Capitolo 24

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Fabrizio è la voce narrante
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"Qualcuno è qui per te
Se guardi bene ce l'hai di fronte
Fugge anche lui per non dover scappare
Se guardi bene ti sto di fronte
Se parli piano, ti sento forte"

Ho impresso negli occhi e nella mente
quella scena. La ritrovo ovunque, costantemente.
Prima la paura, la confusione, il panico.
Poi la resa, il suo sorriso, quello sparo.
Buio, rapidità, urla, ambulanza.
Queste sono le immagini che continuano a susseguirsi nella mia mente e che mi tengono compagnia nella sala d'aspetto di questo ospedale.
Ininterrottamente, non mi lasciano solo.

Ha mantenuto la promessa,
mi ha protetto stavolta. Perché quel proiettile non era per lui, ma per me.
Ma io non ho fatto niente, sono rimasto immobile, con le mani tremanti e lo stomaco stretto, mentre osservavo i paramedici portarlo via.
Riuscivo a concentrarmi solo sul suo sangue sulla mia maglietta immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto. Patetico.

Gli ospedali mi agitano, l'hanno sempre fatto. L'aria è fredda nelle sale, i corridoi così lunghi da sembrare infiniti e non importa se tu sia a Roma, Milano, America, la sensazione che ti trasmettono questi posti è sempre la stessa: flebile speranza e traballante fiducia.
Per questo cerco di non incrociare lo sguardo di nessuno. Neanche quello di Francesco, seduto proprio accanto a me.

Come un filmato, quelle scene riappaiono più nitide di prima.
Vedo le sue mani, il suo viso, i suoi occhi. Sento la sua voce, come se fosse qui.
Mi viene da piangere, mi sento soffocare.
L'attesa diventa straziante e ogni minuto che passa ho il timore di sentirlo un po' più distante da me.

Stringo la mia mano in un pugno,
la chiudo così forte da sentire le mie unghie lacerare il palmo: perché?
Perché è successo a lui?
Perché al mio Ermal?
E perché io ho permesso che accadesse?
Mi scende una lacrima, ho un forte senso di nausea, mi alzo di scatto dalla sedia.

"Fabrì ndò vai? Stemo aspettando er dottore!"

Sento la sua mano stringermi il polso, strattono il braccio allontanandola, continuando a dargli le spalle.

"Sai na cosa Francé? Me so stancato de aspettà.."

Non mi giro a guardarlo perché non voglio fargli vedere che ho il viso completamente bagnato, perciò punto tutto sul tono di voce che esce freddo, distaccato, stanco.

"Fabrì nun te fa del male da solo, te prego"

Abbasso lo sguardo, continuo a camminare fino alla porta d'ingresso dove mi distraggo a guardare le auto che scorrono lente lungo il marciapiede. C'è traffico la mattina a meno pochi giorni dal Natale.
Di tanto in tanto si sente qualche clacson o imprecazione, mentre lascio che nuova nicotina entri nei miei polmoni.
Mi distraggo ancora, per non essere preso di nuovo da quella tristezza che si diverte a catturarmi.

Non funziona niente, mi scende un'altra lacrima. Seguite da altre.
La signora all'accoglienza mi guarda quasi con pietà, come se fosse abituata a queste reazioni.
Ne deve aver visti tanti di quelli 'come me'.
Devo lasciar stare per un attimo quei ricordi, pensare al presente, ad oggi.
Guardo l'orologio, siamo qui da quasi due ore. Ancora nessuna notizia,da quando siamo arrivati.

Arrivi tu. 《MetaMoro》☀️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora