uscì definitivamente dalla porta di casa mia solo qualche secondo dopo.


CLAUDIO

Mario crollò sul divano non appena suo padre sparì dalla nostra visuale. Lo vidi stendersi e poggiare un braccio a coprirsi gli occhi, sospirando rumorosamente. Non potevo nemmeno immaginare quello che stava provando. Dovevo fare comunque qualcosa però, non potevo lasciarlo a distruggersi in quel modo.
Avanzai fino ad arrivare a stendermi dietro di lui, circondandogli i fianchi con le braccia. Incastrai la testa nell'incavo del suo collo e lo baciai ripetutamente in quel punto.
"Mi sento... non lo so... strano, forse..." iniziò a dire lui, intrecciando con la sua, la mano che tenevo ferma sul suo stomaco.
Presi ad accarezzargli col pollice il dorso ed incastrai una gamba in mezzo alle sue.
"E' normale Mario... hai rivisto tuo padre dopo un sacco di tempo. Voglio dire... hai tutto il diritto di sentirti sconvolto" dissi, cercando di essere il più sincero possibile.
Perché era esattamente quello che pensavo. Sapevo che suo padre era capace di farlo sentire in quel modo, l'avevo capito dalla prima volta che me ne aveva parlato, quindi non mi sorpresi a vederlo totalmente estraniato dal resto del mondo. Era un processo naturale, un'eventualità a cui ero preparato.
"Sei stato bravissimo, però. Sono veramente orgoglioso di te" continuai, lasciandogli un bacio sulla testa.
Mario si girò sull'altro fianco, ritrovandosi di fronte a me. Poggiò le labbra sulle mie delicatamente, per poi "E' stato anche merito tuo se non sono uscito fuori di testa. Te l'ha detto anche Giovanni... l'ho sentito" ammettere, staccandosi dolcemente.
Sorrisi, districandomi dall'intreccio in cui eravamo avvolti, mi alzai in piedi e Mario mi guardò storto, con la faccia imbronciata.
"Vado solo a prendere due birre, torno subito..." spigai, avviandomi verso la cucina.
Mario aveva messo sù una corazza per tutti quegli anni e adesso stavano venendo fuori tutte le sue fragilità. Sembrava un piccolo cucciolo bisognoso solo di tanto amore e tante attenzioni. Non faceva altro che toccarmi, stringermi la mano, accarezzarmi. Sembrava come se volesse assicurarsi che fossi realmente lì e che non sarei scappato via, che non lo avrei lasciato solo. Mario aveva visto una delle persone che più amava al mondo abbandonarlo, per questo forse aveva sempre avuto il terrore di lasciarsi andare completamente, anche con me. Se le cose fossero andate male tra di noi, probabilmente pensava che mi avrebbe perso anche come amico, quindi si accontentava del rapporto che avevamo. Il suo cuore però, doveva aver avuto il sopravvento, ecco perché ora aveva deciso di ufficializzare il tutto. Stava a me fargli capire che sarei rimasto, stava a me tranquillizzarlo.
Tornai in salotto con due bottiglie di birra in mano e lo trovai seduto composto.
"Tieni" dissi, porgendogli la bottiglia sedendomi nuovamente vicino a lui.
Mario prese il primo sorso per poi "Pensi che dovrei andare?" chiedere, insicuro sul da farsi.
"Credo che la risposta sia solo dentro di te, Mario... devi solo avere il coraggio di tirarla fuori" spiegai, cercando di far capire il mio pensiero.
Nessuno poteva decidere per lui, nessuno poteva mettere bocca sul rapporto con suo padre. Era solamente lui a dover decidere.
"Credo che mi piacerebbe, alla fine... più che altro perché sono curioso... non voglio andarci da solo, però..." ammise, poggiando la bottiglia sul tavolino.
Quello era il modo per farmi capire che mi voleva con lui. Non lo disse esplicitamente, perché Mario non chiedeva mai nulla, ma probabilmente il suo desiderio era quello di andare da suo padre con me.
Per questo "Posso venire con te se vuoi... mi farebbe piacere" lo rassicurai.
Mario si aprì in un sorriso che coinvolse anche i suoi occhi, facendogli formare quelle rughette ai lati che ogni volta restavo ad ammirare estasiato.
Come poteva apparirmi più bello ogni giorno che passava? Come potevo trovarlo sempre più affascinante? Eppure succedeva così spesso, ogni santissimo giorno. Mi ritrovavo costantemente ad adorare qualcosa di diverso.
"Lo amerei... sul serio, Cla... amerei il fatto di averti vicino" rispose lui, sporgendosi e buttandomi le braccia al collo.
Lo abbracciai di rimando, carezzando la sua schiena, per poi "Posso fare qualcos'altro per farti sentire meglio?" chiedere, staccandomi appena da quell'abbraccio, giusto per avere la possibilità di guardarlo negli occhi.
"Potresti coccolarmi un po'?" domandò a voce bassa.
"Certo... e poi sono il tuo ragazzo adesso, non dovresti nemmeno chiedere" sdrammatizzai, strappandogli l'ennesimo sorriso.
Accoccolò la testa sul mio petto ed iniziai ad accarezzargli il braccio con la punta delle dita, disegnando figure immaginarie sulla sua pelle. Lo vidi chiudere gli occhi e godersi il mio tocco mentre lasciava qualche bacio sul mio petto, al di sopra della mia maglia leggera.
"Potrei iniziare a ricavare enormi benefici da questo, lo sai vero? Potrei costringerti a portarmi la colazione a letto tutte le mattine fingendomi malato, per esempio" affermò Mario, ridendo.
"Non c'è bisogno... ti porterei la colazione a letto comunque... non dovresti nemmeno fingere" risposi, facendolo ridere ancora.
Alzò la testa e mi baciò, intrufolando la lingua nella mia bocca, accarezzandola e stuzzicandola, per poi "Sei il ragazzo migliore del mondo, Cla" dire, staccandosi e lasciando un morso sul mio labbro inferiore.
"Aspetta a dirlo... stiamo insieme da poco meno di ventiquattr'ore" ribattei, guadagnandomi uno "Stupido" da parte sua e un piccolo colpo sul braccio.
"Dovresti farti perdonare per questa cosa orribile che hai appena detto, lo sai?" domandò lui, sporgendo il labbro inferiore, facendomi credere di essersi offeso.
"Ah sì? E in che modo?" chiesi, stando al gioco.
"Potresti baciarmi a lungo, molto molto a lungo... fin quando non sarò io a fermarti" propose lui, illuminandosi come ad aver avuto l'idea del secolo.
Bastava così poco per rendere Mario felice, bastava così poco per farlo sorridere.
"Se è solo questo quello che vuoi... non credo sia un problema" accettai, mettendo le mani dietro al suo collo, spingendo la sua testa verso la mia.
Mario si plasmò sotto al mio tocco, sentii un verso d'assenso uscire dalla sua bocca prima di baciarlo. Iniziai a lasciare piccoli baci su quelle labbra sottili, ritirandomi prima che potesse insinuare la lingua nella mia bocca per poi baciarlo di nuovo, piano e costante. Portò una mano a stringere la mia mandibola, probabilmente per non farmi più arretrare. Quel gioco però iniziava a piacermi, così presi a mordere le sue labbra, inumidendole solo con la punta della lingua. Lo sentii gemere e poi sospirare prima di dire " Cla... questo non assomiglia nemmeno lontanamente ad un bacio."
Non appena finì la sua frase, mi avvicinai di nuovo, intrufolando di prepotenza la lingua nella sua bocca. Iniziai a lambire il suo palato, giocai con la sua lingua, rincorrendo quel ritmo sempre crescente che quel bacio stava assumendo. I respiri iniziarono ad accelerare e le mani di Mario si spostarono lungo la mia schiena, oltrepassando l'orlo della mia maglia, accompagnandola fino a sfilarmela.
"Questo invece? Era lontanamente paragonabile ad un bacio vero?" domandai, mentre gettavo la mia maglia sul pavimento.
"Sì, sì assolutamente... torna qui, per favore" rispose lui, riportandomi vicino al suo corpo.
Mario afferrò i miei fianchi, scivolò un po' sul divano e mi portò su di lui. Le mie gambe gli cingevano i fianchi e le mie mani presero a sfilare anche la sua maglia, facendo così incontrare i nostri toraci nudi.
Posò le labbra sulla rondine destra che avevo tatuata sul petto, iniziando a mordere e a leccare quella parte, passandoci sopra la lingua più e più volte, cercando di risanare il dolore che i suoi denti mi stavano provocando. Si staccò solamente quando vide comparire una chiazza rossa, poggiando le sue labbra morbide su quello che sarebbe diventato l'ennesimo segno del suo passaggio.
"Non avevi parlato solo di tante coccole e tanti baci?" domandai, mentre le sue mani s'intrufolarono oltre l'orlo dei miei pantaloni, stringendomi le natiche con fare possessivo.
"C'ho ripensato... voglio fare l'amore con te.. in questo preciso istante" rispose, accompagnando il sotto della mia tuta lungo le mie cosce, fino ad accantonarlo per terra.
"Puoi... allora puoi lasciare fare a me stavolta?" proposi sospirando, quando la sua mano iniziò a toccare il mio membro, accarezzandolo da sopra la stoffa dei boxer.
Mario allontanò le mani, poggiandole ai lati del suo bacino, dicendo "Sono solo qui che aspetto allora."
Mi feci forza sulle ginocchia e mi alzai quel tanto che bastava per riuscire a sfilargli i pantaloni e i boxer insieme. Abbandonai anche i miei, scendendo nuovamente sul suo corpo. Essere nudi, essere sempre così in contatto l'uno con l'altro, mi faceva rabbrividire ogni volta. Non c'era più alcun tipo d'imbarazzo nel mostrarci senza alcun indumento addosso, nessuna vergogna, solo tanto tanto desiderio. Presi a baciargli il collo, muovendo nel frattempo il bacino, alla ricerca di un contatto con la sua erezione. Quando la sfiorai per la prima volta, sentii Mario gemermi direttamente nell'orecchio.
"Sei sempre così... così caldo..." disse, iniziando a venire incontro alle mie spinte.
I movimenti dei nostri corpi non facevano altro che far scontrare i nostri membri eccitati fino a quando non sentii il bisogno di afferrare l'erezione di Mario, iniziando a frizionarla con movimenti lenti e regolari. Doveva essere tutto perfetto. Mario doveva concentrarsi solo su di me e non pensare a quanto fosse accaduto solo poco tempo prima con suo padre. E capii di aver raggiunto il mio obiettivo quando lo sentii mormorare "Cla... è... è come se riuscissi a sentiti dappertutto... sei fantastico."
Buttò la testa all'indietro, godendosi il movimento della mia mano, andando incontro al mio pugno, dando delle stoccate col bacino.
Guardarlo mentre teneva gli occhi chiusi e si abbandonava completamente, era assolutamente appagante, tanto da essere costretto a portare la mano alla mia di erezione, muovendola su e giù per darmi un po' di sollievo.
"Per favore... possiamo... possiamo... Cristo Cla, ho bisogno di entrarti dentro... non penso di... non ce la faccio più" si lamentò lui, stringendo il mio sedere fino a farsi sbiancare le dita.
Lo baciai di slancio, dando vita ad una danza scomposta fatta solo di lingue fuori dalle bocche, di denti e di gemiti.
"Ok...ok" dissi, prendendo la sua mano e portandola vicino alla mia bocca.
Leccai e succhiai le dita di Mario, mentre sentivo il suo sguardo perforarmi, arrivando dritto dritto al centro del mio petto dove il mio cuore batteva accelerato.
Con lui era sempre così intenso, così viscerale. Non si trattava mai solo di sesso nel senso stretto del termine, non era mai solamente l'incontro dei nostri due corpi. C'era qualcos'altro, qualcosa che mi scavava fino in profondità, che mi faceva sentire felice. E sapevo benissimo cos'era. Sapevo benissimo quel era il nome che andava dato a quello che provavo. Solamente che non avevo mai avuto il coraggio di tirarlo fuori.
