Drown in void

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Non so di preciso quando ho deciso di uccidermi, ma so che adesso è il momento giusto.
Sopra di me il cielo è oscurato da diverse gradazioni di grigio e all'orizzonte il temporale è evidente. Osservo l'oceano che si confonde con la pioggia scrosciante e il cielo. Tuoni e lampi si spargono tra le nuvole e il rumore riecheggia nell'aria, amplificato e potente. Mi tolgo le scarpe con una mano e ci infilo dentro le calze, prima di sedermi e affondare i pied nella sabbia grossolana e fredda.
Lascio vagare i miei pensieri un'ultima volta, prima di compiere il gesto estremo.
Tra le mani stringo un giglio bianco. L'ho rubato in un giardino della zona e non posso fare a meno di notare il contrasto di questo fiore così puro, candido e innocente con la parte più oscura di me stessa. Quella che mi spinge a lasciarmi il mondo alle spalle, a sparire da questa terra calda e invitante, piena di vita.
Annuso il profumo delicato e invitante del giglio, che svanisce all'istante, spazzato via dal vento del mare, ricco di salsedine e freddo come il ghiaccio.
Da un po' di tempo a questa parte mi sento vuota, ho perso ogni speranza. Ma speranza di cosa? Sento solamente che la vita non ha più niente da offrirmi e io non ho più niente da offrire a lei. I giorni sono diventati tutti uno uguale all'altro, le azioni sono ripetitive e non trovo il modo di uscirne. Sono morta dentro, persino il mio cuore batte più lento e calmo del solito, come se si fosse rassegnato.
Ho pensato varie volte di tagliarmi, ma sono giunta alla conclusione che sono troppo codarda per voler sentire dolore. Mi sento ipocrita adesso, sapendo che a breve starò camminando nel mare algido per portare a termine ciò che rimane di me, perché il dolore ci sarà anche lì; è inutile che lo nego a me stessa.
Osservo il mare, tutt'altro che calmo e placido e deglutisco. Le onde si infrangono sulla battigia, la schiuma sparisce sotto la sabbia e di nuovo daccapo. Un ciclo continuo, come lo sono i miei pensieri. Lascerò soli i miei genitori, i miei amici. Magari piangeranno per me, magari no. Li capirei se se ne fregassero altamente. Non sono esattamente una persona simpatica, lo ammetto. Ho avuto più momenti no che si nella mia vita e non so come abbiano fatto a sopportarmi le persone che mi circondano.
Dicono che il tempo guarisce ogni ferita e ne sono convinta. Una volta che sarò sparita l'impatto iniziale sarà violento, ma pian piano arriveranno a scordarsi di me o magari tramuteranno il mio ricordo in quello di una persona sempre felice e sorridente.
Un fulmine in lontananza si scaglia dal cielo verso terra e le sue ramificazioni assumono la forma contorta di un cuore. Sorrido pensando che la natura è veramente il tesoro e lo spettacolo più grande su cui l'essere umano abbia potuto poggiare lo sguardo.
Non ho mai trovato l'amore e non l'ho mai cercato; mi sono detta più volte che mi bastavo da sola, che non avevo bisogno di nessuno. E adesso, che sono qui da sola, non rimpiango niente.
Mi alzo lentamente e rabbrividisco, il freddo che mi entra nelle ossa. Faccio scorrere lo sguardo intorno a me, sperando che non ci sia gente in giro.
Dopo essermi accertata che l'unica presenza siano i gabbiani che zampettano sulla spiaggia mi dirigo verso il mare. Le onde sono ancora più furiose di prima, si accavallano una sopra l'altra con prepotente violenza.
Annuso un'ultima volta il profumo delicato della purezza che stringo tra le dita e immergo i piedi nell'acqua gelida. Nel giro di un minuto non sento più i piedi, ma mi impongo di non uscire dall'acqua.

Sono pronta a morire.

Avanzo nel mare gelido che mi circonda le caviglie, fino a salire sempre di più. Sono ormai intirizzita, ma con uno sforzo mi immergo e raggiungo il fondo. Sento le correnti trascinarmi ovunque e le lascio fare, mi ci abbandono. Mi bruciano gli occhi, ma li tengo aperti per vedere il buio che mi circonda. A breve diventerò io il buio e il buio si impossesserà di me, senza più lasciarmi andare.
I polmoni mi implorano di immettere ossigeno ma non li posso accontentare. Non voglio sopravvivere, non voglio più convivere con me stessa e i miei pensieri.
La vista comincia a oscurarmisi e d'istinto prendo una boccata, cosciente che nel giro di poco cesserò di esistere. L'ultima cosa che vedo prima di chiudere gli occhi è una macchia bianca nella mia mano.

