Epilgo

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  Cloto aprì gli occhi.
Era ancora tutto buio.
Ancora in quel posto d’Inferno.
Non riusciva ancora a credere che fosse ancora lì.

Quanto tempo era passato?
Perché le sue sorelle non erano venute a recuperarla?
Non riusciva a crederci.
Sapeva solo che le sembrava di essere stata catapultata dentro a un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi.
Sentiva ancora il suo respiro.

Lui era lì.
Ed era lei che voleva.
Lei lo sapeva.
Lo capiva dal modo in cui ringhiava.
Dal modo in cui la cercava.
Perché era lei che stava cercando.
Lei sapeva che non aveva molto tempo.
Lui stava arrivando.

Né sentiva i passi seppur così silenziosi in quel silenzio assoluto persino i suoi passi avevano un suono.
Persino il suo respiro.
Così fastidioso.
Era un perfetto segnalatore della sua posizione.

Lei non poteva fare nulla a parte cercare di scappare da lui.
Era inutile però.
Lei si stava indebolendo sempre di più e lui lo sapeva.
Erano nella sua tana.
Nella tana del lupo.
Lui conosceva il posto.

Sentiva lei.
Sapeva dov’era.
Né fiutava la paura.
E sapeva che avrebbe potuto afferrarla in qualunque momento.
Sapeva anche che era sfinita.
Giocava con lei come il gatto giocava con il topo.
Nessuna pietà.
Nessuna compassione.
Nessuna speranza per lei di uscirne viva.

Lui era così vicino.
Pensò alle sue sorelle.
Perché non venivano a salvarla?
Che si fossero dimenticate di lei?
Si sentiva sempre più stanca.
Aveva bisogno di un po’ di riposo.
Aveva anche bisogno di non avere più paura.
Quella paura la sfiniva.

Poi d’un tratto sentì il suo respiro sul collo.
L’aveva trovata.
Era lì a due centimetri da lei.
Lei però era raggelata dalla paura e non aveva la forza di continuare a scappare.
Di cercare di andare via.

Perché continuare a lottare quando sapeva che non aveva senso?
Che era inutile?
Lui l’avrebbe scovata di nuovo.
L’avrebbe presa comunque.
Avrebbe preso tempo e dopo?

In ogni caso era spacciata.
Lui non le dava tregua.
Si divertiva troppo per lasciarla in pace.
E lei non né poteva più di essere il suo divertimento.
Il suo giocattolo prediletto.
Era stufa.
Voleva solo riposare.

Lui in quel momento le avvolse una mano sul braccio.
Da quanto tempo era lì?
In quel posto che ormai odiava?
Non sapeva dirlo con certezza.
A lei sembrava fosse passata un’eternità.
Forse mesi.
Non lo sapeva.

Sapeva solo che in quel posto non sembrava esserci tempo.
Come se lì il tempo non scorresse.
Se l’orologio si fosse fermato per sempre.
L’unica cosa che le sembrava scandire il tempo era il suo battito.
E le sue energie.

In quel momento lui la tirò trascinandola.
Le faceva male tutto.
Aveva il respiro affannato.
Nonostante però si fosse ripromessa di lasciar perdere e di non combattere si ritrovò a cercare di scappare dalla sua presa ferrea.
I suoi occhi si puntarono verso di lei.

Lei lo colpì forte.
<Lasciami> urlò con tutta la voce che possedeva.
Lui ringhiò lasciandola.

Lei cercò di scappare, ma fu tutto inutile.
Era stanca non riusciva nemmeno a mettersi in piedi.
Persino tenere gli occhi aperti ormai costituiva troppa fatica per lei.

In quel momento non si mosse.
Lei sapeva che era lì.
Accanto a lei.
Si sdraiò accanto a lei.
E l’attirò tra le sue braccia.
Lei sentì il suo corpo duro contro il suo.

Lui le accarezzò il viso e scese giù, lungo il collo e fino al seno.
Gli palpò un seno e lei gemette.
Cercò di ritrarsi da quel contatto poco desiderato.
E lo colpì.
Fu un colpo lieve.

<Non toccarmi> disse lei in un sussurro.
Non aveva più la forza di contrastare quell’uomo.

Alla fine la stanchezza ebbe la meglio e le palpebre si chiusero.
La mano di lui si era allontanata come se in un certo senso il suo volere contasse qualcosa per lui.

In realtà sapeva che non era così.
A lui piaceva vederla soffrire.
Quindi non avrebbe provato alcuna soddisfazione nel toccarla quando lei era incosciente.
Avrebbe aspettato che lei fosse di nuovo sveglia.
Né era certa.

Ormai era diventato un incubo.
Non era certa di poter ancora resistere a tutto quello.
Molto probabilmente se non fosse uscita da lì, sarebbe diventata pazza.
Né era certa.

Eros era deciso a farla pagare a Zeus e quindi aveva cominciato il suo viaggio alla ricerca di persone che come lui erano state punite e/o maltrattate dal re degli dei.
Decise di dirigersi al monte Caucaso dove Prometeo soffriva ancora dopo tutto quel tempo.

Era arrivato il momento che lui fosse liberato.
Sapeva che questo non avrebbe fatto altro che fare infuriare Zeus, ma a lui non importava.

Era arrivato il momento di sbarazzarsi di Zeus una volta per tutte.
Anche perché era un dio tiranno e ormai più nessuno riusciva a sopportarlo.

La maggior parte degli dei gli stava lontano perché aveva paura che anche una sola parola sbagliata potesse fare infuriare il dio.

Tutti, nessuno escluso non voleva più Zeus come re degli dei.
Però per riuscire nel suo intento aveva bisogno di persone dalla sua parte.
Non sapeva in che stato potesse essere adesso Prometeo dopo tutti quei millenni a soffrire le pene dell’Inferno.

Non sapeva nemmeno cosa fosse rimasto di lui.
Ormai doveva essere impazzito.
Eppure sperava che l’odio nei confronti di colui che lo aveva sottoposto a una punizione immane non fosse scomparso dalla sua mente.
Che quell’odio lo avesse tenuto in minima parte sano di mente.

Era certo che ormai fosse solo una bestia intrappolata dentro il corpo di un uomo.
Ed era sicuro che non conosceva più la ragione.
Che ormai fosse irrecuperabile.
Però voleva comunque fare un tentativo.

Così arrivato al monte Caucaso e nella roccia in cui lui avrebbe dovuto essere legato.
Rimase di sasso vedendo con i suoi stessi occhi che in effetti Prometeo non era più lì.

C’era una sorta di magia che avrebbe dovuto tenerlo nascosto agli occhi degli uomini e incatenato lì per sempre.
Eppure lì lui non c’era.
Non c’era più nulla.

Che fosse riuscito a scappare da solo?
E dov’era andato?
E da quanto tempo?
Non lo sapeva.
Sperava solo che non fosse indice di cattive notizie.
Anche perché non sapeva cosa avrebbe potuto fare un dio impazzito in mezzo agli uomini.

Sorrise.
In ogni caso sarebbe stato un problema di Zeus.
Perché questo giocava sempre contro di lui.

 Perché questo giocava sempre contro di lui

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2 -Le Guardiane-                                                         LachesiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora