CAPITOLO 17 - UNA PIUMA?

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Non riuscivo a capire cosa mi stesse prendendo.

O meglio: lo capivo perfettamente, mica ero scema, ma non volevo assolutamente ammetterlo, così accantonai quelle strane idee: smisi di pensare ai miei sentimenti e vissi giorni i seguenti spensieratamente, come non facevo da troppo tempo. Era strabiliante quanto si potesse riuscire a godersi il mondo, abbandonando le paranoie.

Nei due giorni seguenti, mi trovai spesso a parlare con Filippo: ragionavamo di qualsiasi cosa, scherzando con una complicità impressionante e sempre maggiore. Lui mi raccontava di alcuni dei pezzi a cui stava lavorando, dei suoi amici più stretti e di episodi divertenti della sua vita, e io gli narravo dei miei. Iniziai, pian piano, ad intravedere la persona che c'era dietro quella maschera di sicurezza controllata che indossava sempre, ma talvolta ancora mi sfuggiva: c'erano dei particolari, delle spiegazioni e delle emozioni nascoste che mi impedivano di inquadrarlo perbene. Sospetto, però, che fosse la stessa cosa che succedeva a lui con me: più di una volta mi aveva fatto una domanda a cui io non avevo risposto perché era troppo scomoda, più di una volta aveva scrutato il mio sguardo in cerca di dettagli di me che non ero intenzionata a condividere con lui. Non ancora.

Quel mercoledì, l'ultimo prima del fatidico sabato in cui il destino di noi tutti sarebbe stato deciso, ci fecero finalmente vedere i Tweet mandati per me. Sinceramente, non ero mai riuscita a realizzare sul serio il fatto che l'intera Italia potesse vedere cosa facevo in ogni momento in cui ero nella scuola e non sapevo bene come mi sentivo a riguardo. Da una parte, non mi piaceva l'idea di venir giudicata da qualcuno che mi aveva vista solo in televisione, senza conoscermi di persona; dall'altra, invece, ero curiosa di sapere che effetto facevo proprio a questo pubblico.

Mi sedetti sul divanetto più vicino allo schermo, mente i miei compagni di ballo si sistemavano dietro di me. Scelsi di iniziare dai commenti negativi e iniziai a leggere:

"Arianna è brava tecnicamente, ma a me non arriva neanche un po' di emozione, mi spiace."

"Arianna ha un fisico pazzesco, ma non ce la fa, non mi arriva."

Ringraziai per i complimenti sulla tecnica e sul fisico e beh, mi dispiaceva di non trasmettere nulla a quelle persone, ma era normale non arrivare a qualcuno: mi sarei impegnata di più. Fino a quel momento ero tranquilla. Poi arrivarono le critiche sul mio carattere e mi innervosii giusto un pochino.

"Arianna se la tira in maniera assurda. L'ho detto da subito. Mi sta antipatica."

Io me la tiravo? Io... si, okay, devo ammettere che qualche volta poteva sembrare, perché ero una persona parecchio sicura di me stessa, ma insomma, c'era una bella differenza!

"Scusate ma io non ho ancora capito se Arianna resta spesso zitta a squadrare gli altri perché è timida o perché si sente superiore."

Lo sapevo, mi avevano già detto che la mia abitudine a restare in silenzio ad osservare, poteva far sembrare che non ritenessi le persone degne della mia parola, ma non era così. Solo qualche volta.

Sorrisi e risposi con cortesia.

"Perfetta, perfetta, perfetta. Arianna è perfetta in tutto, ma qualcuno potrebbe gentilmente farle notare che se non si lascia un po' andare non riuscirà mai a comunicare nulla?"

Io non mi reputavo perfetta. Potevo assicurare che di errori di tecnica ne facevo anch'io e che di mattina non avevo esattamente l'aspetto di un bocciolo di rosa. Ero consapevole del mio fisico asciutto, ma i miei occhi scuri e un po' allungati, i morbidi riccioli scuri e la pelle olivastra non facevano di me esattamente una bellezza devastante. Potevo piacere, si, ma non ero certo Emma. Lei si che era perfetta in tutto.

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