CAPITOLO 16 - FILIPPO

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Nonostante l'esibizione mozzafiato, neanche il cantante piumato riuscì ad avere l'unanimità dei professori (ed io avrei proprio voluto sapere chi era l'idiota che gli aveva detto no), quindi Maria andò avanti a chiamarci.

Quando toccò a me, scesi tentando di mantenere un'espressione più neutra e rilassata possibile, ma nel momento in cui Maria annunciò di voler leggere la mia lettera trattenni il respiro. Dentro di me speravo che i miei genitori fossero davanti alla televisione perché potessero ascoltare le mie parole, anche se sapevo che avrebbero fatto loro male, tanto.

Prima che Maria iniziasse a parlare feci dei respiri profondi e mi concentrai su uno dei due anelli che indossavo quel giorno, iniziando a girarlo attorno al dito.

"Caro papà,

mi è stato chiesto di scrivere a qualcuno il perché credo di dover arrivare al serale e poter continuare così la strada che ho intrapreso ed io ho scelto te. Ma non sentirti in qualche modo onorato. L'ho fatto perché credo che le mie motivazioni siano tanto lontane da te da impedirti quasi di capirle.

Ma sei un uomo intelligente, infondo, le capirai. Uomo? Posso ancora chiamarti così? Perché, sai, tu non hai fatto "l'uomo", ultimamente, mentre io, io sì che sono stata una donna coi... Ehm, diciamo, con gli attributi."

Maria mi lanciò uno sguardo obliquo, perché la parola che veniva dopo era coglioni. Io sorrisi appena. Mi piaceva essere diretta quando mi esprimevo.

"Vuoi sapere perché penso di dover continuare questo percorso? Te lo dico, in ogni caso. Penso di dover continuare perché io l'ho scelto, di venire qui ad Amici. Io ho scelto di fare qualcosa di bello e utile per me e forse anche per altri, mentre tu rimanevi chiuso nel tuo studio. Perché io ho scelto di alzare la testa, mentre tu nascondevi le lacrime. Perché io ho passato ore e notti intere con lei, mentre tu faticavi anche solo ad entrare nella stanza e a guardarla negli occhi. Io ho consolato mamma e ho stretto tra le braccia Eleonora che urlava per un incubo in mezzo alla notte finché non si è riaddormentata, almeno un migliaio di volte, mentre tu pensavi solo al tuo di dolore.

Ma sai cosa? Posso compatirti, perché lo so quanto è stato duro l'ultimo anno per tutti noi, ma non posso capirti, questo no. Non capisco e non accetto che tu ti sia lasciato buttar giù, che tu ti sia lasciato annichilire, che tu sia morto insieme a lei.

Io merito di andare al serale perché è stata la danza che mi ha dato la forza di andare avanti e perché tutte le volte che ballo riverso in ogni mio movimento tutto ciò che sento.

Perché io non sono come te, papà, perché io ci credo nella vita che rimane e voglio condividere il mio dolore, la mia stanchezza e la mia gioia con chi mi guarda ballare.

Io non sono come te, ma ti voglio bene e voglio dimostrarti, meritandomi l'accesso al serale, che si può e si deve andare avanti. Prima per noi stessi, papà, e poi per riuscire a guardare gli altri a testa alta e regalare loro un po' della nostra speranza."

Sapevo che quelle parole non potevano essere capite da chi non conosceva la mia storia, sapevo che potevano risultare crudeli, ma erano assolutamente sincere. Non mi importava di altro.

Dopo la lettura mi permisero di esibirmi, ma, chissà per quale miracolo divino, non feci Perfect - e menomale, perché non era ancora per nulla pronta. Eseguii invece un'altra coreografia di Bill Goodson e quando ebbi finito, Maria mi comunicò che almeno uno dei professori aveva detto no al mio accesso al serale. Come ho già detto, nessuna sorpresa: non mi aspettavo certo di essere il primo nome della Celentano. Riguardo agli altri, invece, nutrivo buone speranze, ma non ero sicura di avere il di tutti e tre.

Una storia senza una trama. [IRAMA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora