Capitolo 4

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Rientrai a casa con il cuore che batteva a mille nel petto.
Ero riuscita a far trasparire una certa calma, ma per un motivo che non riuscivo a spiegarmi, il mio cuore aveva martellato a ritmi assurdi per tutto il tragitto, e avevo avuto bisogno di perdermi nella musica per cercare di non far notare il mio imbarazzo e la mia emozione.
Dopo qualche ora passata a guardare la TV, decisi che mi ci voleva decisamente una doccia fredda, per schiarirmi le idee e fare in modo che la pressione tornasse a livelli accettabili per un essere umano.
Mandai un rapido sms a Valentina chiedendole di raggiungermi a casa, ed aprii l'acqua della doccia che immediatamente mi bagnò il polso destro.
In quel momento mi accorsi di non avere il braccialetto che mia madre mi aveva regalato l'ultima sera a Camas, prima che lasciassi la mia terra e mi trasferissi definitivamente a Madrid.
Feci mente locale, per capire dove potessi averlo lasciato.
Mi balenò in testa l'idea di averlo potuto perdere a Valdebebas, e sperai vivamente che non fosse così o di sicuro non sarei più riuscita a trovarlo.
Decise di provare a pensarci in un secondo momento ed entrai sotto la doccia, anche se una sensazione di vuoto mi stringeva lo stomaco in una morsa.
Dopo pochi minuti sentii il campanello di casa suonare.
Uscii rapidamente dalla doccia, mi legai un'aciugamano intorno al corpo e corsi alla porta, felice che Valentina fosse arrivata subito.
Quando girai la maniglia, però, mi trovai davanti gli occhi profondi di Iker Casillas in persona e il mio cuore perse un battito.
"Perdonami, non sapevo che.. Torno in un altro momento.", disse, facendo per andarsene.
"Ehm, no, aspetta, entra pure. Vado a cambiarmi e arrivo, aspettami in salotto.", risposi, cercando di essere il più naturale possibile e di nascondere il rossore che mi aveva colorato le guance.
"Sicura? Perché posso tornare, davvero.."
"No, figurati, arrivo subito."
Corsi in camera a cambiarmi, cercando di fare il più in fretta possibile per non far aspettare troppo il mio ospite.

******
Entrai, leggermente imbarazzato.
Andai a sedermi sul divano che era stato testimone di mille partite di PlayStation giocate con Sergio, quando Marisol era a lavoro e non poteva 'scocciarci con le sue manie di pulizia da ragazza', come diceva sempre il sivigliano.
Mentre ripensavo a tutto questo, Marisol arrivò trafelata alle mie spalle.
"Scusa se ti ho fatto aspettare, allora, cosa posso fare per te?", disse, con un tono di voce fermo ma che tradì una nota di impazienza.
"Scusami tu, io volevo solo ..."
Mi bloccai un momento, voltandomi verso di lei e notando quanto fosse bella nella sua semplicità.
Aveva i capelli ancora umidi e aveva indossato un vestitino corto, di jeans, che sembrava essere stato cucito a posta per lei.
Sorrisi mio malgrado, e notando l'espressione interrogativa della ragazza proseguii.
"Volevo solo riportarti questo.", dissi indicando un braccialetto celeste, che avevo trovato sul sedile del passeggero della mia aiuto, poco dopo averla riaccompagnata a casa, qualche ora prima.
Glielo avevo notato a Valdebebas quella mattina, così avevo deciso di riportarglielo una volta finito l'allenamento. Avrei potuto darlo a Sergio, ma avere un pretesto per rivederla mi sembrava un'idea decisamente migliore.
Vidi i suoi occhi cambiare colore e illuminarsi alla vista di quell'oggetto, e prima che potessi dire qualsiasi cosa, mi aveva già buttato le braccia al collo, ringraziandomi come se le avessi appena salvato la vita.
"Grazie, grazie, grazie Iker, davvero. Davvero, grazie mille. Non so come ringraziarti...", continuava a ripetere, senza prendersi nemmeno un secondo per respirare e senza sciogliere l'abbraccio in cui mi aveva stretto.
Rimasi sorpreso da una reazione così calorosa per un gesto che io reputavo scontato.
Ricambiai l'abbraccio e strinsi Marisol a me, inebriandomi per la prima volta del suo profumo.
"Non hai nulla di cui ringraziarmi, ti è caduto in macchina, stamattina, quando ti ho riaccompagnata."
"È un regalo di mia madre, avevo paura di averlo perso...", disse staccandosi piano e abbassando lo sguardo.
Notai una lacrima scorrere sul viso di Marisol. Prontamente, le sollevai il volto e la asciugai. Poi le presi dolcemente il polso e le allacciai quel semplice cinturino di cuoio azzurro che sembrava fosse fatto d'oro, in quel momento.
"Non immaginavo fosse così importante per te. Se l'avessi saputo sarei tornato indietro immediatamente e invece ho aspettato la fine dell'allenamento...", dissi sentendomi quasi colpevole per aver atteso e fatto attendere a Marisol così tanto tempo.
"Non dirlo nemmeno. Ti sei preso già fin troppo disturbo, venendo fin qui.",mi rassicurò con un sorriso.
"Nessun disturbo. Ora è meglio che vada, così puoi finire la doccia che ho interrotto."
"Hai fatto bene a interromperla, non ci avrei dormito la notte se non avessi ritrovato il braccialetto.", disse girandosi il cinturino sul polso e sorridendo.
"Grazie Iker.", aggiunse sinceramente grata.
Il mio nome pronunciato dalle sue labbra mi sembrò un nome nuovo. Ebbi l'impressione di sentirlo pronunciare per la prima volta.
Quella ragazza mi aveva colpito, e non potevo negarlo. Vederla così fragile e commossa mi spinse ad agire d'istinto.
"Ah, prima che vada.."

******
"Si?", mi affrettai a rispondere, quasi stessi sperando che aggiungesse qualcosa.
"Come sicuramente ti avrà detto Ser, tra due settimane ricomincia la Liga. E sabato prossimo c'è una festa. È una specie di rito, porta fortuna ..", cominciò a spiegare Iker, gesticolando e tradendo una strana agitazione.
"Sì, Ser mi ha accennato qualcosa..."
"Bene... Mi chiedevo se ti andasse di accompagnarmi. Ci saranno tutti i giocatori del Real con le loro compagne...", si fermò cercando di cogliere un cenno di assenso o di disapprovazione sul mio volto.
Io continuavo ad ascoltarlo senza muovere un muscolo.
"Ecco, sicuramente saranno tutti accompagnati, tuo fratello troverà qualcuno come al solito, io ho rotto con Sara da mesi, e non riesco mai a trovare qualcuna che..."
"Sarei felice di accompagnarti.", sorrisi dolce, fermando quel fiume di parole a cui Iker aveva dato sfogo improvvisamente, senza mai prendere fiato tra una parola e l'altra.
"Davvero?", chiese quasi si aspettasse un rifiuto.
"Certo. E poi in qualche modo devo sdebitarmi per il braccialetto."
"Beh, perfetto, allora ... Passo a prenderti sabato alle otto.", disse, imbarazzato ma apparentemente felice.
"Ci vediamo sabato", gli sorrisi, aprendogli la porta e guardandolo allontanarsi finché non scomparve dietro la prima curva.
Richiusi la porta e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii incredibilmente serena.

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