Mario tirò fuori le dita dalla mia bocca e le portò vicino alla mia entrata, spingendo l'indice delicatamente, facendolo entrare poco alla volta. Iniziò a scavare dentro di me, aggiungendo il medio poco dopo, sforbiciando alla ricerca di quel punto che mi fotteva il cervello ogni volta.
"Mario... sono pronto, sul serio" affermai, sicuro delle mie parole.
"Vorrei farlo così..." continuai, indicando la nostra posizione.
Era sempre stato lui ad occuparsi di tutto, ora invece sentivo il bisogno di prendere in mano la situazione.
"Nel senso che..." balbettò lui, sfilando delicatamente le dita fuori dal mio corpo.
"Sì... voglio stare sopra... voglio provare a modo mio... se per te non è un problema" spiegai, impugnando nuovamente l'erezione di Mario.
Sospirò, cacciando fuori tutta l'aria che aveva trattenuto fino a quel momento, per poi "Non è un problema... va bene... lo voglio anch'io.... così tanto" ammettere, baciandomi la punta del naso.
Poggiai le mani sul suo petto facendo forza sulle gambe, alzandomi per afferrare il membro di Mario, indirizzandolo vicino alla mia entrata.
"Cla... devo... Cristo Claudio, aspetta... il preservativo" blaterò lui, convinto che me ne fossi completamente dimenticato.
Invece si sbagliava, perché era una decisione che avevo preso nell'esatto momento in cui avevo capito che avremmo fatto l'amore di nuovo. Volevo sentirlo sul serio, volevo percepire la sua carne nella mia, volevo godermi la sensazione di averlo dentro di me fino in fondo.
"Non lo voglio... non sono stato con nessuno da quando ci siamo baciati per la prima volta... e tu con Yuri mi hai sempre detto che lo usavi... quindi ho pensato..." spiegai, aspettando la sua conferma, prima di calarmi sul suo membro.
"Io... sì.... Non l'ho mai fatto senza... ma non voglio che tu ti faccia male.... Non voglio farti sentire dolore" confermò lui, preoccupandosi ancora una volta di me.
"Mario, non preoccuparti... va benissimo così" lo rassicurai, iniziando a scendere col bacino.
Arrivai a far affondare solo la punta, calandomi piano, sentendo Mario ripetere di continuo "Tranquillo Cla... stai andando benissimo."
Presi coraggio dalle sue parole e continuai a scendere fino a sentire il suo membro completamente dentro di me. Le mie natiche aderivano perfettamente al suo bacino e notai la mia erezione sfregarsi contro l'addome di Mario ad ogni movimento. Era una sensazione bellissima, se possibile, ancora migliore delle altre volte. Non riuscivo a preoccuparmi più di niente, le mie orecchie non percepivano nessun rumore se non il suono dei gemiti che Mario si stava lasciando sfuggire, la mia pelle era bollente nonostante la temperatura fredda di quella giornata. I miei sensi riuscivano solo a percepire Mario. Era ovunque, proprio come mi aveva confessato lui qualche minuto prima. Sorrisi al pensiero che anche lui provasse esattamente le stesse cose. E solo in quel momento mi resi conto di avere un bisogno disperato di fargli sapere quello che provavo, di fargli capire quanto ci fossi dentro.
"Mario... mi sono innamorato di te" confessai, puntando i miei occhi nei suoi.
Il cuore mi sembrò all'improvviso più leggero, sembrava come se una parte di me si fosse appena tolta un immenso peso dallo stomaco. Quel macigno dovuto al fatto di tenermi tutto dentro.
"Non devi... cioè... non voglio che mi risponda... solo... dovevo dirtelo, rischiavo d'impazzire... quindi...." iniziai a blaterare con le guance arrossate.
Mario mi sorrise, poggiando una mano sulla mia guancia, per poi "Cla... ascoltami... smetti di parlare per un secondo" interrompermi, con gli occhi che sembravano brillare.
