☙13❧

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Prendo in mano il libro che dovrebbe parlare degli esseri magici, ma il mio cellulare squilla. Alzo gli occhi al cielo, volendo soltanto prendere questo telefono e chiuderlo in una stanza sotto una montagna di cuscini. Non ho mai un attimo di tranquillità. Al contrario di quello che ho pensato fin ora, rispondo senza neanche guardare il numero.

- Emma. Che fine hai fatto? Sono tre settimane che non ti fai viva. Devo iniziare a chiamare i tuoi? –

- Zia Glenda! Scusami scusami! Sono stata un po', ecco, impegnata. Con la scuola e tutto il resto, sai. Le interrogazioni...- guardo Ian che è seduto sulla poltrona di fronte; di rimando alza un sopracciglio, interrogativo. Ok sto divagando troppo, è che sono stata sempre una pessima bugiarda.

- Niente scuse ragazzina. Vieni stasera per cena? – La zia mette sempre di buon umore, ma ora non so proprio come risponderle. Andare da lei significherebbe sicuramente bisticciare con Ian, e non ho voglia di battermi con lui. Ian mi viene in soccorso, gesticolando qualcosa di incomprensibile. Evidentemente devo abbassare il volume se si sente fin lì. Lo guardo perplessa. Sbuffa esasperato e indica me, poi lui, poi fa il cenno dell'ok. Non capisco ancora, e la mia faccia parla per me perché Ian continua a gesticolare marcando di più i gesti. Mi viene da ridere, perché lui è veramente concentrato e io non capisco veramente nulla.

- Pronto? Ci sei? – zia mi chiama dall'altro capo del telefono.  Non avendo ancora afferrato il concetto, Mi faccio venire in mente l'idea dell'ultimo secondo.

- Pront..shhhhh.. zia no- t- nto. Pron... - e riattacco. Ian chiude gli occhi e si passa le mani tra i capelli, incapace di dire o fare altro. 

- Non capisci nulla – le sue labbra tremano impercettibilmente all'insù.

- Sei tu che non mi fai capire – ribatto. Mi manda un'occhiataccia.

- Ti dicevo che possiamo andare, ma devo venire anch'io – strabuzzo gli occhi. Non voglio far entrare Ian ancora di più nella mia vita, è già troppo presente e non ricordo ormai nemmeno com'era prima di incontrarlo. Metto una mano sul fianco.

- E cosa dovrei dirle esattamente? Ehi zia sono un mago e ci sono i cattivi che vogliono uccidermi; per questo devo portarmi lui dietro. Nulla di particolare, sai. Pff, una sciocchezzuola - accompagnando le parole con gesti della mano.

- Che ne dici di un semplice: posso portare un amico? -

- Ma poi capisce altro! – sbuffo. Lui alza gli occhi al cielo.

- Un tuo lontano parente -

- Come se zia non conosca tutti i miei parenti. E poi sei già un suo lontano parente. E se lo abbia scoperto?– rido. Magari le chiedono da dove venisse e perché si trovasse qui quel suo bel nipote straniero.

- Senti. Fa' come vuoi. Sono così brutto per portarmi come tuo amico?- mi fa l'occhiolino. Lo guardo, come se m'incantassi a notare tutti i particolari che ancora mi colgono di sorpresa. Quel fisico asciutto senza imperfezioni; le labbra morbide e lisce che sembrano sempre inumidite dalla lingua; l'adorabile guizzo della mascella; quegli occhi che mi mandano in subbuglio.

Il contrario.

- E va bene! – sospiro e compongo nuovamente il numero di zia. Solo tre squilli e zia risponde.

- Ehi zia, non sentivo più. Comunque è venuto qui un mio amico, posso portare anche lui? – mi mordo un labbro.

- E chi sarebbe questo tuo amico? Certo che può venire, devo dare la mia approvazione – la voce di zia è ammiccante.

BLUE ESSENCEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora