Leggere tra le righe.

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Tokyo è davvero una stronza, non mi lascia mai scampo. Ovunque io vada, ovunque io mi giri, tu sei lì, a fissarmi con quei codini da bambina e quel sorriso che non mi fa più ragionare.
Sento le voci dei ragazzini, gli stessi ragazzini che siamo stati noi tanto tempo fa, e non sento altro che le nostre risate, quelle poche che ti concedevo, e che tu custodivi come il più prezioso dei tesori.
Guardo quel gazebo, il nostro gazebo, e vedo te con i capelli sciolti che tenti di impersonare mia madre. Vedo i nostri abbracci, i momenti solo nostri che nessuno conosce.
Sono giorni che Matsui mi consiglia di parlarti, ma dopo la discussione che abbiamo avuto, dubito che tu voglia farlo. Mi avrai chiuso il telefono in faccia, si e no, circa ventidue volte, non curandoti minimamente di ciò che ti stavo dicendo.
A volte ti comporti proprio da ragazzina, Kurata. A volte, ma che dico? Sempre.
Sei una stupida ragazzina egoista che non capisce quando è ora di star zitta, quando bisogna solo ascoltare. Volevo scusarmi, davvero, forse per la prima volta in vita mia avevo intenzione di pronunciare quella parolina magica che tante volte hai preteso e che io non ti ho mai regalato.
Ne ho fatte di cazzate - e non conto nemmeno quelle che hai fatto tu - ma probabilmente questa è la più epocale. Tanto per fare un riassuntino, come al solito sono volate parole che nessuno dei due avrebbe voluto dire, tu hai cominciato a sbraitare, io ho cominciato a star zitto, e la cosa è degenerata fino ad arrivare a questo punto.
Che poi, il motivo della discussione, io nemmeno me lo ricordo. Le uniche cose che mi vengono in mente sono mie elucubrazioni mentali su quanto il vestito che indossavi fosse troppo appariscente per uscire con Naozumi Kamura, e poi il resto è storia. Sempre la stessa, tra l'altro.
Non riesco a credere di averlo fatto davvero. Il geloso, intendo. Non è affatto da me, eppure non sono riuscito a controllarmi. Non stiamo nemmeno insieme, diamine.
Ormai c'ho fatto l'abitudine, è una routine ormai ben consolidata, non mi lascia spazio per cambiare le cose, mi incatena e tutto si ripete un'infinità di volte.
Kamura è il tuo pretendente abituale, non riesce a staccarsi dalle tue tette - se ci sono davvero, visto che in anni di intima amicizia, non ne ho vista nemmeno l'ombra - manco quando è in compagnia di altra gente.
Altra gente, tipo me. Andiamo, lo sai benissimo anche tu che solo avvicinarmi a quel damerino mi provoca l'orticaria, eppure ti sei convinta che potremmo diventare amici.
Amici, io e quel.. quel.. non so nemmeno come definirlo. Sei una povera illusa, Kurata, se pensi che potrei anche solo accettare il modo in cui quel bamboccio ti guarda. No, assolutamente, e non per gelosia - non è di certo il mio caso - ma per semplice pudore. Diavolo, Sana, sembra che ti voglia spogliare in mezzo alla strada.
Obiettivamente, credo sia lo sguardo che ti riservino la metà dei ragazzi che incontri, se non tutti. Hanno quello sguardo da pesci lessi, come se non avessero mai visto un paio di tette e un bel culo. Bah, io non li capisco proprio.
Cosa ci trovano di così sexy in te? Sarà che io vedo sempre quella ragazzina coi codini, quella che mi rompeva le palle alle elementari e che non riusciva per un secondo a restar zitta - a dir la verità, non ci riesci nemmeno adesso.
Ed è una cosa che mi urta, parecchio anche. Dovresti imparare ad ascoltare, capiresti molto di più.
Si, è vero, non capisco cosa ci trovino gli altri in te, ma, siamo sinceri, capisco perfettamente ciò che io vedo. Vedo il corpo della mia migliore amica - si, sei solo questo per me - cambiare giorno per giorno, diventare quello di una donna, e a volte i miei.. impulsi, chiamiamoli così, tentano di prendere il sopravvento.
Io provo a fermare quello che si muove nei jeans, ma il più delle volte sono costretto a fiondarmi in doccia, per evitare chissà quale catastrofe. Ecco perché faccio sempre un buon odore, tu che mi accusi di riempirmi di colonia. No, Sana, faccio circa venti docce al giorno per scacciare la tua immagine dalla mia mente.
Certo, l'immagine della mia migliore amica che si butta su di me e mi bacia, non è di certo normale, quindi ogni qualvolta si presenta, prepotentemente e in lingerie, le butto addosso un bel getto d'acqua fredda e la mando via.
Ecco, Sana, questo vorrei che tu capissi. Non sei una ragazzina qualunque, per me almeno. Ma sei così impegnata a dar retta a quell'attore da quattro soldi da non renderti conto nemmeno di ciò che ti accade intorno.
Mi sembra quasi di rivivere quel momento, alle medie, quando cercavo disperatamente di spiegarti e tu, come sempre, ti ostinavi a non capire. Cosa c'è di sbagliato in te, Kurata?
Non riesco a capirlo. Perché la tua capacità di comprendonio rasenta lo zero? A volte mi chiedo come tu abbia fatto ad andare avanti nella vita, e ad arrivare alla bellezza di diciannove anni, senza guardarti attorno. Basterebbe un'attenzione in più, piccola e nemmeno troppo accurata, per accorgerti che le cose non stanno proprio come il tuo cervello le mette insieme.
Il mondo non è rose e fiori, non ci sono arcobaleni ad ogni angolo, e di certo la vita non è fatta di sole cose belle. Dovresti saperlo, conoscendomi. Ma ancora, dopo tutto questo tempo, il tuo ottimismo pervade tutto ciò che fai. E chi sono io per smorzarlo? Sorridi, è questo l'importante.
Naozumi, in assoluto, è quello che tu vedi in maniera più distorta. Come fai, davvero, come fai a non rendertene conto? Non me lo spiego, e non riesco a darmi pace.
Sei davvero ingenua. Forse è una delle cose che mi piace di più di te, la tua ingenuità. Ti rende pura, incapace di provare odio, senza malizia. E' una delle tue caratteristiche meno irritanti, diciamo.
Comunque, lasciando perdere tutti questi pensieri inutili, è da un'ora che Aya mi ripete di tornare a casa tua, probabilmente perché avrò interrotto qualcosa tra lei e Tsuyoshi. Abbiamo degli amici davvero pervertiti, lo sai Sana?
Si, in effetti, avrei potuto anche risparmiarmela questa improvvisata di domenica mattina, la tua migliore amica ha i capelli tutti arruffati - non so se per il fatto che era ancora a letto quando mi sono catapultato qui o per qualcos'altro, a cui non voglio nemmeno pensare - e poi ha la bocca gonfia. No, non è per il sonno, decisamente.
«Akito, davvero, Sana ti vuole bene...». In quest'ultima frase mette un po' di insicurezza, lo avverto dalla voce palesemente spezzata dal risolino che si scambia con Tsuyoshi. Li odio quando sembra che sappiano qualcosa che io ignoro. Evidentemente Aya sa.
Sa qualcosa, e devo saperla anch'io.
«Si, mi vuole bene, e quindi?» chiedo interdetto da quegli sguardi complici.
Aya e Tsuyoshi si scambiano un'altra occhiata, lasciandomi fuori da quella discussione che sta cominciando a innervosirmi non poco.
Dovrei andarmene, decisamente, ma voglio sapere. Aya continua a fare la criptica, e Tsuyoshi continua a preparare il caffè, lasciando fare alla sua adorata ragazza.
«Dovresti leggere un po' più tra le righe, Hayama.» mi dice sedendosi davanti a me.
Al diavolo, lei e le sue frasi sibilline. Non ho la minima intenzione di scervellarmi dietro al mistero della Sfinge.

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