He's angry

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30 Settembre, 2015
Seo

È successo un'altra volta. Ancora una volta le sento dire le stesse parole, fare lo stesso discorso, arrivare alla solita conclusione che alla fine non ha a che fare con me e la mia sofferenza continua, ma con i soldi. Questi maledetti soldi. La verità è che non me ne fregava più un cazzo, l'ultimo anno di scuola, poi, lo avevo passato nell'ombra. Ero uscito sempre di meno e le ragazze non avevano più nessuna importanza. Attendevo con ansia quel momento in cui mi avrebbero preso al San Raffaele di Milano, in quel momento in cui avrei potuto lasciare indietro anni di litigi furiosi e la rabbia di aver un fratellastro, emblema di quella mia personale tragedia familiare. Ma nonostante io ci provassi ad estraniarmi da quella città, da quelle persone e perfino dalla mia stessa famiglia, mia madre era sempre lì pronta a farmi presente cosa c'era che non andava, a chiedere attenzioni, a sperare che io la capissi. Ma nonostante sapevo che avesse ragione, non avevo più voglia di sostenere nessuna delle sue teorie, delle sue idee per punire mio padre, niente. Non volevo ascoltare più nessuno, perché a stento riuscivo ad ascoltare me stesso.
Ma anche quella mattina, ad una settimana dell'inizio dei corsi, avevo ricevuto la sua telefonata. Voleva divorziare, credeva che questo fosse il modo giusto di vendicarsi.

-Non posso credergli, continua a dare soldi a quel ragazzo, basta, voglio mettere un punto, voglio ricominciare-

Ma io questo monologo lo conosco a memoria. E la cosa che stupisce è l'incredibile coerenza con cui usa sempre le stesse parole. È quasi inquietante il modo in cui non né cambia neanche una.

-Va bene-

È questo quello che con rassegnazione le rispondo, mentre tiro un calcio alla latina che ho difronte facendo finta che siano mia madre, mio padre e T-Boy.

-È la cosa giusta, domani chiamerò gli avvocati-

Non ha neanche sentito la mia risposta, le interessa solo continuare a parlare, a convincersi che quello che faceva venisse approvato. Mi chiedevo perché continuasse a chiamarmi, se infondo era sempre lei che decideva a dispetto di quello che io provavo. Continuo a camminare per le strade di Milano, senza una meta, con la voce di mia madre nelle orecchie, nell'attesa che questa maledetta chiamata terminasse prima di quanto sperassi. Invece sono costretto ad ascoltarla per quasi un'ora, e mi rendo conto che non ha nemmeno chiesto come fosse andato l'esame che avevo dato appena due giorni fa. Vorrei dirle che non me ne frega un cazzo di quella situazione e che è una stronza egoista, ma la delusione blocca la rabbia a metà gola. Tutto quello che faccio è salutarla e ingoiare un altro boccone amaro.
Non ho idea di dove io sia finito, ma intravedo una fermata della metro. Mi ci addentro senza neanche pensarci, ero uscito per stare con alcuni colleghi di università, ma all'improvviso mi era passata la voglia. La metro arriva subito, ma quando mi accorgo che ci vorranno venti minuti per arrivare a casa, prendo il mio telefono e comincio a sfogliare le foto che ho salvate nella galleria. Non c'è molta gente sul mio vagone, seduti davanti a me una coppia di ragazzini che si tengono la mano, in piedi c'è una ragazza alquanto bruttina con due cuffie enormi sulla testa, che ascolta musica a palla, mentre guarda assente un punto davanti a sé. Un vecchio signore legge il giornale seduto a qualche posto di distanza dal mio,il resto del vagone non ha più nessuna importanza. Abbasso la testa sullo schermo del mio telefono e mi sorprendo quando trovo una foto vecchia di quasi quattro anni. Non credevo di averla ancora e soprattutto non credevo che fosse passato così tanto tempo e che quello che vedo nella foto sembra un Seo diverso, un Seo che non esiste più.
Credo fosse stata la festa del mio diaciasettesimo compleanno. Ero alla fine del mio secondo liceo. Avevo voluto festeggiare in un locale in centro, una specie di bar, con gli amici più stretti. O almeno quelli che erano stati i miei amici. E la mia ragazza.
Mi dispiaceva ma nello stesso tempo no. Perché nonostante fossi stato solo innamorato di Karma, di Key mi ero affezionato, Key mi aveva sempre ascoltato. Ed essere stato la sua prima volta era stato bello. Soprattutto soddisfacente. In quella foto la tenevo stretta a me, ricordo come Karma fosse impazzita per tutte le attenzioni che le avevo dato quella sera, ma non mi ero pentito. Key mi era piaciuta davvero, infondo. E mi dispiaceva che lei provasse disagio nei miei confronti e che addirittura avesse una cattiva reputazione di me. Comunque non importava, tanto sarei rimasto qui a Milano ancora per molti anni e si sapeva che con il tempo certe cose smettono quasi di esistere.

救い出すよ必ず// I'll Save uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora