Parte 1 senza titolo

3 0 0
                                    

Palmer si guardò intorno. Aveva di fronte a sé la distesa d'alberi, e quella grande insegna. "Dovrebbero darle fuoco" pensò. Per un attimo credette che le parole gli fossero scappate di bocca. Notò che il suo collega, Roy Habner, lo guardava.

«C'è qualcosa che non va?» gli chiese. Habner fece un mezzo sorriso.

«So cosa hai in testa. Dovrebbero dare fuoco a tutto questo campeggio maledetto. Stavi pensando a questo, vero?»
«Più o meno».
«Hai ragione, sai. Ci ostiniamo a tenerlo così com'è- Habner guardava la distesa di alberi e scuoteva la testa in segno di dissenso- Ogni paio d'anni arriva qualcuno che fiuta l'affare, pensano ad un po' di turismo macabro, e ci riprovano. Tanto figurati se l'amministrazione comunale si permette di non far entrare un po' di gruzzoloni dentro casa. Passerebbero sopra a mille cadaveri. Ma è inutile, questo posto di merda sa di morte».
Palmer in passato aveva sfiorato il Crystal Lake Camp quando era ancora in attività. Come chiunque abitasse in quel posto da minimo vent'anni. C'era stato una volta sola, aveva tredici anni. Quando decise di tornarci l'anno dopo, poco prima che partisse con la comitiva, si scatenò una nuova ondata di omicidi.
I più adulti ci credevano tutti alla storia su Jason. Nonostante avessero preso quattro serial killer diversi in trent'anni la gente di Crystal Lake e l'opinione pubblica pensavano che ci fosse qualcosa di più. La mano dei killer non agiva da sola. La guidava qualcosa, lo spirito. O Jason che dir si voglia. La tv spazzatura che scade nel giallo da quattro soldi alimentava la leggenda. A volte ripetere una bugia fino allo sfinimento la rende vera, Palmer ne era convinto. A maggior ragione se quella bugia aveva seminato sangue per trent'anni.
I più giovani invece, quelli che da un po' di anni a questa parte non avevano vissuto alcun lutto, con quelle storie ci passavano le serate di luna piena. Palmer non capiva quale delle due filosofie di pensiero fosse la peggiore.
«Cazzo, ti rendi conto che è da un trentennio che ci portiamo a presso la storia di questo stronzo e di tutti i fanatici che sgozzano gente in suo nome?» disse Habner tirando una Lucky Strike fuori dalla tasca. «Quando è nata questa storia portavo ancora i calzoni corti. Mia sorella per poco non ci andava di mezzo. Ai tempi stava con quel testa di cazzo di Jim Mallory. La voleva portare al campeggio nel fine settimana, solo che i miei non la lasciavano uscire di casa tanto facilmente. Soprattutto la sera».
Palmer fece un gesto d'assenso, e buttò lo sguardo tra le frasche. Habner gli porse una sigaretta.
«Fu la sua fortuna. E fu la volta in cui una ragazza poté sentirsi contenta di essersi beccata un paio di corna. Quel sabato sera Sally rimase a casa a piangere in camera. Nel frattempo Mallory ed una ragazzetta più piccola di mia sorella venivano sgozzati da Kevin Ripley, il secondo serial killer».
Habner tirò via una boccata di Lucky Strike.
«Ti rendi conto che poteva esserci mia sorella sotto quel dannato albero?» Palmer fece un cenno di approvazione con la testa.
«Purtroppo quel puttaniere ci sapeva fare. Sally gli avrebbe aperto le gambe. Credo sarebbe stata la sua prima volta. Dio, non ci voglio pensare».
Habner andava ormai col pilota automatico.«E Ripley. Quello sì che era uno schizzato. Si portava via le mutandine delle ragazze che faceva fuori. Ti ricordi come hanno ritrovato quella poverina di Denise Harris? Porco cavolo. Chissà quante volte l'aveva stuprata da morta quel porco. A volte vorrei essere nato in California».
«Sai- lo interruppe Palmer- se siamo nati qui, e se oggi indossiamo un'uniforme..insomma,se facciamo i poliziotti non è un caso. Abbiamo questa sorta di demone che invade i nostri boschi, sta qui dentro».
Palmer sentiva il vento insinuarsi tra le foglie degli alberi. Ebbe l'impressione che le anime perdute del campeggio gli stessero sussurrando qualcosa. «Non dico che esista veramente Jason, ma credo che questa sorta di coscienza collettiva faccia parte di Crystal Lake, anzi dell'intera nazione. C'è gente che ha il male dentro, e si alimenta dell'odio e della perversione che viene sprigionato nei dintorni. Gente come noi deve semplicemente dare un taglio a questo gioco malato. Siamo chiamati a debellare lo spirito, in qualsiasi psicopatico s'insinui. E- gli sembrò come se questa frase gli fosse stata sussurrata da qualcuna di quella anime- dobbiamo continuarlo a fare per chi non c'è più».
Habner fece un cenno nervoso di approvazione.
«Bé sembri molto convincente amico.  Sai che ti dico? - iniziò a gesticolare con le mani- Hai ragione. Forse da piccoli leggevamo troppi fumetti e storie di supereroi, ma è così che la pensiamo. Siamo nati per scacciare i fantasmi. Quelli che urlano dentro i corpi delle persone. E che dio mi sia testimone, sono pronto a colpire la loro pellaccia, le loro ossa, e anche il loro spirito. Un po' di pallottole non gliele caccia nessuno. Fossi anche costretto a prenderle d'argento. Fottuti bastardi».
Habner stava prendendo fiducia. Sentiva che quel biondo coi baffoni nutriva i suoi stessi sentimenti. «Ci sarà un motivo se siamo nati e cresciuti in questo posto maledetto e abbiamo deciso di restarci mettendoci un'uniforme addosso. Siamo nati per dare la caccia ai fantasmi, quelli che s'insinuano nelle teste malate. Sissignore, noi ci siamo».
Palmer gli fece un cenno di approvazione. Habner fece l'ultima tirata di Lucky Strike e poi puntò il dito verso il suo collega. «Ti sei guadagnato una birra amico. Oh si, mi hai un po' risollevato il morale. Mi piace che ci sia gente che ragiona come noi, anche se..- Si guardò intorno prima di riprendere a parlare- dovremmo dare fuoco a questo posto una volta per tutte. Sissi, dovremmo proprio farlo. E vaffanculo agli spiritelli malefici ed ai malati di testa».
Palmer e Habner si batterono reciprocamente i pugni, poi si apprestarono a rientrare sulla volante. La ronda serale era finita.