"Per me è lo stesso... e non te lo sto dicendo perché mi sento obbligato a risponderti. Sono innamorato di te anch'io, da un bel po' in realtà..." disse lui, strappandomi il cuore dal petto.
Essere innamorati era fantastico, ma sapere di essere ricambiati lo era ancora di più. Mai prima d'ora mi ero sentito così vicino a lui, forse proprio perché eravamo riusciti entrambi a dare finalmente un nome al nostro sentimento. Quel sentimento che era cresciuto giorno dopo giorno, nonostante le mille incomprensioni e le mille paure, quel sentimento che avevamo coltivato senza nemmeno rendercene conto ma che era esploso solo dopo mille problemi risolti.
"Ora, per favore... puoi muoverti? Mi sento... sto seriamente cercando di stare fermo ma è un po' difficile, sai... sono intrappolato dentro di te e ho davvero bisogno che tu inizi a muoverti" concluse Mario, facendomi ridere di gusto.
Riusciva ad alleggerire l'atmosfera anche in un momento così intimo, ed ero innamorato anche di quel suo lato sempre scherzoso e gioco.
Poggiai le mani sul petto di Mario, alzandomi e scoprendolo fino alla punta per poi riaffondare in modo deciso stavolta. Mario spostò le mani dal mio sedere e le adagiò ai lati dei miei fianchi, accompagnando ogni mio movimento. Iniziai a trovare un ritmo costante, affondavo e risalivo mentre Mario mi incitava a non fermarmi, dicendo frasi sconnesse come "Sei splendido" oppure "Dovrei lasciarti prendere il controllo più spesso" o ancora "Mi sento così bene quando facciamo l'amore."
Non risposi a nessuna delle sue affermazioni, troppo concentrato a mantenere quel movimento così estenuante.
La mia erezione sbatteva contro il suo stomaco, lasciando tracce di liquido preseminale lungo il suo addome. Quell'attrito piacevole era una tortura e una benedizione. Nonostante Mario non mi stesse neppure toccando, sentivo di essere vicino all'orgasmo. Persi completamente la ragione quando iniziò a venire incontro alle mie spinte, incontrandoci a metà strada. Mi lasciai accompagnare sulla sua erezione, dalle sue mani sui miei fianchi. Fu di nuovo lui a dettare il ritmo di quegli affondi, fu lui a cambiare l'angolazione spingendosi contro la mia prostata, facendomi buttare la testa all'indietro.
"Sto per..." lo sentii mormorare, un attimo prima di sentire il suo seme colarmi tra le pareti.
Fu troppo da sopportare, venni anch'io immediatamente dopo, sporcando il suo addome e il mio.
"E' stato stupendo come sempre, Cla" confessò, baciandomi una spalla, dopo essersi ripreso dall'orgasmo.
"No... è stato meglio di sempre... perché adesso so che sei innamorato di me" risposi, baciandolo.


YURI

"Che cosa hai preparato stasera di buono per cena?" chiesi, entrando in cucina e trovando Cristiano già vicino ai fornelli.
Era bello averlo intorno, era bello il modo in cui si era perfettamente adattato in casa mia, era bello sapere di trovarlo nel letto ed era bello svegliarmi la mattina accanto a lui. Cristiano piano piano, era diventato una parte fondamentale della mia vita. Si era fatto spazio in punta di piedi, sempre rispettoso, sempre comprensivo. Era stata la mia ancora di salvezza quando pensavo che la mia vita stesse andando a rotoli per colpa di Mario, era stata la spalla su cui avevo pianto, era stata la persona a cui avevo urlato contro preso dal nervosismo. Eppure era sempre rimasto al mio fianco, anche quando mi ero comportato da stronzo, aggredendolo solo per scaricare la tensione su qualcun altro. Cristiano però non si era mai arrabbiato, lasciava semplicemente che mi sfogassi e poi mi abbracciava stretto. Era qualche settimana ormai, che non avevo quel genere di giornate disastrose. Mario sembrava solo un lontano ricordo, un bel ricordo. Essergli amico era il giusto compromesso a cui ero sceso per averlo comunque accanto. Era stato una persona fondamentale nella mia vita, mi aveva fatto capire cosa volesse dire essere innamorati, e nonostante non avessi avuto la stessa importanza per lui, avevo comunque voglia di rimanerci in contatto. Era successo qualcosa però nelle ultime settimane, qualcosa che mi aveva lasciato pensare parecchio.

Cristiano si era steso accanto a me come al solito, dopo essersi fatto la doccia. Si era coperto fino al mento dandomi le spalle, convinto che stessi già dormendo. Tutto quello che riuscivo a vedere era la sua schiena nuda a pochi centimetri dal mio petto. Quella pelle mi sembrava così bollente ed invitante che non esitai a mettergli un braccio intorno al fianco e a premermelo contro.
"Sei sveglio?" domandò, non appena sentì il mio movimento alle sue spalle.
"Sì... non riesco a prendere sonno" risposi, sospirando.
"Come mai?" chiese Cristiano, stendendosi sulla schiena, mettendo un braccio dietro la testa.
Non mi spostai dalla mia posizione, rimasi steso su un fianco col braccio a circondargli l'addome. Dormire con solo i boxer addosso non era mai stato un problema, ma quella sera sembrava tutto amplificato, tutto troppo diverso. Il contatto con la sua pelle nuda, mandava strane sensazioni al mio corpo, strane scosse. Erano tutte sensazioni bellissime però, tanto da lasciarmi stordito.
Cristiano fu costretto a chiedere di nuovo "Mi hai sentito? Come mai non dormi? Sei strano stasera..."
"Non riesco a prendere sonno, ormai sono abituato a dormire col tuo corpo da orso vicino... finché non vieni a letto non dormo... credo sia diventata una specie d'abitudine" spiegai, rendendomi conto solo dopo di quello che avevo appena detto.
Cazzo, quando ero arrivato a quel punto? Quando avevo superato la linea di confine? Eppure quella era stata l'unica spiegazione che ero riuscito a darmi. Se Cristiano non si stendeva accanto a me, se non lo sentivo darmi la buonanotte, faticavo a chiudere gli occhi.
"Oh... potevi dirmelo, c'avrei messo meno a fare la doccia" replicò lui, sorridendo.
Iniziai ad accarezzargli il petto, la lunghezza dello sterno, con la punta delle dita. La mano che non tenevo arpionata al suo fianco, si era mossa da sola, cercando un contatto più intimo.
"Ti do fastidio?" sussurrai con gli occhi chiusi, completamente rilassato.
Sentii il petto di Cristiano prendere un respiro profondo, per poi "Yu, non mi dai mai fastidio" dirmi.
Chiuse gli occhi anche lui, sopraffatto da quel senso di benessere che sentivo anch'io.
"Penso che questa convivenza improvvisata inizi a piacermi un po' troppo... non credo che la prenderei troppo bene se un giorno decidessi di tornare a casa tua" dissi, incastrando la testa nell'incavo del suo collo.
Cristiano rise, spostò la mano che teneva sotto la sua testa per intrufolarla tra i miei capelli, tirandoli leggermente e poi "Piace anche a me... stiamo bene quando siamo insieme" confermò, dando voce anche ai miei pensieri.
Era tutto terribilmente vero. Insieme funzionavamo alla perfezione. Possibile che non me ne fossi mai accorto prima? Probabilmente non mi ero mai soffermato a pensare a quanto fossimo felici perché ero stato troppo preso da Mario.
Inoltre, il rapporto che avevamo costruito non era nemmeno paragonabile a quello che avevo con Alessandro. C'era qualcosa di più fisico con Cristiano, con lui era un continuo cercarsi, un continuo toccarsi. Avevo condiviso in passato il letto anche con Alessandro, mantenendo ognuno la sua parte, il proprio spazio.
Il più delle volte invece, quando mi svegliavo, avevo Cristiano addosso, che fosse solo un suo piede incastrato tra i miei, un suo braccio a circondarmi la vita o lo stomaco, c'era sempre una parte dei nostri corpi vicina.
"Quindi ora possiamo dormire? Sono stanchissimo, il lavoro oggi mi ha distrutto" disse Cristiano, destandomi da tutti quei pensieri.
"Si, buonanotte" risposi, lasciandogli un bacio leggero sulla guancia.
Ci addormentammo così, stretti in un abbraccio che ormai sapeva di casa, che emanava calore e tranquillità.


"Il tuo frigo è completamente vuoto... la pasta è l'unica cosa che sono riuscito a preparare" rispose Cristiano, alla domanda che mi ero addirittura dimenticato di avergli posto, troppo preso dai miei ricordi.
La cena passò tranquilla come al solito, mi offrii di sparecchiare e poi spedii Cristiano sul divano. In quei giorni aveva sempre la faccia stanca, il lavoro probabilmente doveva essere più duro del solito. A volte, aveva addirittura dovuto fermarsi al locale oltre il suo orario, tornando a casa sempre distrutto. Poggiai i piatti nel lavandino, aprii il frigorifero e raggiunsi Cristiano sul divano. Era comodamente seduto con le gambe allungate sul tavolo di fronte, teneva il telecomando nella mano sinistra e di tanto in tanto sbuffava cambiando canale.
"Tieni... magari riesci a rilassarti un po'" gli dissi, consegnandogli la birra e sedendomi vicino a lui.
"Grazie... mi piace quando mi vizi e mi coccoli" rispose, sorridendo.
Poggiai la testa sulla sua spalla e lui circondò immediatamente la mia schiena col braccio, accarezzandomi.
"Com'è andata la tua giornata invece?" chiese, rinunciando a vedere qualcosa di decente, spegnendo la televisione.
"Tutto normale, come al solito" spiegai, in modo non troppo entusiasmante.
Quella giornata in effetti non aveva avuto nulla di particolare, l'avevo passata da solo tutto il tempo. Avevo studiato, mandato qualche messaggio a Mario, e infine avevo aspettato che Cristiano rientrasse. Quella casa ormai, sembrava terribilmente vuota e insignificante senza di lui. Mi annoiavo a morte a non averlo intorno ed aspettavo impaziente che staccasse dal lavoro.
"Con Mario è ancora tutto apposto?" domandò lui, intensificando le carezze sulla mia schiena.
"Sì è tutto ok... è mio amico ora. Anzi credo che dovremmo organizzare qualche altra uscita di gruppo come abbiamo fatto tempo fa. Magari senza il mio professore tra i piedi" risposi proponendo quella che mi era sembrata una buona idea.
Alla fine, eravamo stati bene quella sera. Nonostante Mario ed Claudio avessero fatto per la maggior parte del tempo la coppietta innamorata, la serata era passata piacevolmente.
"Per me va bene, mi sono divertito.... Eviterei anch'io il tuo prof però, non mi è piaciuto granché... parlava solo con Mario, è stato maleducato" accettò lui, notando quello strano comportamento che aveva tenuto Ben.
Sorseggia la mia birra, per poi "E' parecchio che non vedo Alessandro, sai? Hai completamente monopolizzato la mia vita, Rossi" dire, realizzando quanto fossero vere le mie parole.
Lui posò la bottiglia sul basso tavolino in legno e mi pizzicò il braccio.
"Sei tu che ti sei appropriato dei miei spazi vitali... tutte quelle crisi per un amore andato a puttane, ricordi?" scherzò, ridendo di gusto.
Risi anch'io, perché effettivamente aveva ragione. Ero stato io a trascinarlo nella mia vita inconsapevolmente, a tenermelo accanto senza averne alcun diritto.
"Ehii, così mi ferisci... dovresti aver rispetto dei miei momenti di merda, non rinfacciarmeli" risposi, mettendo un finto broncio.
Cristiano posò un bacio sulla mia fronte, accarezzandomi la nuca, per poi "Scherzavo" dire, quasi scusandosi.
Quelle labbra sulla mia pelle, mi avevano fatto venire i brividi e all'improvviso pensai di volerle, pensai di assaggiarle e di morderle. C'era qualcosa di strano nel mio stomaco, qualcosa che non mi permetteva di ragionare lucidamente ma che mi spingeva solamente ad avvicinarmi di più a lui. Così lo feci. Portai il mio viso a pochi centimetri dal suo, spostando il mio sguardo dai suoi occhi alle sue labbra in modo ossessivo. Cristiano mi guardò spaesato, completamente sorpreso. Il mio avvicinamento era stato inaspettato, dettato solo dall'istinto del momento. Portai le mani sulle sue guance, accostando la fronte alla sua e accarezzandogli il naso col mio. Baciarlo sembrava essere una cosa di vitale importanza, sembrava come se tutto il mio corpo si muovesse in funzione di quel bacio desiderato inconsciamente da settimane.
"Yu, che stai facendo?" provò a chiedermi Cristiano, completamente a disagio.
Probabilmente gli stavano piombando addosso i ricordi del nostro primo ed unico bacio. Quel bacio che gli avevo dato per le ragioni sbagliate, quel bacio che non aveva la stessa importanza che invece gli attribuivo in quel momento.
Per questo, "Mi rendi felice... sto talmente bene con te che mi sembra come di non aver bisogno di nient'altro. E lo sto realizzando solo adesso... l'ho capito solo in questi giorni" spiegai cercando di dare un senso alle mie parole.
"Non credo di averti mai ringraziato abbastanza, Cri..." conclusi, accarezzandogli il volto.
Cristiano accennò un sorriso, per poi "L'ho fatto perché mi faceva piacere... tutto qui" dire.
Era terribilmente imbarazzato, lo avevo notato dal modo in cui le sue guance si erano leggermente arrossate e da come continuava a mordersi il labbra. Mi avvicinai ulteriormente, fino ad arrivargli a due centimetri dalla bocca, respirandogli addosso. Cristiano restò immobile ad aspettare probabilmente, la mia prossima mossa.
"Yu... credo che..." provò a dire.
Lo fermai all'istante "Puoi solo stare in silenzio per qualche minuto e lasciarmi fare? Lo desidero da qualcosa come dieci giorni" gli dissi, spingendomi maggiormente col busto.
Poggiai le mie labbra sulle sue, lasciandogli tanti piccoli baci. Cristiano però si scostò leggermente, dicendo "Aspetta... non voglio che finisca come la volta scorsa" aspettandosi probabilmente che mi tirassi indietro.
Io invece poggiai nuovamente le labbra sulle sue, intrappolando una mano sulla sua nuca e l'altra sulla sua mascella, costringendolo a guardarmi.
"Sono sicuro... stavolta lo voglio sul serio... te lo giuro" ammisi, in tutta sincerità
Fu lui a quel punto a baciarmi, tracciando il contorno delle mie labbra con la lingua. Spalancai la bocca permettendogli l'accesso, accarezzai la sua lingua con la mia e rabbrividii al contatto.
Quel bacio aveva un sapore diverso, totalmente nuovo. Aveva la consistenza della consapevolezza di averlo vicino, aveva la necessità di fargli capire quanto m'importasse di lui, aveva il compito di fargli dimenticare quel brutto episodio che io stesso gli avevo fatto vivere in precedenza ed aveva la giusta dose di felicità, quella che continuava a regalarmi lui, ogni volta.    

***

BUONASERAAA A TUTTE RAGAZZE E BUONA DOMENICA!

Ok, la smetto di scrivere così che sembra che urlo hahha Come state?? 

Scusatemi il ritardo, avevo il capitolo pronto da un po' ma sono stata a Bologna per il concerto di Harry Styles e quindi mi sono un attimo persa nei miei ricordi larry e nelle altre ff. 
Ad ogni modo, quanto sono belli in questa foto??? Io mi sono innamorata sul serio! 

Per questo capitolo non metto limiti di stelline, tanto so che siete sempre qui a seguirmi e vi assicuro che non sarà un modo per aggiornare mese prossimo hahah 

Un bacione a tutte eee ho la necessità di rimettere quella foto a fine capitolo perchè sono PER-FET-TI! 

Un bacione a tutte eee ho la necessità di rimettere quella foto a fine capitolo perchè sono PER-FET-TI! 

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