Marrone

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12 novembre

Io nella mia vita non ho mai sognato mentre dormivo. Ho sempre avuto incubi oppure stralci di immagini che non ricordavo al mattino.

Era l'unico bambino che non raccontava mai i suoi desideri, le sue aspirazioni, i suoi sogni. Forse perché da piccolo ho avuto tutto, forse perché il mio poter avere tutto mi aveva tolto la facoltà di desiderare con tutto me stesso qualcosa.

C'è stato un periodo della mia vita, dove a casa si respiravano più soldi che aria. Mio padre era a capo in una azienda, mia madre si è goduta la bella vita da mantenuta, tra vizi, servitù, e feste. Gli innumerevoli zeri sul nostro conto ci avevano fatto perdere il senso con la realtà e i sentimenti.

Io, i miei fratelli e mia sorella venivamo comprati con regali. Avevo tutto, tutto ciò che ogni bambino al mondo desiderava, io ce l'avevo. Non avevo mai desiderato niente, non avevo sogni, era come se potessi avere tutto ma mi mancava la cosa più importante. Avevo perso la facoltà di gioire davanti all'ultimo modello di una macchina o a un videogame.

Poi avvenne che l'azienda andò in rovina, mio padre finì per lavorare sotto padrone, mia madre a 45 anni si ritrovò a pulire i cessi di quelle donne che una volta erano le sue amiche del thè e che poi finirono per deriderla. E noi, ancora piccoli, ci vedemmo portare via tutto. La saluta, la buona sorte, i possedimenti, pure la casa.

Costretti a vivere dai nonni materni in una casa troppo piccola per 10 persone, ci ritrovammo ad andare a scuola con gli stessi jeans di sempre e la stessa felpa che portavamo da ottobre fino ad aprile, sostituita nei mesi estivi da un sola maglietta a maniche corte.

Così iniziai a lavorare, per portare più cibo in casa, per aiutare Alessia, ancora piccola, o Cristiano che aveva appena tre anni. Vidi mio padre andare via un giorno e non tornare più. Vidi mia madre spegnersi ogni secondo che passava dopo la sua scomparsa. Vidi la mia famiglia distrutta. Vidi me senza più nulla.

Da lì ho iniziato a non dormire. Se chiudevo gli occhi mi ritornavano davanti quei momenti e io non volevo ricordare. Volevo spegnere tutto, annullarmi.

Non ho mai desiderato niente nella mia vita che la serietà della mia famiglia. Una famiglia alla quale ho portato solo più dolore.

Smisi di esistere.

Poi però ti ritrovi davanti quella cosa che forse cercavi, quell'unica cosa desiderata.

Conforto, affetto, l'abbraccio mai ricevuto.

E poi apri gli occhi e quel sogno non esiste solo nella tua testa. È reale è vivo. Dorme avvinghiato a me. Ha gli occhi verdi e buoni. Dolce come il cioccolato.

Mi giro nel letto, ma qualcosa mi impedisce di muovermi liberamente. Sospiro e mi stringo alla figura sdraiata alla mia sinistra, continuando a dormire.
Le sue braccia mi circondano la schiena e io appoggio la testa sul suo petto. Mi abbandono al calore del suo corpo e all'odore intenso della sua pelle.

Sospiro. Sa di casa. Sa di famiglia. Sa di quelle sensazioni che con i miei non avevo mai provato. Possono un paio di braccia farti sentire come se avessi trovato il tuo posto perfetto e giusto nel mondo?

Lo sento sorridere. È sveglio. Inizia a lasciarmi baci sul tutto il viso, baci bagnati e pieni di cura. Baci di presenza, marroni.

«Mario.» mi chiama, ma io non ho proprio voglia di svegliarmi. Voglio godermi ancora un po' questo momento perfetto. Perché poi aprirò gli occhi e il gusto della libertà che sto assaporando, andrà via.
Quindi mi lamento e «Sta zitto.» rispondo.

E lui ride ancora di più sulla mia pelle. Si abbassa e continua la sua corsa di baci sul collo e la clavicola e ancora più giù e più su. Senza fretta, senza mollare. Ma poi sento un dolore alla spalla. Apro gli occhi di scatto e mi metto seduto, scrollandomi le sua braccia di dosso. E la magia svanisce. Così come l'illusione di poter dormire ancora un po'.

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