La vide mettere i piedi in acqua e pensò che ce n'era di gente fuori di testa. Era pieno inverno e si congelava, ma la gente trovava nuovi metodi o nuove sfide da compiere, anche per delle sciocche scommesse. Quando la ragazza entrò in acqua completamente vestita e scomparve sotto le onde, si immobilizzò. In un secondo il suo cuore cominciò a battere all'impazzata, l'adrenalina in circolo era un potente rimedio contro lo shock. Chiamò velocemente l'ambulanza e urlò l'indirizzo per poi correre a perdifiato e gettarsi nell'acqua oscura. Le correnti lo sballottavano a destra e a manca. Si immerse per cercare la ragazza, ma non riusciva a trovarla. Cominciava a perdere le speranze quando vide un corpo fluttuare poco distante da lui. In poche bracciate e molta fatica la raggiunse e la trascinò con sè fino a riva, dove la distese con delicatezza. Prese dei respiri profondi e cominciò a farle il massaggio cardiaco, poi passò al respiro bocca a bocca. Le fece espellere tutta l'acqua che aveva ingerito, ma la ragazza non riprese conoscenza. Appoggiò l'orecchio al petto di lei e sentì un debole battito. In lontananza l'ambulanza stava arrivando con le sirene spiegate.

Sento un brusio in sottofondo, ma la scena principale è occupata dal silenzio che c'è nella mia testa. Non mi sono mai sentita così bene.
Un profumo inebriante invade i miei sensi e non tardo a riconoscerlo. Gigli. Ormai li riconoscerei ovunque, perché per me hanno assunto l'odore dolce della morte.
-Finalmente ti sei svegliata.- Una voce roca mi fa aprire gli occhi di scatto. Mi accorgo di stare sorridendo, ma appena vedo un ragazzo seduto accanto a me che mi tiene la mano, mi acciglio. Non ho la più pallida idea di chi sia.
Appena il pensiero che non sono morta si affaccia nella mia testa, la disperazione prende il sopravvento. Grosse lacrime scivolano sulle mie guance, fino a cadere sulle coperte.
-Lily non piangere, va tutto bene.- Non so nemmeno come faccia a sapere il mio nome. Si alza dalla sedia e si siede accanto a me, passando i polpastrelli sulle mie guance. I suoi occhi sono così scuri e caldi che mi perdo a fissarli. Mi stringe contro il suo petto e rimaniamo immobili per un po'.
-Chi sei?- La mia voce è roca e gutturale, sembro quasi un animale. Si stacca da me e mi osserva.
-Per ora non ti serve sapere il mio nome.- Mi sorride.
-Avresti dovuto lasciarmi morire.- Abbasso lo sguardo sulle nostre mani unite e calde. Non mi da fastidio stringere la sua mano, il che è tutto dire.
-Chiunque porti dentro di sè un dolore così grande merita di essere salvato. Parlo di quel dolore che ti sei trascinata dentro fino alla decisione di toglierti la vita.-
Alzo lo sguardo su di lui e poi lo distolgo velocemente. Mi sento rimproverata. -Per fortuna il tuo corpo la pensava diversamente, per questo sei riuscita a sopravvivere. Ti ha tenuta ancorata alla vita. Tu volevi essere salvata.- Queste parole mi bloccano il respiro in gola e mi fanno bruciare gli occhi. Altre lacrime scivolano sulla pelle arrossata delle guance.
-Tu meriti di essere salvata Lily. E io non ti lascerò andare tanto facilmente.- Si sporge in avanti e poggia le sue labbra sulle mie con delicatezza, come se fossi fatta di cristallo.
Mi ritrovo a ricambiare il suo bacio mentre la speranza torna a scaldare i recessi della mia mente.

Eccomi qui, ancora una volta con una one-shot :) ammetto di non essere molto in vena per le poesie al momento, ma spero che queste brevi storie vi piacciano lo stesso :)

Alla prossima, Beffii

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