Capitolo 27

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L'aria fredda di Madrid faceva da sottofondo al mio respiro pesante, mentre me ne stavo appoggiato al muro di mattoni, sull'enorme terrazzo esterno del 'Gràn Paìs'.
Marisol era rientrata da più di mezz'ora, lasciandomi a riflettere sulle sue parole e sulla reazione che avevo avuto, vedendola parlare con un altro.
Il fatto che fosse un mio compagno di nazionale mi infastidiva anche di più, ma la verità era che mi avrebbe dato ai nervi in ogni caso.
Non sapevo spiegarmi il motivo del mio stesso comportamento. Avevo agito d'istinto e probabilmente avevo sbagliato, ma non potevo rimproverarmi nulla.
"Iker, che fai qua?", mi chiese Sergio, che mi aveva appena raggiunto.
"Niente, prendevo un po' d'aria..."
"Hai parlato con..."
"Si. Cioè, più che altro ci ho litigato. Tanto per cambiare.", spiegai, interrompendolo prima che pronunciasse il nome di Marisol.
"Ah, capisco. Lei è dentro con Àlvaro, se vuoi provare a chiarire."
Risi nervosamente.
"No, grazie. Torno da Sara, è meglio.", conclusi rientrando, e battendo una pacca sulla spalla a Sergio, che mi guardava sconfortato, scuotendo la testa.

"Casillas, svegliati! Se continui così, mercoledì ne prendiamo cinque.", tuonò il mister, dopo l'ennesimo goal subito nella sessione di allenamento di quel giorno.
L'infortunio alla mano mi aveva tenuto fuori per più di un mese, e il recupero si era dimostrato molto più lento e complicato del previsto. Tuttavia, sentivo che il problema non era fisico.
La mia concentrazione era terribilmente scarsa, la mente era occupata da pensieri ben lontani dal campo da calcio e la situazione era resa decisamente più grave dalle semifinali di Champions che si avvicinavano minacciose.
Di lì a tre giorni, il Real si sarebbe giocato l'accesso alla finale di Coppa contro i Campioni d'Italia, ed io non potevo permettermi distrazioni. Il risultato dell'andata era tutt'altro che rassicurante.
Mi armai di tutta la buona volontà e la forza che avessi e ricominciai a lanciarmi come potevo, tentando di parare i tiri dei miei compagni di squadra.

*******
Io e Valentina giravamo il Corte Ingles, comprando tutto ciò che sarebbe servito al futuro, piccolo Ramos.
"Come è andato l'incontro con Iker? Tragico come pensavi?", mi chiese all'improvviso Valentina.
"No. Cioè, non saprei. Abbiamo litigato come al solito..."
"Non avevo dubbi."
"Già."
"E di questo Morata cosa mi dici?", chiese poi, alzando un sopracciglio e sorridendo con aria di sfida.
"Beh... Siamo usciti un paio di volte. È simpatico, e carino, ma è anche vero che ..."
"Ma è anche vero che non si chiama Iker Casillas.", mi interruppe, decisa.
"È anche vero che non lo conosco abbastanza, stavo per dire."
"Marisol, ti conosco troppo bene. E ho capito che esci con Àlvaro solo per ripicca."
"Ma di cosa parli?"
"L'hai visto con Sara e hai deciso di dimostrare che sei andata avanti anche tu. Ma non l'hai fatto. E nemmeno lui.", spiegò, perfettamente consapevole delle sue ragioni.
"Mi ha chiesto di venire alla partita, mercoledì.", dissi d'un fiato, senza staccare lo sguardo dal pavimento.
"Chi? Iker?"
"Ma no, genio! Àlvaro!", la corressi.
"Non avrai intenzione di andarci, vero?"
"Perché non dovrei? È pur sempre il mio..."
"Non dirlo nemmeno!", mi interruppe.
"Tu ami Iker.", aggiunse.
"No, invece..."
"Lo ami eccome!", insistette.
"Ti ho detto di no, Val. Non è così."
"Anche un completo idiota capirebbe che ne sei completamente innamorata."
"E anche se fosse?", sbottai.
"Cosa cambia? Lui sta con Sara adesso."
"Lui vuole Sara tanto quanto tu vuoi Àlvaro. Vi amate alla follia, eppure siete talmente orgogliosi da mandare al diavolo una felicità immensa per farvi un paio di dispetti!", mi scosse Valentina, alzando il tono della voce.
"Non mi sembra che..."
"No, basta così, ora devi ascoltarmi.", mi interruppe ancora.
"Ora state giocando, ma se non vi sbrigate a capire l'errore immane che state commettendo, la situazione si complicherà, e non poco!"
Guardai la mia amica e tentai di soffocare il pianto.
"Io non sto giocando. Sto solo cercando di imparare a dimenticarlo..."
"Non lo dimenticherai finché lo ami.", mi riprese Valentina.
Mi asciugai velocemente una lacrima e tornai ad indossare la corazza che avevo imparato a costruirmi.
"Devo chiamare Àlvaro, domani arriva a Barajas. Fammi sapere se ti va di accompagnarmi alla partita.", dissi dura, mentre mi avviavo verso l'uscita del centro commerciale.

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