Capitolo 5

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L'ingresso di Amundi nella stanza dell'addestramento, fu annunciato dalla sua voce potente. "Si può sapere dov'eri finita?"

"Ho reso un buon servizio ad Alrik e ai suoi uomini come mi hai chiesto", rispose la figlia continuando ad affilare la lama della sua spada "non era quello che volevi?"

"Certo", concordò l'uomo andandosi a sedere accanto alla figlia, "adesso voglio che organizzi una convivio per stasera."

"Credo che sia tardi per questo" replicò la giovane guardando il buio oltre la soglia aperta.

"Lo so, ma voglio che mostri loro le tue capacità di gestire una casa" spiegò l'uomo guardandola negli occhi.

"Pensi, che se vedessero la mia inettitudine scapperebbero via?" chiese, quasi fiduciosa.

"Non ci sperare", la redarguì il vecchio con un mesto sorriso, "molti di loro sono qui per altri motivi."

"Peccato!" sospirò lei, esageratamente affranta.

"Ascolta, da quando sono arrivati ti hanno visto sempre vestita da lavoro, con le mani imbrattate di erbe e i capelli scomposti. Vorrei, che vedessero che non sei del tutto priva di un'educazione femminile" spiegò il padre, corrugando leggermente la fronte.

"Che necessità abbiamo, siamo noi a dover scegliere loro, non il contrario" protestò lei continuando con il suo lavoro.

"Continuare su questa strada metterà in mostra la mia incapacità di fare il padre", replicò tutto a un tratto con voce grave, "era mio dovere fare in modo che ti venissero insegnati i tuoi compiti futuri."

"Ti assicuro, che le cose che mi hai insegnato sono di gran lunga più utili" ribatté sicura e orgogliosa della sapienza ricevuta.

"Smettila di discutere con me", sbottò interrompendola, "la mia non è una richiesta ma un ordine, quindi, sbrigati e non farmi fare brutta figura."

La giovane sollevò lo sguardo sul padre e capì che era serio.

Si tratta di onore e di rispetto, quindi, devo smetterla di fare la testarda e devo eseguire la sua richiesta. Pensò con comprensione.

"Sarà fatto, padre!" concordò alzandosi in piedi.

Con movimenti sicuri pose il folletto nel panno e, lentamente, andò a prepararsi per la cena.

Raggiunse la sua dimora a passo spedito, era adiacente a quella del padre, per cui il tragitto fu breve. Aveva poco tempo a disposizione quindi decise di fare il necessario. Mise un calderone con l'acqua sul fuoco, mentre pettinava energicamente i lunghi capelli. Attese che s'intiepidisse e si strofinò il viso, il collo e le braccia, passando poi una pezzuola bagnata sul petto. Prese un drappo di lino chiaro e se lo avvolse intorno al corpo. Lavò i piedi colmi di terra e indossò dei sandali nuovi dalle lunghe stringhe, che andavano intrecciate intorno alla caviglia sottile.

Pettinò ancora una volta i capelli per poi legarli in una treccia che le ricadeva morbidamente sulla spalla.

"Che Odino mi protegga e mi aiuti" sussurrò piano, mentre stendeva il colore azzurro sulle palpebre e intorno agli occhi per abbellire lo sguardo e, senza neanche controllare il risultato, uscì con passo sollecito per raggiungere quella paterna già pronta per il banchetto.

Prima di andare a sistemarsi, aveva dato istruzioni alle serve su cosa preparare per il pasto, optando per una zuppa calda di orzo e del salmone arrostito, il tutto, accompagnato da abbondante idromele.

Sarà un successo! Aveva pensato con convinzione, perché il miele fermentato di Beth era in assoluto il migliore di tutte le terre del Nord, glielo aveva detto suo padre e non aveva motivo per dubitarne.

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