Nel frattempo Chad Smith e Debbie Holdman si stavano organizzando per passare una notte da soli, magari facendo una scampagnata fuori città. Chad sapeva che se Debbie quella sera gli avesse detto "sì" per lei sarebbe stata la prima volta. Voleva preparare una serata coi fiocchi.
«Ti porto in un posto carino. Vicino al lago».
«Oddio ma non è che andiamo al campeggio?»
«Ah ma che dici?! Ti porto solo al lago. E poi quella è una storia vecchia, sono anni che non succede niente. E se hai paura dei fantasmi puoi stare tranquilla, non esistono spiritelli, né tanto meno Jason».
La ragazza sembrava pensierosa. Chad fece una pausa, poi le prese la mano e la guardò negli occhi:«Dai, andiamo a farci un tuffo al lago, al chiaro di luna. Hai voglia? Solo io e te». Le sorrise. Debbie ricambiò. Le brillavano gli occhi. Era cotta di Chad. «Va bene dai, facciamo questa serata speciale».
Mentre s'incamminavano con la Station Wagon di Chad per raggiungere il lago, la volante di Palmer e Habner si muoveva nel senso opposto. I due poliziotti avrebbero santificato il venerdì sera come si usa fare da quelle parti, con una bella accoppiata di birra e panino da Horney's. Intorno alla mezzanotte e mezza avrebbero ricevuto una chiamata d'urgenza. C'erano due feriti gravi vicino al campeggio. Gli spiritelli avevano ricominciato ad urlare.   

CRYSTAL LAKEWhere stories live. Discover now