18 luglio 2019, ore 15:00
Editoriale Il Cittadino S.p.A, Via BenedettineInspira, espira. Inspira, espira. Se non ti calmi immediatamente, la bambina - perché sì, è una principessina e lo so per certo - ne soffrirà. Lei non c'entra assolutamente nulla e non è affatto colpa sua, se sua madre deve aver a che fare con degli sciroccati quando lavora.
Eppure questa mail mi dà parecchio fastidio: sul serio il capo di un'associazione no-profit sta chiedendo di essere pagato per rilasciare un'intervista? Quando mi avevano gentilmente chiesto di provare a farlo ragionare, per strappare questo maledetto articolo previsto per nientepopodimeno che domani, non avevano specificato che avrei avuto a che fare con l'ennesimo caso umano.
«Ma perché?» è il mio commento esasperato. Tanto l'ufficio è pressoché deserto e, anche se parlo ad alta voce, non do fastidio a nessuno. «Perché a me?».
Qualcuno, dall'altra parte della stanza, risponde: «Perché sei tanto brava, ti vogliamo bene e siamo convinti che tu possa fare l'ennesimo miracolo».
Mi piacerebbe pensare che l'affermazione di Vittorio Quadrelli sia molto ironica, ma ho come la vaga impressione che un fondo di verità ci sia. Vero, trattare con le persone non sempre è facile e ci vuole una certa dose di pazienza per avere a che fare con alcuni casi particolarmente speciali come quello che ho di fronte. Normalmente lo farei anche con un piacere quasi masochistico, visto che sono - e soprattutto ho scelto - di diventare l'addetta alle pubbliche relazioni.
Però non è questo il caso, non è questo il periodo, non lo è già da diversi mesi, vorrei che sparissero tutti e che qualcuno mi offrisse una cioccolata calda, anche se ci sono quaranta gradi all'ombra, perché ho un disperato bisogno di dolci, però quella delle macchinette è tossica e non è fondente.
Una manina si offre di darmi aiuto. Preme contro il mio ventre e quel contatto, quel piccolo e fragile contatto, mi ricorda che cosa è veramente importante.
Santo cielo, ancora non sei nata e già mi stai confortando. Che pessima madre...
«Quanto manca ormai?» domanda il capo grafico, che nel frattempo si è avvicinato alla scrivania. Anche lui ha la faccia di chi non vorrebbe essere qui, ma deve per cause di forza maggiore. Un giornale non può portarsi avanti da solo.
Vorrei tanto fosse domani, ma... «Sono già, o ancora a seconda dei punti di vista, al quinto mese» rispondo, facendo fatica a non emozionarmi. Quando parlo di lei, il mio tono di voce aumenta in maniera un po' troppo evidente e non vorrei che a qualcuno desse fastidio.
Lo vedo sorridere. «Voleranno,» si limita a dire, per poi indicare lo schermo del computer con un cenno di capo, «quindi vedi di chiedere congedo, così tra non molto ti libererai di queste piaghe».
So che dovrei e sicuramente lo farò, però non posso fare a meno di preoccuparmi: «Chi prenderà il mio posto?».
Vittorio si aggiusta gli occhiali, tipico di quando deve riflettere o ricordare qualcosa. «In realtà non lo so» dice perplesso, facendo spallucce. «Stefania è oberata di lavoro e secondo me non ci ha ancora pensato».
Stavo per chiedergli se la piccola Rebecca avesse ripreso a dormire la notte, ma le sue occhiaie sono una risposta più che sufficiente. Da quando alla bambina sono spuntati i denti da latte, la direttrice è diventata particolarmente nervosa e non esce quasi mai dal suo ufficio. Immagino che occuparsi della redazione non sia semplice, adesso che hanno una figlia, specialmente in questo periodo. Il caldo non aiuta.
Chissà se Giacomo ed io sapremo cavarcela, quando sarà il momento? A volte temo di non esserne in grado, nonostante abbia desiderato a lungo di diventare mamma.
«Tranquilla,» mi rassicura il capo grafico, appoggiando una mano sulla mia spalla con affetto, «vedrai che tutto si sistemerà per tempo. Tra l'altro oggi Stefania dovrebbe avere un colloquio di lavoro: magari si tratta del tuo sostituto».
Nutro dubbi che qualcuno si possa presentare con due mesi di anticipo rispetto alla mia maternità, ma sperar non nuoce. «A che ora?».
Getta un'occhiata veloce all'orologio. «Tra un paio d'ore».
Mi domando che tipo di persona varcherà la soglia.18 luglio 2019, ore 16:48
Editoriale Il Cittadino S.p.A., via BenedettineLicia Franzoso, l'adorabile ragazza che lavora alla reception, si precipita di corsa nel nostro ufficio. Ha bisogno di una manciata di secondi per riprendere fiato, durante i quali noi presenti abbiamo temuto il peggio, prima di dirci quale emergenza è in atto.
«Qualcuno ha del ghiaccio, della pomata, qualcosa?» biascica a intervalli, ancora provata dalle due rampe di scale fatte un po' troppo di fretta.
Sorge lecita la domanda: «Perché, si è fatto male qualcuno?».
«Un visitatore ha preso la porta girevole in faccia».18 luglio 2019, ore 16:59
Editoriale Il Cittadino S.p.A., via BenedettineAlcuni colleghi hanno soffocato a stento una risata, quando il nostro famoso visitatore è entrato in ufficio. Purtroppo non posso dire abbia cominciato col piede giusto e, sinceramente, non so che cosa augurargli: nel caso venisse assunto, ha già servito su un piatto d'argento l'occasione di essere preso in giro almeno per qualche mese.
Mi dispiace davvero, contando quanto impegno deve averci messo, per fare bella figura al suo colloquio. Spero che le risatine di corridoio non siano già giunte alle orecchie di Stefania, altrimenti quel ragazzo può dichiararsi spacciato in partenza - la Veneta detesta avere a che fare con degli imbranati, non è un segreto.
Sta aspettando davanti all'ufficio della direttrice già da un paio di minuti, guardando ogni tanto l'orologio con una certa ansia. Forse dovrei dirgli qualche parola di conforto? Non credo sia una buona idea "manipolarlo" già dal primo giorno.
Vittorio si china al mio fianco, per sussurrarmi un'informazione all'orecchio: «Viene da Torino».
Caspita. «Come ha fatto a finire proprio qui?» è la mia reazione lecita e proprio non riesco a mascherare una certa sorpresa. Con tutti i posti di lavoro che l'ex capitale offre, perché cercare un impiego proprio qui?
Giacca e cravatta in pieno luglio, valigetta di pelle. Troppo tirato a lucido, per avere all'incirca qualche anno in meno di me; è decisamente fuori luogo.
Il capo grafico incrocia le braccia al petto, abbozzando un sorrisetto ironico. «Mah, chissà» si limita a commentare.
Anche io ricordo di essermi agghindata per bene, la prima volta che ho parlato a Stefania Rizzetto. Non posso biasimare la scelta di indossare il vestito migliore, però ho come l'impressione che non gli calzi affatto.
Forse ci tiene particolarmente. Magari vuole fuggire dal caos della città per trovare un po' di pace qui da noi. Oppure qualcuno lo ha indirizzato qui.
Di certo non è tagliato per prendere il mio posto e faccio fatica ad attribuirgli un ruolo all'interno della redazione. Non sembra portato per qualcosa nello specifico, ma non dovrei giudicarlo di primo acchito.
Di nuovo, una piccola manina mi riporta alla realtà.
È ora di tornare al lavoro.
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#01_Rosaspina
Ficción General{Brevi storie antecedenti alla trama del romanzo "Rosaspina"} Dopo tre anni di intensa riflessione esistenziale, Filippo Terzi giunge a Piacenza per ottenere il posto da tipografo presso il quotidiano "Il Cittadino", armato di un curriculum lungo be...